Con Enzo Jannacci, se ne va un altro pezzettino della mia gioventù... Enzo l'ho conosciuto davvero dagli inizi. La mia prima casa è stata in via Pagliano, a Milano, a 500 metri dal mitico "Intra's Derby Club" dove forse è nato il cabaret italiano. Del "Derby" eravamo frequentatori abituali: io, mia moglie, e un gruppetto di fortunati "expats" di ogni angolo d'Italia, e spesso facevamo fatica a capire il milanese stretto che era la lingua ufficiale del Derby. E' li che abbiamo scoperto la Milano che non era capace solo di "laurà", ma anche di ridere, di prendersi in giro.
Al Derby sono nati quasi tutti: il trio dell'amico Enrico Intra faceva dell'ottima musica jazz, intervallata da sconosciuti cabarettisti: Teo Teocoli, i Gatti del Vicolo Miracoli", Nanni Svampa, Enrico Beruschi, Franco Visentin (che accompagnandosi con la sua chitarra cantava tutto il repertorio di Brassens da lui tradotto in milanese), Cochi & Renato, Lino Toffolo che sembrava perennemente sbronzo, Felice Andreasi e la sua faccia triste, tale Bruno Lauzi, Boris Makaresko che leggeva passaggi del suo demenziale dizionario dal titolo "Le Scemantiche Illustrate", e poi lui, Enzo Jannacci, questo finto timido, dall'aspetto spiritato, che sembrava sempre sul punto di inciampare su qualcosa, ma era sempre in piedi..
Ti dicono che oltre che cantare "I Scarp del tenis", e canzoni demenziali come L'Armando e La Banda dell'Ortica, è anche medico, cardiochirurgo, specializzato alla scuola di Barnard in Sud Africa, e quasi non ci credi. Trova il tempo, fra la cardiochirurgia e il cabaret, di diplomarsi al Conservatorio di Milano in Armonia, Composizione, Direzione d'orchestra, e di fare otto anni di pianoforte.
Questo omino sbilenco che sembra inciampare nelle note, scopri che ha suonato con mostri sacri del jazz come Bud Powell, Chet Baker, Stan Getz, Gerry Mulligan... E poi con un'altra persona a me cara, Franco Cerri: il più grande chitarrista jazz europeo dell'ultimo mezzo secolo, col quale ho avuto il piacere di avere rapporti di lavoro per ragioni di pubblicità (...il famoso "uomo in ammollo"...), e ho avuto il dolore di conoscere il figlio, giovane, promettentissimo bassista, morto giovanissimo, e facendo invecchiare Franco di dieci anni in un momento.
Con Enzo Jannacci sparisce un altro pezzo di quella Milano civile, ottimista, sempre in movimento, sempre in crescita, culturalmente viva, che ho tanto amato, e che è finita cogli anni di piombo, col rampantismo e il craxismo, con le crisi sempre più ravvicinate, sempre più lunghe, sempre più profonde, e che alla fine si è incattivita con l'arrivo del leghismo e del berlusconismo. Una città che ormai ti guarda e si guarda in cagnesco...
Strana, quella Milano del Derby... la politica non era cattiva come adesso. Mio fratello (di sinistra) è stato amico intimo di Boris Makaresko senza conoscerne le idee politiche, e di Enrico Beruschi, uomo di destra, senza alcun problema. Con Franco Visentin abbiamo fatto una vacanza insieme, in Calabria, e di sera, sulle deserte, profondissime spiagge di Roccella Jonica, dove tutti parlavano il "calabrese estremo", si spandeva la magia della chitarra e della voce di Franco che cantava Brassens in meneghino, e nessuno sapeva di che colore fosse l'altro, né ha mai pensato di accertarsene...
Strana, quella Milano del Derby, dove ogni tanto spuntava quel fantastico artista che risponde al nome di Bruno Lauzi, che solo qualche anno prima mia moglie aveva frequentato per alcuni mesi alla Sorbona, dove entrambi erano finiti per uno stage della Scuola Interpreti (Marisa da Napoli, Bruno da Milano)... poi la vita li ha fatti perdere di vista. Lo ha incontrato di nuovo decenni dopo, coi primi, ma visibilissimi segni del morbo di Parkinson. Una chiacchierata, e via. Un paio d'anni dopo, non c'era più.
Ecco perchè alcuni personaggi non avrebbero il diritto di andarsene prima di noi. Perchè ci tolgono un pezzetto della nostra gioventù. Ciao, Enzo...
Tafanus
COMMENTI (1)
Inviato il 03 aprile a 23:40
che tenerezza rivederlo così giovane, quella canzone mi tira sempre fuori un sorriso, anche quando sono triste