Gisaev: i sequestri di persona in Cecenia nel 2003 si verificavano “ad ogni passo”
Gen. 21, 2011, 10:55
Achmed Gisaev, che ha vinto la causa contro la Russia alla Corte Europea, suppone che il suo sequestro nel 2003 potesse esser legato alla sua posizione politica. Questi afferma che a quel tempo sequestri di persona e torture succedessero “ad ogni passo”. Gisaev ha raccontato alla corrispondente del "Kavkazskij uzel" che nel 2009 sussisteva una minaccia per la sua vita per via del suo lavoro in un organizzazione per i diritti umani, perciò ha lasciato il paese.
Ricordiamo che la denuncia del collaboratore del centro per i diritti umani "Memorial" Achmed Gisaev fu accolta dalla Corte di Strasburgo il 20 gennaio. Questa riguardava il sequestro di Gisaev nel 2003 a Groznyj da parte di militari russi. La Corte ha obbligato la Russia a pagare al querelante un risarcimento pari a 55000 euro per danni morali e 1957 euro ai rappresentanti del querelante per i servizi forniti. Le autorità russe si erano rifiutate di fornire alla corte copie dei materiali del procedimento penale, richiamandosi alla segretezza delle informazioni sulle operazioni militari, tuttavia hanno affermato che era stata condotta un'effettiva indagine sul caso.
“Le autorità russe non sono interessate a un'indagine sul mio sequestro”
Durante il sequestro, che si verificò il 23 ottobre 2003, Gisaev inizialmente fu portato in un'unità del ministero degli Interni del distretto federale Meridionale, l'ufficio operativo-investigativo 2, ha raccontato Gisaev.
“L'ORB-2 [1] si trova nelle immediate vicinanze del complesso governativo nel centro di Groznyj. Sul conto di questa unità c'erano molte informazioni sul fatto che proprio i suoi agenti sequestrano e torturano persone. Ci sono stati anche omicidi. Là mi trattennero tre giorni e tre notti in uno dei vani al quarto piano e in seguito mi reindirizzarono alla base militare di Chankala [2]” – ha notato Gisaev.
I sequestratori, a quanto dice, gli misero un sacchetto in testa, mi avvolsero tutto il viso con lo scotch, lo fecero sedere in una macchina e lo portarono a Chankala. All'ingresso di Chankala il sequestrato fu fatto sedere in un'altra macchina.
“Ci fermammo ad ogni posto di blocco, come minimo sei volte. L'uomo che mi sedeva accanto in macchina usciva ogni volta, parlava di qualcosa ai posti di blocco e continuammo a muoverci fino a Chankala. Là mi portarono in un sotterraneo, dove mi sottoposero a sistematiche torture e maltrattamenti” – racconta Achmed Gisaev.
Dal sotterraneo Gisaev fu liberato dopo nove giorni e, come poi si è chiarito, a quanto dice, la causa fu che il vano era necessario per un'altra persona portata per la tortura.
“Quando mi trascinarono fuori da lì e mi trasportarono in un altro vano, più secco, si può dire che ho sentito come questa persona portata là fu torturata per tutta la notte. Non lo dimenticherò mai. Quando ho sentito come una persona grida di dolore, ho provato un vero terrore”, – ha aggiunto Gisaev.
Gli agenti dell'ORB-2 chiesero ai familiari di Achmed Gisaev, a quanto dice, un riscatto pari a 1500 dollari. “Questi senza vergognarsi andarono dai miei, chiesero dei soldi. Gli inquirenti non hanno appurato ciò, evidentemente non volevano appurarlo. Gli uomini delle strutture armate si comportarono come vollero, fecero minacce, dichiararono a mio padre che se, dice, non avessero pagato, allora suo figlio sarebbe stato sepolto vivo a Chankala”, – racconta Gisaev.
“Il 7 novembre 2003 al mattino ero già di nuovo sul territorio dell'ORB-2. Mi misero le manette, mi portarono fuori dal vano, mi fecero sedere in una macchina e questa uscì dal territorio dell'ufficio e girò da qualche parte nel centro di Groznyj. Volevano confondermi, mi fecero capire che era di nuovo Chankala. Ma in realtà la macchina fece semplicemente dei giri. Dopo 20-30 minuti di questo andare la macchina si fermò direttamente in un'area di parcheggio accanto all'ufficio operativo-investigativo. Tra l'altro questo era proprio il parcheggio degli impiegati di questa istituzione. Mi trascinarono fuori, mi fecero sedere in un'altra macchina, mi tolsero il sacchetto dalla testa e mi portarono a casa. Mi portarono nella via dove vivono i miei genitori, dove vivevo da solo e con tutta semplicità mi spinsero fuori dalla macchina”, – ha notato l'interlocutore.
