Acqua Cotta coi Lupari

Da Lauradv @antroalchimista
 Pirofila Colì
Oggi il blog ospita un articolo di una “guest star” molto particolare: Marco Junio, il mio “bimbo” ormai undicenne che la scorsa settimana ha fatto, per storia, una ricerca sull’alimentazione degli Etruschi. La ricerca è piaciuta tantissimo alla Maestra Paola e Junio è tornato a casa con un “Bravissimo!!! Ottimo lavoro!”.
Effettivamente il pargolo si è appassionato all’argomento (degno figliolo di mamma food blogger), ci ha lavorato una domenica intera e alla fine ne è uscito fuori un lavoro molto interessante e per alcuni versi curioso soprattutto nella parte riguardante alcune ricette etrusche. Lo sapevate voi che gli Etruschi mangiavano i ghiri? E quanta cura mettevano nella loro preparazione!
Insomma oggi questo spazio sul blog è di Junio! Lascio raccontare a lui l’affascinante storia – perché non saprei definirla diversamente - dell’alimentazione al tempo degli Etruschi. Mettetevi comodi e… preparatevi perché ha detto che vorrà fare un lavoro uguale quando studierà i Romani!
Il post odierno si conclude con una ricetta che abbiamo preparato appositamente per questo articolo: l’acqua cotta. Una delle tante preparazioni che affondano le radici nella cucina etrusca. Un piatto che qualcuno ha definito la “quintessenza del nulla”: tanto “povero” (solo acqua calda, pane casereccio e qualche verdura in base alla disponibilità dell’orto) ma tanto, tanto, tanto gustoso!
Gli Etruschi e l’alimentazione a cura di Marco Junio De Vincentis
Quello che sappiamo oggi dell’alimentazione degli etruschi lo dobbiamo a notizie che ci sono raccontate da autori greci e romani, dagli scavi archeologici nelle tombe e nei centri abitati, dove sono stati trovati utensili e a volte avanzi di cibo, dagli affreschi presenti sui muri di alcune tombe (importanti sono quelli trovati nella Tomba Golini di Orvieto) che descrivono i banchetti etruschi, e su alcune brocche e anfore come ho potuto vedere al museo archeologico di Chiusi.
Come succede anche oggi con le varie cucine regionali, la cucina etrusca aveva un’alimentazione che variava a seconda delle zone (mare, lago, boschi, campagna) con ricette e ingredienti tipici di quel territorio. La cucina etrusca era stagionale, troviamo piatti invernali e piatti estivi. I piatti estivi sono le carni e i pesci alla griglia, le insalate e i piatti crudi. I piatti invernali sono le carni cotte, le zuppe, le minestre e le verdure cotte. Gli etruschi erano molto curiosi del modo di cucinare delle altre popolazioni e appresero molto dalla cucina greca e orientale. La cucina degli etruschi è una cucina molto curata sia nella preparazione dei piatti, sia negli utensili usati per la presentazione dei piatti e di quelli per servire il vino. Alcune ricette considerate oggi tipiche della cucina del nostro territorio, sono l’evoluzione antiche ricette etrusche come la zuppa di farro, la zuppa di fagioli, l’acquacotta, la minestra di castagne, le chiocciole stufate, il brustico e tante altre ancora.
Agricoltura Gli etruschi erano esperti agricoltori che conoscevano molto bene le tecniche di coltivazione (come la rotazione e l’aratura) per riuscire a ottenere il massimo raccolto e la migliore fertilità dai campi. Nella zona di Chiusi sono stati scoperti alcuni canali sotterranei fatti dagli Etruschi per bonificare e irrigare la campagna. Gli etruschi insegnarono ai romani la produzione dell’olio d’oliva e la coltivazione della vite e sono stati i primi a utilizzare l’olio d’oliva come condimento. Il grano, il farro, i legumi (fave, ceci, lenticchie, piselli, fagioli), le castagne erano gli alimenti che, secondo la stagione, mangiavano tutti i giorni. Con questi ingredienti preparavano: minestre, zuppe (ancora oggi in Toscana si fa la zuppa di farro), focacce, farinate, polente (i romani ci raccontano della famosa polenta di Chiusi) e pani non lievitati. I piatti che si consumavano crudi erano condite conditi con olio d’oliva, cipolla, aglio, erbe aromatiche e bacche per creare sapori diversi alle varie pietanze. Gli etruschi avevano anche molte erbe selvatiche con cui i più poveri preparavano le insalate. Gli etruschi conoscevano anche il tartufo e lo consideravano molto pregiato. La zona di Chiusi era famosa per i cereali e per la fagiolina del Trasimeno, alimento base per gli etruschi che vivevano in questa zona. Un seme, dal gusto particolare (quasi di terra) che è stata riscoperto recentemente e mamma una volta ha provato a cucinarlo.
