Non è ancora il caso di scaldarsi eccessivamente; soprattutto non si parta in quarta come alcuni hanno fatto con i “grillini”, alcuni già in contatto (più o meno scoperto) con personaggi dell’Amministrazione statunitense, ma che hanno soprattutto messo in mostra l’intenzione di raccogliere in senso meramente elettorale il disagio e crescente malcontento di buona parte della popolazione italiana. Sono inoltre stati troppo pronti, per i miei gusti, nell’appoggiare le varie “mode”, dall’ecologismo alla lotta all’omofobia, dal no a qualsiasi cosa, ecc. E dunque anche pronti a pensare alle massonerie finanziarie internazionali che ci manovrano, alle colpe dell’euro e della UE; colpe esistenti, sia chiaro, che vanno senza dubbio criticate aspramente, ma consci che vi sono dietro ben altri disegni e ben altri mandanti.
Questo movimento dei forconi ha molti aspetti ambigui e non deve subito entusiasmare. Potrebbe anche esaurirsi in tempi relativamente brevi o, più facilmente, assumere altri contorni adesso molto difficilmente ipotizzabili; al momento, appare senza direzione precisa, e credo sia privo di vertici costituiti da vere élites con capacità strategiche. Inoltre, il malcontento è forte, la rabbia cresce – e ciò è senza dubbio positivo – ma non sempre questi ormai più che giustificati sentimenti vengono sorretti da lucidità e razionalità. Tuttavia, vi sono elementi che vanno valutati se non altro per eventuali altri movimenti che potrebbero sorgere.
Intanto, rilevo l’elemento che a me sembra più positivo. Malgrado le smentite e i tentativi di certi politicanti di squallore ormai cavernoso, e l’altrettale squallore di certi (quasi tutti i) media – che si sono presi di amore e dolore per la morte di Mandela pur di nascondere quanto sta accadendo in Italia – non vi è dubbio che il movimento ha ricevuto alcuni, forse ancora timidi, segnali di attenzione (alcuni dicono perfino di solidarietà) da parte di poliziotti, che certamente non sono teneri verso una serie di agitazioni no-qualcosa. In una situazione come quella oggi esistente, con tutti i fottuti in circolazione nel mondo politico (e, dietro a loro, in quello economico), impossibile pensare a qualche cambiamento se non inizia a manifestarsi un sentimento di necessità dello stesso in personale di apparati dello Stato, in particolare in quelli dotati di alcuni strumenti e “strutture logistiche”, atti ad intimorire la gentaglia che ci s-governa e che è composta di arroganti pronti, da vigliacchi quali a sono, a mettersi la coda tra le gambe. Certo, vorrei vedere eguali segnali nel personale degli apparati militari veri e propri, ma occorrono i dovuti tempi.
Secondo me, è utile prestare la massima attenzione a quello che potrebbe essere il primo movimento (scomposto al momento e probabilmente con l’assenza o carenza di capi veramente abili) di aperta manifestazione di una reale insofferenza per la situazione italiana così tanto degenerata per colpa dell’indegna classe che si pretende dirigente ed è soltanto parassita e infettiva. Attenzione pure per quegli appartenenti alle forze dell’ordine che stanno dimostrando di avere più sensibilità di tanti chiacchieroni, cui interessa soltanto sfruttare il malcontento per prendere voti ed andare a godere delle laute prebende (d’ogni genere) che spettano a questi senatori e deputati soltanto meritevoli di calci in bocca e di palate di merda.
Non si pretenda – come se ci trovassimo nel film “La corazzata Potemkin” – il verificarsi di fenomeni di insubordinazione delle “truppe”; importante è la presa di coscienza del vicolo cieco in cui si è infilato il nostro paese, l’Italia, per colpa di manigoldi al governo (e all’opposizione). Sarà però complessa e lunga ogni possibile operazione, che intenda alimentare questa presa di coscienza e fornire quanto possa occorrere alla comprensione di quali siano le migliori scelte politiche da effettuare, gelosi di una nostra autonomia e del benessere dell’intero paese. Basta con il nord che sente quale palla di piombo al piede il sud (o centro-sud). Unità e forza nel pretendere di guidare i “nostri destini”; e nella guida sono importanti determinati organismi già preparati a determinate robuste azione di difesa degli interessi nazionali.