Tutti questi agenti dell'ORB-2, come ritiene Gisaev, probabilmente sono come prima in libertà. “Chi ora in Russia è interessato a incarcerarli, a indagare sul mio sequestro?! Nessuno!” – ritiene l'interlocutore.
Gisaev suppone che il suo sequestro sia legato alla sua posizione politica. “Feci un intervento all'università statale cecena, comunicammo con gli studenti. Forse questo fu anche la causa di tutto quello che successe. Ci furono conversazioni su ciò che comunque accade in Cecenia, se ciò che accade sul territorio della Cecenia sia un'operazione antiterroristica o un qualche crimine. Ho sempre chiamato ciò che accade proprio un crimine, lo era: c'erano sequestri, torture, esecuzioni extragiudiziali, fabbricazioni di casi – in quale altro modo si può chiamare?” – dice Gisaev.
A quanto dice, prima del sequestro lo avevano anche invitato a lavorare nelle strutture armate, ma questi si era rifiutato. “Forse è stata una vendetta. Anche se di principio fin dall'inizio della seconda guerra [3] i militari russi hanno agito del tutto secondo proprie regole. Potevano arrestare e torturare chiunque. Cosicché non c'è niente di sorprendente in ciò che è accaduto. Io non sono il primo, non sono il decimo, non sono il centesimo. I sequestri di persona avevano un carattere massiccio e le torture c'erano ad ogni passo” – ha sottolineato Gisaev.
“La situazione era molto pesante, sono perfino andato a vivere in Inguscezia. Ero appena arrivato, ho vissuto a Groznyj per 4-5 mesi e dopo sono stato sequestrato”, – ha notato l'interlocutore.
“Ho cominciato a lavorare con gli attivisti per i diritti umani perché non potevo riconciliarmi con il terrore contro la popolazione civile”
Proposte di diventare agente delle strutture armate, secondo Gisaev, giunsero anche dopo il sequestro. “Ma non avrei mai potuto sequestrare e torturare e proprio questo proponeva il servizio nelle strutture a quel tempo” – ha aggiunto Gisaev. Questi cominciò a lavorare con gli attivisti per i diritti umani perché non poteva riconciliarsi con il terrore contro la popolazione civile.
Con Natalija Ėstemirova, uccisa il 15 luglio 2009, lavorò dall'estate del 2008. “Si capisce, ero al corrente di tutti i casi che portava avanti, in quanto, di regola, io e lei lavoravamo in coppia. Con le indagini sulla maggior parte dei casi avevo a che fare direttamente” – ha raccontato Gisaev.
Uno degli ultimi fu il caso del sequestro di Apti Zajnalov. “Ora il suo caso è alla Corte Europea. Dopo l'uccisione di Nataša sono passato ad essere il testimone chiave del caso. Ho anche cercato in qualche modo di influire sulla soluzione del caso dell'uccisione di Nataša, ho fatto delle deposizioni alla Commissione Inquirente” – ha aggiunto Achmed.
“Ho provato ad appurare che Zajnalov si trovasse nell'ospedale di Ačchoj-Martan [4]. E gli inquirenti volevano in ogni modo nascondere il fatto della presenza di questa persona in questo ospedale” – dice Gisaev.
Ricordiamo che Apti Zajnalov fu sequestrato da ignoti il 26 giugno 2009 a Groznyj. In seguito fu visto pestato in un ospedale distrettuale della Cecenia circondato da uomini armati che lo vigilavano. La denuncia per questo caso è stata presentata alla CEDU [5] il 15 giugno 2009.
“Ho girato un video dell'episodio in cui un inquirente conversava con un medico. Il medico ammetteva che Zajnalov era presente sul territorio di questo ospedale, gli era stata fatta un'operazione. E in questo colloquio il medico diceva che dopo che Zajnalov si era sentito meglio, i militari lo avevano portato via. Aggiungeva ancora che là erano presenti un procuratore e degli investigatori dello FSB [6], che cacciarono allora via gli uomini di qualche struttura armata locale. Dalle parole del medico conseguiva che tutti sapevano che Zajnalov si trovava in ospedale. Questa registrazione fu presentata alla Corte Europea, alla Commissione Inquirente”, – racconta Gisaev.
Su insistenza della dirigenza di “Memorial”, come ha comunicato "Kavkazskij uzel", Gisaev è stato costretto ad andarsene dalla Cecenia.
