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Affido dei minori: tra situazioni paradossali e speranze

Creato il 07 novembre 2011 da Firenze5stelle @firenze5stelle

In Toscana si parla di 750 minori in strutture di accoglienza, in tutta italia il numero oscilla intorno ai 15.000 con grande spreco delle risorse pubbliche (le rette delle strutture sono oltre il quadruplo rispetto ai rimborsi dati alle famiglie accoglienti) e maggior disagio per i bambini

Secondo i dati del Centro Affidi del Comune al 31 marzo scorso i minori in affidamento erano 144 . Nella banca dati del Centro affidi sono registrate solo 96 famiglie che hanno dato la loro disponibilità a prendersi cura di un bambino.

Ora che sono noti, senza possibilità di smentita, gli effetti dannosi, inibitori e massificanti, della pratica del ricovero in istituto sullo sviluppo della personalità, si pone urgente il problema di creare le condizioni non solo operative, ma anche culturali perché se ne metta in atto l’effettiva smobilitazione

Affido dei minori: tra situazioni paradossali e speranze
Siamo di fronte ad una situazione paradossale: nel momento in cui gli enti locali si trovano responsabili di gran parte della politica sociale verso i minori ma, praticamente, sommersi da una miriade di “casi” riversati dai famigerati enti inutili e da ministeri vari, gli enti locali stessi rischiano di proseguire, consapevolmente o meno, la medesima politica di intervento degli enti disciolti con lo strumento di sempre: il ricovero in istituto.Questi dati hanno messo in evidenza che un numero sempre più elevato di bambini rischia di entrare nel sistema di tutela dell’infanzia, con pesanti ripercussioni sulla sostenibilità delle risposte

È, inoltre, consapevole che deve essere evitato un uso indiscriminato dell’allontanamento, di cui non sempre si conosce l’effettiva utilità. È infatti necessario chiedersi se quanto viene realizzato sia appropriato, se sia collegato ai bisogni, se non produca dipendenza assistenziale, se non allontani la possibilità di interventi più efficaci

Si opera dando sostanziale continuità e sviluppo alla Convenzione Onu dei diritti del bambino del 1989, ratificata in Italia con legge n. 176 del 1991. Con particolare riferimento alla tutela del minore nelle relazioni familiari, la Convenzione attribuisce un compito specifico di vigilanza agli Stati,“affinché il fanciullo non sia separato dai suoi genitori contro la loro volontà a meno che le autorità competenti non decidano, sotto riserva di revisione giudiziaria e conformemente con le leggi di procedura applicabili, che questa separazione è necessaria nell’interesse preminente del fanciullo”.

La separazione del minore dai propri genitori è quindi considerata misura speciale, sottoposta a specifiche tutele, da realizzarsi quale estrema ratio, quando cioè sia necessario per interesse prioritario della persona minorenne.

 

Affido dei minori: tra situazioni paradossali e speranze

Si afferma il diritto del minore alle relazioni familiari, ovvero a vivere nella famiglia di origine e conservare con questa relazioni significative, salvo che ciò non pregiudichi la sua salute e il suo benessere psicofisico

Ora, possiamo notare che, nell’ambito dell’intervento pubblico, questo diritto del minore ad avere la sua famiglia non sia stato quasi mai pienamente riconosciuto e che anzi la linea di tendenza sia una linea di tendenza verso un’espropriazione continua del minore dalla propria famiglia”.

Questa impostazione implica un cambiamento di prospettiva nell’azione dei servizi e delle autorità pubbliche. L’intervento di separazione è quindi da considerare di carattere residuale e va previsto solo quando non vi siano altre soluzioni praticabili.

La legislazione è ancora fortemente centrata sugli enti statali e su un’organizzazione settoriale delle responsabilità e delle competenze.

Le soluzioni nuove prendono forma in modi spesso volontaristici, in assenza di programmazione, in mancanza di vere e proprie scelte politiche

Sottolineando, l’importanza di conservare e rafforzare i legami, o la ricostruzione dei legami, fra i minori assistiti fuori della famiglia e i loro genitori o i membri del loro sistema parentale allargato, inclusi i genitori affidatari.

