Accornero riscopre la classe operaia

Da Brunougolini
E’ la ricostruzione di un’inchiesta condotta 50 anni or sono. Aris Accornero, oggi professore emerito di Sociologia industriale alla Sapienza di Roma, è, all’epoca, un giovane redattore dell’Unità di Torino.  Segue in quelle vesti – è il 1960 – una lotta sindacale protrattasi per cinque mesi ai Cotonifici Valle Susa, tra scioperi, manifestazioni, scontri con la polizia. Quando un accordo conclude la vertenza, Accornero, per sette domeniche di fila, torna nella valle. Ha un minuscolo registratore ottenuto tramite Renato Panzieri dall’istituto Rodolfo Morandi. Un oggetto prezioso, in quegli anni.
Così interpella i lavoratori dei CVS, 58 donne e 31 uomini. Un materiale che forma ben  390 cartelle. Non pubblica quel che doveva essere un libro, per i molteplici impegni lavorativi che lo portano a Roma.  Oggi ha  deciso di riprendere il tutto ed ecco il volume edito dal Mulino “Quando c'era la classe operaia, Storie di vita e di lotte al cotonificio Valle Susa”.
Non è un nostalgico ritorno al passato. L’autore sa bene che “la classe operaia non è sparita bensì mutata e non sappiamo ancora bene come ne tanto meno cosa sia il lavoro dopo la classe”.  Quell’inchiesta però può rappresentare “una magnifica opportunità per guardare indietro alla classe operaia di ieri, visto che quella di oggi è sempre operaia ma forse non è più classe, già nell'aspetto". Sono anni, quelli raccontati, che preparano l’autunno caldo. Dominati, nelle cronache, dalle lotte degli elettromeccanici e poco da quel che avviene tra i tessili della  val di Susa. Eppure sono novemila lavoratrici e lavoratori. Con avanguardie che, a differenza di quanto avviene tra i metalmeccanici, hanno magari meno preparazione, ma un legame più stretto con le masse operaie.
Esperienze che fanno riflettere anche sull’oggi. Come quando si racconta di un accordo separato, firmato solo dalla Uil, che concedeva diecimila lire. Un ricatto respinto.  Mentre l’accordo finale introduceva quello che era chiamato “premio di produzione”. Una dizione che rievoca tanto dispute contemporanee.  Resta poi l’interesse specifico delle 90 testimonianze, passate al setaccio dell’”analisi testuale”. Un’inchiesta minuziosa, un metodo,  che andrebbe ripreso. Meglio degli asettici questionari.
Certo i tempi sono cambiati. Se ritornassimo lassù non ritroveremmo le “casette” spesso malandate, i frigoriferi presenti solo in 8 abitazioni e i telefoni solo in due. Magari troveremmo ex lavoratori trasformati in esercenti di agriturismo. Con un rapporto con la politica meno intenso non per scarsa conoscenza (come poteva avvenire 50 anni fa) ma per una troppa conoscenza, derivante dai moderni strumenti di comunicazione. E vien da chiedersi se esiste un collegamento, nelle popolazioni di quella valle,  tra gli scontri attorno ai cotonifici e la recente rivolta No Tav.

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