Gli Alberi da frutto Gli etruschi consumavano molta frutta e avevano imparato dai greci molte tecniche per coltivarla. Conoscevano l’innesto e la potatura per permettere agli alberi di produrre la frutta migliore. Sempre dai greci importarono le piante di albicocche, di mele cotogne, di pere, di uva, di mandorle e il ciliegio. Dai dipinti delle tombe troviamo anche immagini di fichi, melograni e le olive. Già ai tempi degli etruschi le olive venivano conservate nella salamoia (lo stesso liquido che conserva oggi le olive) aromatizzata con erbe aromatiche. La frutta veniva consumata fresca, secca e fermentata per fare bevande come il sidro.
L’allevamento Gli etruschi allevavano suino e ovini e la loro carne era la base della loro alimentazione. A seconda del territorio troviamo anche i bovini (che erano utilizzati soprattutto per tirare l’aratro nei campi), i cinghiali, i cervi, le lepri, gli istrici, i ricci e i caprioli, i galli, le galline e qualche varietà d’uccello tra cui i corvi, le colombe, anatre. Gli etruschi mangiavano anche la tartaruga e usavano la corazza per fare degli strumenti musicali. Gli ovini servivano anche per dare il latte con cui gli etruschi producevano il formaggio. Gli etruschi sono stati i primi produttori di prosciutto crudo. Una parte la esportavano e il resto la mangiavano. Gli etruschi allevavano anche ghiri e chiocciole sempre per mangiarli (le chiocciole sono ancora oggi un piatto della tradizione senese) e avevano imparato a allevare le api per avere il miele. La carne veniva bollita lentamente in grandi pentole dal fondo molto spesso oppure fatta alla griglia su spiedi lunghi anche oltre 1 metro. Gli etruschi conservavano la carne in salamoia, essiccate, o sottosale dentro grandi anfore.
Ghiro al miele: Si riempiono i ghiri con salsicce di maiale e membri dei ghiri stessi, pepe, pinoli, laser e salsa e si cuociono al forno.
La Pesca Gli insediamenti etruschi vicino al mare o ai laghi (come chiusi) si nutrivano anche di prodotti ittici (pesci del Mediterraneo o pesci di lago) e nelle tombe di questi insediamenti sono stati trovati: ami e altri attrezzi per la pesca. Gli etruschi con gli scarti del pesce facevano delle salse particolari che potevano accompagnare tutti gli altri piatti. Come il garum (di cui i romani erano assai golosi).
Garum: Plinio il vecchio ci riferisce di una salsa ricercatissima ricavata con intestini e scarti di pesce lasciati macerare nel sale. Il suo sapore non dovrebbe andare lontano dalla pasta d’acciughe
Utensili da cucina La preparazione e la cottura dei cibi era un’attività che svolgeva sempre la donna etrusca anche quella nobile. All’interno delle case degli etruschi non sempre c’era la cucina come nelle nostre case perché cucinavano spesso fuori dalle case servendosi di particolari bracieri e “fornelli” di forma tonda o a botte o a ferro di cavallo dove nella parte sotto venivano messe le braci e il fuoco e in quella sopra si metteva il recipiente per la cottura. Per arrostire la carne gli etruschi usavano gli “spiedi”, molto lunghi fatti in bronzo o in ferro Gli etruschi usavano molto i colini che, come ho visto al museo di chiusi, potevano essere fatti di materiali diversi come il bronzo, il rame o la terracotta e avere forme diverse a seconda di come venivano usati. Altri utensili per la cottura erano le teglie (che assomigliavano alle nostre padelle). Ne esistevano di tante forme e di tanti materiali. Famose sono diventate quelle in ceramica a vernice nera prodotte a Volterra. Un altro utensile della cucina usato dagli etruschi è la grattugia fatta in bronzo. Serviva per grattugiare il formaggio.