E’ pure poco utile inseguire “figli di puttana”, giovinastri pensatori (“del piffero”) ed economisti “critici critici”, di quelli che, come ha ben detto F. in un commento, ci forniscono solo con enorme prosopopea i bignamini della “Teoria generale” keynesiana, secondo loro “riveduta e corretta” (cioè scorretta) in base alle esigenze di fingersi alternativi a questo establishment. Sono dei furbastri, ambiziosi, veri furfanti del pensiero, ladri d’intelletto. Oggi sono in difficoltà i vecchi “maîtres à penser” del ’68 e seguenti; la loro credibilità è diminuita anche se non ancora crollata. Allora, sia le classi pretese dirigenti (i soliti “cotonieri” maneggioni e incapaci), sia alcuni loro “suggeritori” (detti intellettuali), hanno intuito che è giunta l’ora di un ricambio; occorrono altri tromboni, molto più scadenti dei precedenti (dei tromboncini insomma), per diffondere un “altro messaggio”, che appaia alternativo in modo da catturare nuovamente il “popolo” e condurlo al “pascolo” quale gregge mansueto e ancora pronto a successive “tosature”.
Nessun dubbio che le banche si comportino come associazioni a delinquere; nessun dubbio che la UE ci impartisca ordini, ottemperare ai quali comporta danni considerevoli per il paese; nessun dubbio che l’euro ci ha di fatto rovinati; nessun dubbio che la Germania, essendo ancora il paese meglio “sistemato” d’Europa, imponga determinate sue scelte per lei vantaggiose (dovrebbe scegliere l’autolesionismo, la generosa cooperazione per l’affondamento generale?). Nessun dubbio su tutto questo; ma nessun dubbio sul fatto che tutto questo vada inquadrato in una più generale strategia di conflitto, tendenzialmente multipolare, che inizia a far presa sui destini del mondo. In simile situazione, come si comportano i gruppi (sub)dominanti (ormai incapaci di fare gli interessi del loro paese pur inseguendo i propri)? Il gioco sembra farsi abbastanza chiaro, ma continua ad ingannare i più.
Si creano due schieramenti, ognuno dei quali (definiti magari “destra” e “sinistra”, con varianti di comodo dette “centro”) è fornito dei suoi semicriminali politicanti, dei suoi verminosi intellettuali ed “esperti” vari, ecc. Intendiamoci bene: ognuno dei due schieramenti, differenziati per tratti ideologici secondari in genere relativi a “pruriti di costume”, ha politicanti e intellettuali con idee diverse, che si oppongono fra loro non esattamente secondo lo schema della presentazione delle coalizioni in sede elettorale. Tuttavia, si tratta comunque di idee in “antagonismo polare”, quelle idee che si combattono facendo ben attenzione al reciproco sostegno: ognuna delle due deve polemizzare con l’altra, ma senza alcuna pretesa di batterla veramente, senza quindi cercare le cause situate a monte dei problemi su cui i due contendenti dibattono. Simile ricerca è proibita dai (sub)dominanti giacché farebbe uscire il dibattito dalla falsa alternativa, dalla semplice finzione di un confronto acceso; si correrebbe allora il pericolo che qualcuno cerchi invece il bandolo della matassa per gettare a mare l’intero sistema economico e politico di questi parassiti e annientatori dell’identità di un paese, di una popolazione.
Una prima posizione dei criminali politicanti e dei truffaldini intellettuali ed “esperti” vari, ecc. è quella che sostiene apertamente – ma solo con argomentazioni o “tecniche” o in ogni caso apparentemente neutre ed oggettive, insomma del tutto asettiche – l’utilità e i vantaggi apportati da organismi come il FMI, la UE, la BCE, dalla creazione dell’area europea a moneta comune, e via dicendo. Si discute di tutto, opportunamente dimenticando che questi strumenti servono, più o meno direttamente o per vie traverse, alla politica statunitense tesa ad controllare la politica estera di una serie di paesi (ivi compresi quelli europei e l’Italia in particolare) al fine di opporsi al tendenziale multipolarismo.
