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Discendendo lungo le ere geologiche dei videogiochi per computer, le avventure testuali occupano uno degli strati più profondi della Terra, se non il più profondo, prima che comparissero sulla scena persino i più rudimentali esempi di interfaccia grafica, come quella fornita da Rogue. La loro fase di massimo splendore e massima diffusione si colloca tra la seconda metà degli anni ’70 e la prima metà degli anni ’80, periodo in cui il computer era ancora un oggetto alieno per la maggior parte degli esseri umani, ma soprattutto periodo in cui la potenza di calcolo e di memoria di un computer non era neppure paragonabile a quella di un qualsiasi aggeggio odierno, il che poneva grandi limitazioni ai primi programmatori di videogiochi. Le avventure testuali nascono proprio da queste limitazioni, volgendole a proprio favore, proprio come avrebbe fatto Rogue qualche anno dopo. Un’avventura testuale è all’incirca la versione computerizzata di un libro-game (o, a seconda dei punti di vista, un libro-game è la versione cartacea di un’avventura testuale): l’interfaccia è costituita da solo testo e il testo racconta una storia descrivendo ambienti e situazioni, con cui l’utente potrà interagire descrivendo le proprie azioni. In pratica, sono basate su una interfaccia in linguaggio naturale: il gioco descriveva un ambiente, l’utente scriveva l’azione da eseguire su quell’ambiente e il gioco interpretava l’azione, descrivendo poi le conseguenze di quella azione. Il giocatore, quindi, interagiva con il gioco parlandogli (o meglio scrivendogli) nella propria lingua, che era generalmente l’inglese; stava poi al gioco interpretare gli ordini e agire di conseguenza. Le interfacce in linguaggio naturale erano un esperimento molto interessante, in seguito accantonato in favore delle interfacce grafiche e adesso rispolverate nell'era degli smartphone: le presunte novità rivoluzionarie sono vecchie di oltre trent’anni, ma di questo parleremo un’altra volta. Adventure è il capostipite delle avventure testuali. Noto anche come Colossal Cave Adventure (e varianti sul tema), è un videogioco sviluppato tra il 1975 e il 1976 e rappresenta, o meglio racconta, una esplorazione di un complesso di caverne realmente esistente, ma riveduto e corretto per renderlo più affascinante ai giocatori. Come è facile da intuire, lo schema di gioco è lo stesso che sarà ripreso qualche anno dopo da Rogue: l’esplorazione di un dungeon sotterraneo. Peraltro, il vero anello di congiunzione tra avventure testuali e roguelike sarà Zork, un successore di Adventure che apparirà nel 1979, sempre a titolo informativo. In questo complesso di caverne è possibile trovare svariati oggetti, che il giocatore potrà raccogliere e utilizzare in altre parti del gioco, per risolvere i puzzle che si troverà davanti. Esempi classici sono le porte chiuse, che dovranno essere aperte con chiavi perse in qualche punto della caverna, oppure porzioni di cibo da raccogliere e utilizzare, in seguito, per distrarre animali feroci, e così via: tutti elementi che, con l’aggiunta della grafica, alla metà degli anni ’80 daranno vita a un nuovo genere di videogiochi, ossia le avventure grafiche. La struttura di Adventure era complessamente semplice, o semplicemente complessa. Come detto in precedenza, una tipica sessione di gioco consisteva in un dialogo rudimentale tra il giocatore e il gioco: il gioco descriveva il luogo, il giocatore scriveva una breve azione, composta di solito da un verbo e un eventuale complemento (“raccogli chiave”, “vai nord”, “guarda”, eccetera), il gioco descriveva la situazione risultante dall’azione, e così via. Per dare un esempio, attingerò di nuovo alle mille e una risorsa di Emacs, un programma che è più o meno la versione digitale della tasca di Doraemon o del gonnellino di Eta Beta: fra le sue innumerevoli risorse è incluso anche Dunnet, una semplice avventura testuale. Ecco come si presenta una sessione di gioco: Come si può capire, un videogioco di questo tipo è sia semplice che complesso da realizzare. È semplice perché utilizza soltanto uno dei mattoni fondamentali