Il banchetto etrusco I banchetti sono tra le scene più dipinte dagli etruschi come ho visto al museo archeologico di Chiusi. Nei banchetti dei nobili le persone mangiano sdraiate su un letto chiamato “kline” (come facevano i greci). I banchetti talvolta accompagnavano i riti importanti come quello funebre. Gli etruschi mangiavano due volte al giorno. Le cene del popolo erano più povere rispetto ai ricchi e erano composte da: polenta di farro (puls), minestre di farro e legumi, cereali, formaggio, carne di maiale e pesce se abitavano in zona di mare o lago e insalate. Le cene dei nobili invece erano molto ricche e con molte portate che ricordano i pranzi che facciamo oggi: c’erano i primi piatti (zuppe e minestre); poi c’erano i secondi che erano i piatti più importanti del banchetto a base di carne e verdure; la terza portata era la frutta e si finiva con i dolci (che erano fatti con formaggio, uova e miele). Il vino veniva servito per tutto il banchetto. Durante il banchetto c’era sempre la musica e poi i danzatori e i saltimbanchi. Gli avanzi del banchetto erano per i servi o gli animali domestici. La donna poteva sedere al banchetto come commensale, sedere lontano dal marito e poteva anche bere il vino (mentre i banchetti romani saranno vietati alle donne)
Curiosità Durante le feste o i mercati, come succede anche oggi, c’erano degli ambulanti che vendevano bevande e dolci per dare ristoro alle persone. Quando i marinai partivano per i lunghi viaggi, sulle navi portavano anche degli animali vivi che servivano per dare latte, uova e carne che potevano consumare sulla nave o vendere.
Buon appetito! Fagioli e ceci: fagioli verdi e ceci serviti con sale, cumino, olio e un po’ di mosto cotto.
Prosciutto con mostaccioli: il prosciutto si lessa con orzo e fichi secchi. Dopo averlo scotennato si brucia il grasso e si mette in forno immerso nel miele, a cottura avanzata si aggiunge del passito, pepe, ruta, vino puro. I mostaccioli lavorati a bocconcini vengono imbevuti nella stessa salsa e successi.
Tisana barrica: si mettono a mollo ceci, lenticchie e piselli, si aggiunge dell’orzo dopo averlo spezzato e si lascia bollire. Si versa olio e si aggiungono il verde dei porri, del coriandolo, dell’aneto, del finocchio, bietola, malva, cavolo tenero. A parte si lessano dei cavoli con semi di finocchio tritati, origano, silfio e ligustico. Stemperati con il garum, si gettano sopra i legumi e si mescolano. Si completa il tutto versando sopra dei cavoli tagliati a piccoli pezzi
Torta Rusticana, o d’erbe di campo (tamari): si tritano nel mortaio le erbe, si bagnano col vino, poi si aggiungono pepe, ligustico, coriandro, santoreggia, cipolla, vino, garum ed olio. Il tutto si versa in padella, dopo averla abbondantemente unta, per far amalgamare la salsa ottenuta. Varianti propongono di romperci sopra delle uova o stendervi sotto polpa di pesci o pollo.

