I dolori, prodotti da una civiltà imperfetta, si diffondano in forme diverse sull’intera società. Guardate l’esistenza di questo ricco: è colma d’amarezza. Che cos’è dunque? Non ha forse salute, giovinezza, donne e adulatori? Crede di non aver amici? Macché non sa più che farsene dei godimenti, ecco la sua miseria; non ha più desideri, ecco il suo male. L’impotenza nella sazietà è la povertà dei ricchi; la povertà senza la speranza. In mezzo a coloro che noi diciamo felici, quanti si battono in duello per bisogno d’emozione, quanti affrontano i disagi ed i pericoli della caccia per sfuggire alle torture del riposo! Quanti, ammalati nella loro sensibilità, soccombono lentamente per misteriose ferite e s’incurvano a poco a poco, pur in mezzo ad un’apparente felicità, sotto il livello della comune sofferenza! Vicino a quelli che rifiutano la vita come un frutto amaro, ecco quelli che la respingono come un’arancia spremuta: quale disordine sociale rivela questo immenso disordine morale! E quale rude lezione per l’egoismo, l’orgoglio, per tutte le tirannie, da questa disuguaglianza nei modi di godere, che finisce con l’uguaglianza nel dolore! E poi, per ogni povero che impallidisce per la fame, c’è un ricco che diventa pallido per la paura. Non c’è per la società né progresso parziale, né parziale decadimento. Tutta la società s’innalza o tutta la società decade. Le leggi della giustizia sono meglio comprese? Tutte le categorie sociali ne traggono profitto. Le nozioni della giustizia si oscurano? Tutte le categorie sociali ne soffrono. Una nazione, nella quale una classe è oppressa, assomiglia ad un uomo che ha una ferita ad una gamba: la gamba ammalata impedisce ogni movimento alla gamba sana. Così, per quanto paradossale possa sembrare questa proposizione, oppressori ed oppressi traggono uguali vantaggi se l’oppressione è distrutta; perdono ugualmente se viene conservata. Se ne vuole una prova schiacciante? La borghesia ha stabilito il suo dominio sulla concorrenza illimitata, principio di tirannia: ebbene! Proprio per la concorrenza illimitata noi, oggi, vediamo perire la borghesia. Ho due milioni, voi dite; il mio rivale non ne ha che uno: nel campo chiuso dell’industria, e con l’arma del buon prezzo, lo rovinerò a colpo sicuro. Uomo vile ed insensato! Non capisci che domani, armandosi contro di te, con le tue stesse armi, qualche altro senza pietà ti rovinerà? Avrai allora il coraggio di lamentarti? In questo abominevole sistema di lotte quotidiane, la media industria ha divorato la piccola industria. Vittoria di Pirro! Infatti subito essa viene a sua volta divorata dalla grande industria, che, costretta ad inseguire all’estremità del mondo dei consumatori sconosciuti, presto non sarà altro che un gioco d’azzardo, il quale, come tutti i giochi d’azzardo, finirà per gli uni con una frode, per gli altri con il suicidio. La tirannia non è soltanto odiosa, è stupida. Non v’è intelligenza dove manca la sensibilità. Proviamo dunque: 1. Che la concorrenza è per il popolo un sistema di sterminio; 2. Che la concorrenza, per la borghesia, è un motivo perenne d’impoverimento e di rovina. Compiuta questa dimostrazione, ne risulterà che tutti gli interessi sono solidali e che una riforma sociale è per tutti i membri della società, senza eccezione, un mezzo di salvezza. ( meditazione su Organizzazione del lavoro -1839- di Louis Blanc).
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SENZA TITOLO
La società recidiva
senza occhi
senza voce
senza orecchie
reprime immensità di nuova vita
in metafore di vista, di urli, di udito.
La compagine povera che soffre
percepisce ciò che nessun potente
potrà mai imitare o soffocare.
Una nuova era avanza
nell’aria e nel sangue
già volteggia e pulsa.
Nel sapere di chi non sa
l’alba e il tramonto
è ancora alba e tramonto.
Ma se il tramonto
si chiamasse alba?
E se l’alba
si chiamasse tramonto?
E se la morte della ricchezza
si chiamasse vita?
-Renzo Mazzetti-