La posizione, polarmente opposta, mette in luce la negatività di tutti gli organismi, e delle misure da essi prese, per i paesi che a queste ultime si sottopongono. In definitiva, ciò che per i primi è positivo, per i secondi è specularmente negativo. Alcuni dei “critici critici” si spingono fino a mettere in discussione l’intero sistema capitalistico, con argomentazioni tali da occultare i veri aspetti di questa formazione sociale che sarebbe effettivamente opportuno sottoporre ad aspra discussione. Inoltre, si sorvola sul fatto che il capitalismo non è unico e omogeneo né nel tempo (dalla prima “rivoluzione industriale” ad oggi) né nello spazio. Chi li ascolta è nella condizione dei tifosi di Inter e Milan, della Juventus e del Toro, della Roma e della Lazio: sta sugli spalti, grida e si scalmana, ma non gli è consentito di entrare nel campo di gioco; e se cerca di invaderlo, viene menato perché non rispetta le “regole” del “civile confronto”; nel caso in questione, quelle della “buona e tollerante discussione” secondo i piatti canoni espressi da quel simpaticone (ma superficiale) di Voltaire.
Invece, non dobbiamo rispettare nessuna particolare buona maniera; e invece uscire da questo “cerchio magico”, spezzandolo con l’esplicito riferimento alle cause decisive di certi effetti negativi per il nostro paese (e altri paesi europei). Senza fare di tutta un’erba un fascio, senza roboanti dichiarazioni anti-questo o anti-quello. La classe della “grande rivoluzione proletaria mondiale” ha da lunga pezza abbandonato ogni spirito perfino di semplice mutamento; si deve quanto meno liberare di sindacati – vere organizzazioni di inetti e opportunisti dediti ai loro maneggi per denaro e potere – diventati la punta di diamante di ogni reale politica reazionaria e affossatrice della nostra autonomia nazionale. E non si tratta affatto di predicare un inutile spirito nazionalistico, semplicemente un’indipendenza rispetto ad altri paesi, che ci stanno annientando in quanto “territorio” abitato da una popolazione con la sua lingua, la sua cultura, il suo sistema produttivo e i suoi posizionamenti indipendenti nel consesso internazionale.
Basta sì; ma sarebbe da dirlo a questi maledetti farabutti del ceto politico di entrambi gli schieramenti; e agli altri furfanti che recitano la parte degli intellettuali “colti e raffinati” in scontro inutile e teleguidato. E devono andare all’angolo anche i “cotonieri”, il cui “salotto” è pur esso in fase di mutamento; sono tutto sommato in ribasso i “vecchi” alla Tronchetti e i “giovani” alla Elkann, mentre avanzano le facce odiose e grifagne di tipi alla Della Valle. I forconi devono “sbudellare” tutti questi, bisogna che avanzino nuovamente importanti manager del settore “pubblico”.
Ripeto per l’ennesima volta: non perché il “pubblico” sia per sua essenza migliore del privato, non perché faccia, per il solo fatto d’essere “pubblico”, gli interessi generali del paese. Soltanto perché, in questa disgraziata Italia, il privato è ormai da oltre un secolo in mano a gentaccia che si è sempre dimostrata – tipico esempio durante la seconda guerra mondiale – pronta a tradire il paese. Il “pubblico” ha avuto un intreccio più complesso e variegato con ambienti politici; e, nei casi migliori, li ha piegati ad interessi imprenditoriali che erano, nel contempo, anche nazionali. Dagli anni ’90 in poi la situazione nel “pubblico” si è indubbiamente molto deteriorata; in ogni caso, vent’anni di degenerazione sono più facilmente invertibili e recuperabili di un secolo di malversazioni e tradimenti.
Occorrono nuove forze politiche, un nuovo ceto intellettuale; occorrono nuovi legami tra politica e imprenditoria “pubblica”. E occorre una ventata d’aria fresca anche in certi apparati dello Stato, che nell’attuale situazione italiana non vanno semplicemente considerati gli strumenti coercitivi della “classe dominante”. Chi ragiona così, nell’attuale complicata situazione internazionale – e in piena crisi di de-regolazione del sistema complessivo, quello detto globale – è un imbecille. Bisogna distinguere tra dominanti e dominanti; e bisogna scegliere tra strumenti coercitivi al servizio di determinati gruppi oppure di altri. Questo è tutto per un povero blog come il nostro!
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