Acqua Cotta coi Lupari dalla pubblicazione “Etruschi a Tavola” di M.Luciana Buseghin
Ricetta della tradizione di Scheggino nella Valnerina spoletina. Si tratta della variante più semplice di questo piatto, in questo caso caratterizzato dal gusto inconfondibile dei “lupari”, sorta di asparagi selvatici, con cui si preparano anche squisite frittate. In tutte le altre versioni, l’acqua insaporita anche da grasso di prosciutto, pomodori o bietole, viene versata su fette di pane abbrustolite e solo dopo cosparsa di pecorino grattugiato e condita con una spolverata di pepe nero macinato al momento. Alcune delle infinite varianti possibili, diffuse in tutta l’Italia centrale e derivate dalla cultura agropastorale: braccianti agricoli e guardiani di mandrie e greggi portavano con sé, nel “tascapane” di pelle o di stoffa, l’essenziale “cibo quotidiano” che utilizzavano diversamente in relazione alla lunghezza del periodo di assenza da casa. “Acqua cotta”, “pan cotto”, varie “pappe”, soprattutto toscane, tutte preparazioni a base di pane bagnato con acqua calda semplicemente insaporita da erbe locali e condita (quando andava bene…) con un pugno di pecorino o di ricotta salata affumicata, oppure “ribollito” e condito anche con uva passa e prugne secche. Clotilde Vesco, studiosa di gastronomia etrusca, ricollega la diffusione dell’“acqua cotta” nei territori di Umbria, Lazio e Toscana, un tempo Etruria, all’importanza e alla sacralità che l’acqua aveva per gli Etruschi, famosi per le opere d’ingegneria idraulica e che si autodefinivano Rasenna: “coloro che abitano vicino alle rive dei corsi d’acqua”.
Ingredienti per 2/3 persone 4/6 fette di pane casereccio  (io ho utilizzato pane raffermo tagliato a fette, abbrustolito e sfregato con dell'aglio) 150 g di germogli di luppolo  (io ho usato una decina di asparagi tagliati per il lungo) 1 cipolla media 1 spicchio d’aglio 2 cucchiai di pecorino grattugiato olio d’oliva sale e pepe 800 ml acqua calda Mia aggiunta: un uovo al tegamino (o in camicia)
Preparazione Fate soffriggere aglio e cipolla tritati nell’olio ed unitevi le cime di luppolo, dopo averle fatte sbollentare per qualche minuto in acqua salata; dopo circa 10 minuti aggiungete l’acqua e fate cuocere per una mezz’oretta, a tegame coperto. Disponete le fette di pane sul fondo delle scodelle, cospargetele col pecorino e versate l’“acqua cotta” ben calda aggiungendo, come nel mio caso, un uovo e un’altra spolverata di pecorino.
Pillole di Enologia: il Vino al tempo degli Etruschi (a cura di Marco Junio De Vincentis) La vite al tempo degli etruschi aveva la forma di un albero che veniva appoggiato ad una pianta di olmo (non esistevano i filari della vite come oggi). Il vino era uno dei prodotti più esportati. Il vino era molto diverso da quello che conosciamo e beviamo oggi. Veniva fatto riposare per qualche mese in contenitori di terracotta e era molto denso e alcolico, non veniva mai bevuto da solo ma veniva mescolato in recipienti chiamati “crateri” con miele e acqua (il gusto assomigliava al moscato dolce che si beve oggi nelle feste) e veniva a volte anche arricchito da formaggio, spezie e aromi. Veniva trasportato in anfore durante i viaggi. Durante i banchetti era invece tenuto dentro le brocche e i vasi e servito nei bicchieri (coppe) con degli attingitoi. Nel museo archeologico di Chiusi si possono vedere le brocche, le anfore e gli attingitoi e ho notato che ce n’è uno che assomiglia tanto al “tastevin” che si porta con la divisa da sommelier.
Kykeion: la leggendaria miscela di degustazione del vino degli eroi omerici, propone vino forte mescolato con orzo e miele con l’aggiunta di formaggio grattugiato.
Ingresso del Museo Nazionale Etrusco di Chiusi  disegnato da Junio per il Maestro Edoardo
N.B. NON AUTORIZZO la pubblicazione delle foto, in alcuno spazio della rete, che siano FORUM o ALTRO, senza preventiva richiesta perché sono protette dalla legge sul diritto d'autore n.633/1941 e successive modifiche. Copyright © Laura De Vincentis All Rights Reserved

Potrebbero interessarti anche :

Possono interessarti anche questi articoli :