“Ho imparato a leggere a cinque anni, nella classe di fratel Justiniano, nel Colegio de la Sale, a Cochabamba, in Bolivia. E' la cosa più importante che mi sia successa nella vita. Quasi settant’anni dopo ricordo in modo limpido come quella magia, tradurre le parole dei libri in immagini, abbia arricchito la mia esistenza, abbattendo le barriere del tempo e dello spazio e permettendomi di viaggiare con il capitano Nemo a ventimila leghe sotto i mari, combattere fianco a fianco con d’Artagnan, Athos, Porthos e Aramis contro i complotti che minacciavano la regina ai tempi del subdolo Richelieu, o spingermi nel ventre di parigi, novello Jean Valjean, con il corpo inerte di Marius sulle spalle. La lettura trasformava il sogno in vita e la vita in sogno e poneva alla portata del piccolo uomo che ero l’universo della letteratura. Mia madre mi raccontò che le prime cose che io scrissi furono continuazioni delle storie che leggevo, perchè mi dispiaceva che finissero, oppure volevo cambiarne il finale. E forse è ciò che ho fatto tutta la vita senza saperlo. Prolungare nel tempo, mentre crescevo, maturavo, invecchiavo, le storie che riempirono la mia infanzia di passione e di avventure.
...Il paradiso dell’infanzia non è per me un mito letterario ma piuttosto una realtà che ho vissuto e di cuiho goduto nella grande casa di famiglia con i suoi tre grandi patios, a Cochabamba, dove, in compagnia delle mie cugine e dei compagni di scuola potevamo giocare a rappresentare le avventure di Tarzan e di Salgari, e nella prefectura di Piura, dove nei sottotetti si annidavano i pipistrelli, ombre silenziose che riempivano di mistero le notti stellate di quella terra rovente.”