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ADELASIA DI TORRES #medioevo #giudicatisardi #logudoro #torres

Creato il 04 luglio 2013 da Albertomax @albertomassazza

burgos

Le vicende che caratterizzarono la fase terminale del Giudicato di Torres dimostrano, nonostante l’indifferenza della storiografia nazionale, quanta rilevanza ebbero le dinamiche politiche sarde, nel panorama nazionale e internazionale del tempo. Protagonista di queste vicende fu la Giudicessa Adelasia, ultima regnante del Giudicato di Logudoro, coinvolta, volente o nolente, in una lunga partita a scacchi che vide come competitori i Visconti, i Doria, i Malaspina, il Papato e Federico II di Svevia.

Figlia del Giudice Mariano II e di Agnese di Massa (figlia del Giudice di Cagliari Guglielmo), Adelasia nacque intorno al 1205. Il padre attuò una politica di equilibrio tra Pisa, Genova e il Papato, fino a quando, a seguito della pressione militare esercitata dai fratelli Ubaldo I e Lamberto Visconti (quest’ultimo Giudice di Gallura), sul Giudicato di Cagliari, retto dalla cognata di Mariano Benedetta di Massa, non decise di aprire le ostilità nei confronti dei fratelli pisani, venendone fatalmente sconfitto. A quel punto, i Visconti, minacciando di invadere direttamente il Giudicato di Torres, costrinsero Mariano II a scendere a patti con loro. Così, il Giudice di Torres diede la propria figlia Adelasia, ancora adolescente, in moglie al figlio di Lamberto, Ubaldo II.

Le nozze, celebrate nella splendida basilica della SS. Trinità di Saccargia, misero in grave allarme Papa Onorio III, preoccupato della crescente influenza esercitata dai Visconti sugli affari sardi, a discapito di Roma. Così, inviò il Legato Pontificio Bartolomeo con la missione di impedire il matrimonio o, qualora fosse già stato celebrato, di annullarlo. Ma il tentativo papale non ebbe successo e i Visconti, per nulla intimoriti dall’autorità del Papa, si ritrovarono in una posizione di estremo vantaggio nella lotta per il predominio sull’isola. Intanto, nel 1225, alla morte del padre Lamberto, Ubaldo divenne Giudice di Gallura.

Nel 1232, il Giudice Mariano II morì e salì al trono il fratello minore di Adelasia, Barisone III, il quale, essendo minore, resse il Giudicato sotto la tutela dello zio Ithocorre (noto anche come Orzocco). Codesto tutore praticò una politica tirannica e vessatoria, tanto da suscitare tumulti (nei Giudicati era contemplato il diritto al tirannicidio), che i Visconti cavalcarono abilmente. Il giovane Barisone III venne trucidato nel 1236 e il Giudicato, secondo le disposizioni paterne, venne ereditato da Adelasia che, in questo modo, insieme al marito, si trovò a regnare su circa la metà dell’isola.

Papa Gregorio IX inviò il suo Legato Alessandro con la missione di ottenere formale atto di vassallaggio da parte dei due regali coniugi. Adelasia e Ubaldo questa volta, forti della stabilità di potere raggiunta e ansiosi di riportare sui giusti binari il rapporto con la Santa Sede, acconsentirono e riconobbero la signoria del Papa sul Giudicato di Logudoro, mentre per la Gallura Ubaldo si disse già impegnato con la Repubblica di Pisa. Ma la stabilità ebbe vita breve: nel 1238, improvvisamente, Ubaldo morì e gli succedette, secondo le sue disposizioni, il cugino Giovanni. Il Papa approfittò della situazione per allargare la sua influenza, interessando della questione il Giudice d’Arborea Pietro II e proponendo il devoto e fedele Guelfo dei Porcari come nuovo sposo per Adelasia. Al contempo, Visconti e Doria tramarono, ognuno per suo conto, per scongiurare una tale eventualità che avrebbe determinato un rovesciamento dei rapporti di forza a favore del Papato, negli affari della Sardegna. I Doria, in particolare, interessarono della questione niente di meno che l’imperatore Federico II di Hoenstaufen, convincendolo a proporre come sposo ad Adelasia il suo figlio naturale, il diciottenne Enzo, nonostante la gran differenza d’età. Adelasia accettò e i due si sposarono nella Chiesa di Santa Maria del Regno di Ardara. Federico II creò ad hoc un immaginario Regno di Sardegna e lo infeudò a figlio e nuora.

Ma l’irrequieto Enzo non sopportò per molto l’austera vita di corte e la compagnia di Adelasia, ormai in là con l’età per quei tempi. Così, dopo pochi mesi dal matrimonio, colse al balzo la chiamata del padre per una campagna militare nella penisola e lasciò la Sardegna, per non più farvi ritorno, pur continuando a fregiarsi del titolo di Re. Nominò vicario del Giudicato il possidente sassarese Michele Zanche che, insieme a Gomita, vicario di Gallura per conto di Nino Visconti (altro personaggio dantesco), fu immortalato tra i barattieri nel XXII canto dell’Inferno.  Nel 1249, Enzo venne fatto prigioniero dai Guelfi bolognesi, nella battaglia di Fossalta e visse i suoi ultimi 23 anni nel Palazzo-prigione di Bologna che ancora porta il suo nome. Intanto, le nozze avevano irritato parecchio il Papa, fino a spingerlo a scomunicare i due coniugi.

Adelasia, abbandonata da Enzo, si rinchiuse nel Castello di Burgos, sperando di ottenere la revoca della scomunica, cosa che ottenne nel 1245, al pari dell’annullamento del matrimonio. Con la sua morte senza discendenza avvenuta nel 1259, il Giudicato si dissolse ed il suo territorio finì per essere facile preda delle famiglie dei Doria, Malaspina e Spinola.

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