Il bisogno di affetto, di amicizia, di adeguati rapporti interpersonali non può essere appagato dall’ordinamento giuridico o dai servizi.

Nel sociale non si dedica abbastanza impegno per le decisioni che possono modificare stabilmente il percorso di vita di figli e genitori.

Le forme di “casa famiglia”o associazionistiche, risultano ad oggi l’unica soluzione, ma limiti burocratici e prassi ostacolano la loro esistenza, ignorando il loro enorme valore sociale.

Da un indagine sul territorio è emerso che le maggiori difficoltà si hanno in merito al fatto che oltre il primo minore preso in affido, il contributo viene decurtato del 15%, mentre un contribuente paga 10 volte in più per la retta dell’istituto.

Inoltre, a 18 anni e 21 in caso di disabilità, il contributo viene interrotto, ma quanti ragazzi a questa età sono autosufficenti, nel caso di minori con un passato travagliato la situazione si complica notevolmente.

Una famiglia che accoglie un minore, non lo rimanda dietro al compimento della maggiore età, si consolida un rapporto sincero che va oltre alle difficoltà economiche, ma è giusto trovarsi in difficoltà per un gesto d’amore?

Non si possono passare da una struttura specializzata fino ai 6 anni, per metterli in una che è specializzata dai 6 ai 14, poi dai 14 ai 18 e poi buttarli fuori.

Le famiglie che vogliono mandarli al mare, devono pagare al comune anche i centri estivi per disabili.

Altri problemi si riscontrano in merito alla residenza, che ostacola prassi semplici come l’iscrizione scolastica oppure l’avvio di una disciplina sportiva.

Molte difficoltà che possono incidere sullo sviluppo psicosociale dei bambini e dei ragazzi sono riconducibili all’inadeguatezza della famiglia nel fornire le cure e il sostegno di cui essi hanno bisogno.

Occorre ricercare nuove soluzioni per garantire una più efficace tutela dei bambini e ragazzi che vivono in situazioni di rischio.

In esse coesistono abbandono, disadattamento e grave emarginazione.

Bisogna definire una politica per la famiglia, indirizzata ad affrontare i bisogni sociali più complessivi, gestita e controllata democraticamente, che impieghi i beni disponibili.

I gruppi-appartamento significhino comunque qualcosa.

Nella prospettiva di una politica sociale di prevenzione,costituiscono punti di riferimento (non modelli) per affrontare situazioni estreme di disgregazione e di conflittualità familiare.

Se si vuole prevenire, e restaurare, è perciò indispensabile uscire da un’ottica meramente assistenzialistica che rischia di esaurirsi in un intervento sulle situazioni patologiche già esplose e di risolversi ininterventi “tampone” che attenuano la sofferenza ma non risolvono veramente i problemi.

L’azione da svolgere a favore delle famiglie emarginate non deve essere più concepita come “terapia di ambienti poveri”, bensì come azione comunitaria globale, come lotta costante per un capovolgimento di abitudini e mentalità, come miglioramento radicale di tutta la società.

Dovere di ogni cittadino di agire per il miglioramento delle condizioni di vita della società e per l’eliminazione delle diseguaglianze sociali

Urgente è tanto l’individuazione di questi gruppi, che la definizione della natura e l’ampiezza delle loro difficoltà, quanto l’estensione di norme e provvidenze per diminuire il divario tra le famiglie socialmente carenti e il contesto sociale.

 fonti dei dati:

http://www.lavoro.gov.it/Lavoro/Istituzionale/Ministero/OrganiCollegiali/CNInfanziaAdolescenza.htm

http://www.lavoro.gov.it/Lavoro/Istituzionale/Ministero/OrganiCollegiali/ossinfanzia.htm

Affido dei minori: tra situazioni paradossali e speranze

Ringraziamo Miryam Amato per la ricerca delle informazioni che ci rassicura di tornare su questi bit, con testimonianze dal territorio ed analisi delle politiche in atto a livello nazionale e locale.

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