Il 13 agosto 2009, quando con la moglie è tornato a casa dei familiari a Groznyj, alcune persone armate in uniforme e in borghese, puntando le armi su Achmed, gli controllarono i documenti e lo perquisirono. Non si qualificarono e ignorarono le domande sui motivi di queste azioni. Gisaev disse che lavorava per “Memorial” e mostrò un attestato. Al che uno degli uomini delle strutture armate chiese in tono di scherno: “Ah, sono i vostri che hanno ucciso? E per cosa li hanno uccisi, lo sai?”. Un altro andò da una parte con il passaporto [7] di Gisaev in mano e parlò per qualche tempo al cellulare. Poi gli “uomini delle strutture armate” restituirono i documenti a Gisaev e se ne andarono, a quanto hanno comunicato gli attivisti per i diritti umani.
“Dopo questo su insistenza della dirigenza di “Memorial” sono stato costretto ad andarmene dalla Cecenia” – ha notato Gisaev. Anche ora Gisaev, a suo dire, riceve denunce sul fatto che i reclusi in Russia non solo vengono torturati e picchiati, ma, per esempio, vengono anche infettati di AIDS e tubercolosi.
“Conto molto sul fatto che la mia vittoria alla Corte Europea influenzi la situazione dei diritti umani. Spero che venga utile al rispetto dei diritti umani in Russia e in particolare nel Caucaso” – ha aggiunto Achmed Gisaev.
Come ha comunicato "Kavkazskij uzel", l'anno scorso la Corte Europea ha emesso più di una volta sentenze sulla base di denunce di abitanti della Cecenia. Uno degli ultimi casi del genere è stato quello della morte di due scolari per l'esplosione di un ordigno in Cecenia nel 2000. La Corte ha riconosciuto la Russia colpevole di un'inefficiente indagine sul caso. Complessivamente le autorità russe devono pagare ai querelanti 137500 euro: 126 mila come risarcimento di danni morali e materiali e 11500 per coprire le spese processuali.
Per quanto riguarda i sequestri di persona in Cecenia, i dati delle fonti accessibili permettono di dire che nel corso del 2010 in Cecenia sono stati registrati sei sequestri di persone e arresti illegali di abitanti della repubblica da parte di uomini delle strutture armate non identificati. Si hanno notizie attendibili solo sul ritorno a casa di due di essi. Inoltre alla fine di settembre del 2010 il centro per i diritti umani "Memorial" ha diffuso informazioni sul fatto che nel corso di un'operazione speciale nel distretto di Ačchoj-Martan gli uomini delle strutture armate hanno sequestrato sette persone e hanno spiegato che facevano parte di formazioni armate illegali.
"Kavkazskij uzel" continua a seguire lo sviluppo della situazione in Cecenia e tiene una cronaca degli atti terroristici, delle sparatorie e dei sequestri di persona che si verificano là.
Nota della redazione: vedi anche "A Groznyj un abitante è stato arrestato perché sospettato di far parte del gruppo di Arbi Baraev", "Il luogo in cui si trova il nativo della Cecenia Dzejtov è ancora ignoto", "Moskalenko [8]: per gli abitanti del Caucaso è pericoloso rivolgersi alla Corte Europea", "La Corte Europea dei Diritti dell'Uomo ha comunicato il caso di Zara Murtazalieva", "La denuncia per il caso dell'omicidio di massa di donne e bambini nel 2000 in Cecenia è stata indirizzata alla Corte Europea".
Autore:Ekaterina Seleznëva; fonte:corrispondente del “Kavkazskij uzel”
“Kavkazskij uzel”, http://www.kavkaz-uzel.ru/articles/179925/ (traduzione e note di Matteo Mazzoni)
Note
[1] Operativno-Rozysknoe Bjuro 2 (Ufficio Operativo-Investigativo 2).
[2] Borgo nei pressi di Groznyj.
[3] La “seconda guerra cecena”, quella iniziata nel 1999, dopo l'armistizio con cui si concluse il conflitto degli anni 1994-1996.
[4] Villaggio della Cecenia centro-occidentale, ai confini con l'Inguscezia.
[5] Corte Europea per i Diritti dell'Uomo.
[6] Federal'naja Služba Bezopasnosti (Servizio Federale di Sicurezza), l'erede del KGB.
[7] Nella Federazione Russa è l'unico documento di identità.
[8] Karinna Akopovna Moskalenko, avvocato impiegato sul fronte dei diritti umani.