di qualsiasi linguaggio di programmazione: la stringa di testo, qualcosa che qualsiasi computer può riprodurre su schermo senza problemi, fin da quando esistono gli schermi. Realizzare una interfaccia grafica richiede molto più lavoro rispetto a scrivere una serie di frasi e appiccicarle sullo schermo. La parte complessa, però, è un’altra ed è l’interazione col giocatore. Il programma, infatti, deve capire gli ordini del giocatore, che sono dati in una lingua umana (e cioè in un linguaggio che il computer non può capire), tradurli in qualcosa che abbia senso, applicarli al gioco e poi fornire una risposta in lingua umana. Non è una operazione semplice. Nel caso di Adventure e delle avventure testuali, però, il compito era facilitato dalla loro struttura: gli ordini impartiti dall'utente erano limitati di solito a una o due parole, almeno nelle prime versioni di questi giochi, ed era dunque possibile rendere il programma capace di “capire” un numero sufficiente di ordini e reagire a ognuno di essi in modo adeguato alla situazione. Come è ovvio, il verbo “capire” è usato in senso molto lato; il programma non capiva l’inglese (o qualsiasi altra lingua naturale), ma confrontava le parole digitate dall'utente col vocabolario di parole in suo possesso: quando riusciva a farle coincidere, costruendo un comando eseguibile, il programma lo eseguiva. Più o meno, Adventure capiva l’inglese tanto quando una serratura capisce una chiave. Delle interfacce in linguaggio naturale, però, parlerò meglio in un’altra occasione. Come dicevo all’inizio, l’età dell’oro delle avventure testuali si è conclusa all’incirca verso la metà degli anni ’80, mentre il declino è arrivato con gli anni ’90, quando più o meno ovunque ha cominciato a imporsi la grafica. Come avviene anche in natura, le avventure testuali hanno reagito ai cambiamenti del loro habitat in due modi: evolvendosi, oppure estinguendosi. L’evoluzione ha portato alla nascita delle avventure grafiche e alle visual novel, una specie che ha trovato ambiente favorevole in Giappone, dove è tuttora una delle forme di vita dominanti nel mondo dei videogiochi per computer. Un’altra branca, passata attraverso Zork, ha prodotto Rogue e i successivi roguelike, i quali si sono a propria volta evoluti in Diablo e videogiochi analoghi: evoluzione non indolore e non “pura”, in quando Diablo è il prodotto di vari incroci, ma è pur sempre un discendente di Rogue. Come abbiamo già visto parlando dei roguelike, anche nel caso delle avventure testuali esistono i celacanti, che hanno scelto di avere a che fare il meno possibile con l’evoluzione e conservare il sano gusto dei giochi di una volta: attorno alle avventure testuali si è infatti sviluppata una comunità “di nicchia”, che continua tuttora a produrne con entusiasmo e che, a differenza di altre branche di videogiochi, ha concentrato la propria attenzione sullo sviluppo dei dialoghi tra utente e gioco, cioè l’interfaccia in linguaggio naturale. Le avventure testuali prodotte oggi, quindi, permettono una maggiore interazione e “capiscono” comandi più complessi rispetto ai tradizionali verbo-più-complemento, proprio come la comunità dei roguelike ha arricchito il proprio mondo ludico introducendo forme sempre più complesse di AI, come le reti neurali e gli algoritmi genetici. In breve, anche le avventure testuali sono oggi un patrimonio della comunità mondiale dei nerd. Per chiunque fosse interessato a sperimentarne una, questi sono i link a un paio di versioni di Adventure: Adventure per sistemi operativi Windows Adventure per sistemi operativi Macintosh Un’altra avventura testuale è contenuta in Emacs, come ho già detto, mentre chi fosse interessato a produrre avventure testuali, anche solo per divertimento o per esercitarsi, esistono varie soluzioni: una facile guida (in inglese) per programmare avventure testuali in Prolog, che funziona benissimo con SWI-Prolog, ma soprattutto il magico mondo di Inform, un pratico ambiente di sviluppo per storie interattive (una forma evoluta di avventura testuale), gratuito e disponibile anche in italiano.
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