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ACCIAIO - Silvia Avallone

Creato il 29 maggio 2012 da Lalettricerampante
ACCIAIO - Silvia Avallone Nei casermoni di via Stalingrado a Piombino avere quattordici anni è difficile. E se tuo padre è un buono a nulla o si spezza la schiena nelle acciaierie che danno pane e disperazione a mezza città, il massimo che puoi desiderare è una serata al pattinodromo, o avere un fratello che comandi il branco, o trovare il tuo nome scritto su una panchina. Lo sanno bene Anna e Francesca, amiche inseparabili che tra quelle case popolari si sono trovate e scelte. Quando il corpo adolescente inizia a cambiare, a esplodere sotto i vestiti, in un posto così non hai alternative: o ti nascondi e resti tagliata fuori, oppure sbatti in faccia agli altri la tua bellezza, la usi con violenza e speri che ti aiuti a essere qualcuno. Loro ci provano, convinte che per sopravvivere basti lottare, ma la vita è feroce e non si piega, scorre immobile senza vie d'uscita. Poi un giorno arriva l'amore, però arriva male, le poche certezze vanno in frantumi e anche l'amicizia invincibile tra Anna e Francesca si incrina, sanguina, comincia a far male. Silvia Avallone racconta un'Italia in cerca d'identità e di voce, apre uno squarcio su un'inedita periferia operaia nel tempo in cui, si dice, la classe operaia non esiste più.
Mi incuriosiscono sempre molto quei romanzi di cui si trovano un sacco di commenti contrastanti. E ho notato che questo succede abbastanza spesso con i romanzi italiani candidati a qualche premio. Basti pensare a "La solitudine dei numeri primi" di Paolo Giordano (che mi è piaciuto abbastanza) o a "Storia della mia gente" di Nesi (che non mi è piaciuto per nulla). "Acciaio" rientra in questa categoria. Finalista al premio Strega e vincitore del Premio Campiello Opera Prima nel 2010, il romanzo della Avallone ha avuto un successo strepitoso di vendite e lettori. Io lo leggo con un po' di ritardo, perché non amo leggere i romanzi mentre sono sull'onda del successo. Preferisco aspettare un po', così da poter leggere i commenti di chi già lo ha letto e farmi una prima idea.
"Acciaio" è un libro che parla di adolescenti e di operai. Parla di degrado e parla di voglia di futuro. E lo fa attraverso il rapporto tra due amiche, Anna e Francesca, di tredici anni quasi quattordici, che da un giorno all'altro si riscoprono quasi adulte. Il loro corpo sta cambiando, i loro interessi anche e la scuola superiore e il futuro stanno per tendere loro un agguato e separarle. Hanno entrambe alle spalle una situazione difficile: un padre truffatore e imbroglione e una madre che si spezza la schiena ogni giorno per garantire una vita ai figli Anna. Un padre violento e una madre arresa Francesca. Di contorno c'è Alessio, il fratello più grande di Anna, operaio all'acciaieria che da' da vivere a tutta la zona e che vota Berlusconi perché "lui non è uno sfigato". Ci sono gli amici di Alessio, a cui Anna a poco a poco si avvicina. Ci sono le loro coetanee, non belle quanto loro e quindi ignorate. Ci sono i casermoni di via Stalingrado. C'è l'Elba in lontananza, così vicina eppure così irraggiungibile per chi non ha futuro. E c'è l'acciaieria Lucchetti, sfondo del degrado ma anche fulcro della vicenda.
I presupposti per scrivere un bel romanzo e per offrire un ritratto della società italiana all'alba del nuovo millenio ci sono tutti. Eppure sono un po' perplessa. Non riesco a dire se il romanzo mi sia piaciuto o meno. Sarà che ho trovato Anna e Francesca veramente insopportabili. Tutte sappiamo che fare i conti con il proprio corpo a tredici anni è difficile, perché cambia, si trasforma e a volte non sempre è facile la fase di transizione. C'è chi è più bella e chi meno bella. C'è chi è più sicura di sè e chi meno. Anna e Francesca sono consapevoli di questa bellezza, dell'effetto che fanno sugli altri e considerano chiunque sia meno bella o meno sicura di loro pari a niente. E la Avallone sembra quasi dare loro ragione: "siete fighe, è giusto che ignoriate chi è più brutta di voi, chi va in giro portandosi dietro la sorella disabile". Forse era così anche lei. Forse pensava di esserlo. Fatto sta che delinea due personaggi che io ho trovato odiosi. (Va bene, ve lo dico, a tredici anni ero tutta ciccia e brufoli). Anche il loro rapporto con i ragazzi, il loro giocare a fare le adulte, il loro spingersi al limite, il loro incarnare le "lolite" di Piombino è esasperato ed esagerato, e tende a renderle dei personaggi non del tutto credibili. O forse lo sono in quel luogo e in quel contesto, oppure ero io troppo poco sveglia a quell'età. Ho trovato tutto un po' esasperato. Anche gli altri personaggi inseriti dalla Avallone sono degli stereotipi più o meno marcati: il padre violento, il padre truffatore, l'operaio tamarro che vota Berlusconi affascinato da quell'aurea che emana e che frega, la madre remissiva e arresa, la donna casalinga politicamente impegnata. La ricca laureata e socialmente più elevata che si innamora di uno delle classi inferiori. Tutti personaggi già visti, prevedibili e un po' scontati. Ma forse è questa la realtà, forse veramente in certi contesti e in certe situazioni si ritrovano per forza certi personaggi e l'unica colpa della Avallone è quella di metterli nero su bianco, di mostrarceli come sono realmente. Non lo so, sono parecchio perplessa. Anche lo stile dell'autrice è particolare, a tratti quasi poetico, troppo poetico per raccontare la cruda realtà che ci sta mostrando. Certo, il romanzo si legge bene e in fretta, ti tiene ancorato alle sue pagine per scoprire cosa succederà dopo, fino al finale abbastanza prevedibile seppur ad effetto. Dalla sua ha che è un romanzo che parla di adolescenti più credibile di molti altri romanzi per adolescenti in circolazione (insomma, non è Moccia!!) e che offre uno spaccato di una realtà spesso dimenticata.
Comunque posso capire le opinioni contrastanti. E mi schiero nel mezzo. Senza infamia e senza lode. Per acquistare: Acciaio (Vintage)

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