Giancarlo Abete, presidente della FIGC
ULTIMISSIME CALCIO (Milano). Giancarlo Abete è un po’ la rovina di noi giornalisti. Estrapolare un titolo dalle sue dichiarazioni è sempre impresa ardua, ricche quanto sono di democristianità, di colpi al cerchio opposti a quelli verso la botte. L’affermazione di stamani, però, merita innanzitutto di essere sottolineata e resa nota: “Mi sarei aspettato una presa di posizione da parte dei club nei confronti delle curve di tifosi che hanno auspicato una manifestazione di protesta per il prossimo turno di A inscenando vori volontari a sfondo razzista. Ho sentito un po’ troppo silenzio”. In secondo luogo, su queste parole varrebbe la pena di spenderci una riflessione. E’ un vero rimprovero oppure un modo per non dare all’opinione pubblica (quella esterna al tifo organizzato) la sensazione che finisca tutto, come al solito, a tarallucci e vino? Chissà, fatto sta che l’uscita di Abete è pienamente condivisibile.
Dopo la decisione del Giudice Sportivo di far giocare Milan-Udinese a porte chiuse, infatti, si è pensato tanto, forse troppo, al gridare allo scempio; una decisione criticata da club, tifosi, dallo stesso Abete che, sollecitato immediatamente da Galliani, aveva già aperto l’ipotesi di una sospensione della pena ancor prima che lo facesse concretamente la Corte Federale. I club si sono quindi indignati, i tifosi hanno minacciato di cantare a squarciagola cori “territorialmente discriminatori” in tutti gli stadi della prossima giornata, i dirigenti hanno sottolineato come la responsabilità oggettiva debba essere rivista nei suoi crismi. Il problema è che di quei cori discriminatori non ha più parlato nessuno e davanti alle minacce dei tifosi i club si siano posti come alleati e non come soggetti che ne prendessero le distanze.
Il richiamo di Abete, quindi, giunge puntuale, seppur egli stesso sia stato interprete dell’inizio delle congiure contro Tosel e non garante delle decisioni prese da quest’ultimo.
Insomma, il nostro presidente non cambierà mai, ma un inedito colpo di testa valeva la pena di metterlo in evidenza.