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Afghanistan e ritorno: orrore a tesi poco convincente

Creato il 26 aprile 2010 da Massmedili

Locandina Brothers

Dimostrazione che nulla nuoce più a una buona causa che dire male una cosa giusta.

Ci sono film che non funzionamo perché la trama non segue un filo logico, ha dei buchi, non si capisce cosa voglia dimostrare. Non è questo il caso. Qui la trama è ferrea, la tesi esplicita e chiara fin dai primi dieci minuti. Peccato che i personaggi ne vengano schiacciati, appiattiti fino a perdere consistenza. Marionette al servizio della tesi di fondo che è: non solo la guerra fa schifo e non ha senso, ma gli strumenti culturali e umani che vengono dati a chi la guerra è chiamato a fare sono insufficienti, perché (è la battuta forte del film, affidata a un personaggio minore che salta fuori a effetto come un pupazzo a molla) “Nessuno può essere preparato ad uccidere”. 

Sì, vabbé. La guerra fa schifo sul serio, e quella voluta da Bush rimane uno degli atti più imbecilli compiuti dall’umanità negli ultimi settant’anni. Ma una volta convenuto su questo il film non funziona lo stesso.

Perché il protagonista Uomo Ragno Tobey Maguire, capitano dei marine che torna dall’Afghanistan dopo una orrenda prigionia in mano talebana (i talebani sono infami, ok, ma qui sono talmente ladi da sembrare una caricatura), affida a una vasta gamma di smorfie fra Jerry Lewis e Totò un tormento dell’anima che più che disturbo bipolare indotto da depressione bellica sembra una monolitica affermazione di cretinismo congenito: più fuori parte di così potevano scovare solo Jim Carrey.  

Al che si capisce benissimo che la moglie, supposta vedova, Guerre Stellari Natalie Portman (tutti nel film esclamano “ma com’è bella!, come se non si vedesse) guardi con un certo interesse al cognato Brokeback Mountain Jake Gyllenhaal, avanzo di galera stracannato ma esente dalla rigidità militaresca di famiglia. Interesse che diventa la causa scatenante dell’annunciatissima tragedia incombente Ma non chiarische perché il personaggio della Portman, da ex cheerleader e riconosciuta bellezza del paese sia andata a sposarsi proprio quel Marine anaffettivo, bruttarello e rigido come un manico di scopa.

Il padre dei due fratelli, un Sam Shepard con il motore al minimo, a sua volta ex ufficiale dei marine reduce dal Vietnam sembra non raccapezzarcisi. Odia il figlio minore, porta in palma di mano il maggiore , ci rimane male quando perfino le nipotine (la più grande già vista in In America, altro film non proprio riuscito dello stesso regista) sembrano preferire lo zio picchiatello e gentile al padre violento e completamente fuso di cervello.

Sheridan non sembra più capace di ritrovare il tocco magico e la profondità dimostrate ne Il mio piede sinistro e In nome del padre.

Peccato soprattutto per il trio dei protagonisti, evidentemente in grado di fornire ben altre performance.


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