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Da Icalamari @frperinelli

sette modi

Qui a Roma è in corso un incontro di Cosplay.

Carini, per carità, io pure mi diverto ancora, qualche volta, e in privato, a travestirmi (da quello che mi pare però, non da fumetto in carne e ossa). Ma quello che mi fa pensare è che ci sia gente in giro che trova che sia il momento adatto per le carnevalate di piazza. Giusto ieri ho acquistato qualcosa via ebay, incontrando vis-a-vis una sconosciuta, architetto come me, convivente senza figli, disoccupata e senza prospettive, che non trova lavoro nemmeno come commessa, con gli occhi pieni di apprensione per il futuro, che a travestirsi certo non ci pensava neanche da lontano.

Ma forse questo loro è un metodo di fuga dalla morsa del presente. La virtualità assunta come realtà. Io mica lo sapevo che “Ci sono ben sette modi diversi di maneggiare la spada laser” (e lui che me lo stava dimostrando, era bravissimo). La spada laser è un accessorio indispensabile in città. È pulita, pratica e maneggevole. Inoltre, una volta richiusa, si porta agevolmente in tasca. Costa soltanto 130 Euro, tu pensa. E io che non lo sapevo.

E dire che dovrei essere abbastanza informata, ormai, sulla virtualità. Prima di varcare la soglia della rete (facile aprire un blog, il difficile è decidere che valga la pena di farlo e mantenere intatta questa convinzione nel tempo) non sapevo niente di niente anche di netiquette e di tante altre cose ovvie. Per esempio, è stato un altro blogger, agli albori della mia esperienza, ad invitarmi a usare le faccine, che allora, non avendo mai utilizzato chat, trovavo irritanti e infantili. La cosa ha portato indubbi vantaggi: le conversazioni si sono fatte svelte ed essenziali.

Anche se purtroppo le emoticon mancano di sfumature ed è difficile che uno smile di circostanza possa distinguersi da un sorriso sincero. Così come è difficile interpretare un bacio (su questo sono davvero molto attenta, al limite dell’anaffettivo). È dato in amicizia su una guancia, o è un’appassionata limonata con zucchero, soda e ghiaccio sui capezzoli? Non si capisce. Ogni tanto mi stufo di tanta semplificazione, e provo a non utilizzare emoticon almeno nelle email. E ciò che dico diventa immediatamente atonale, rigido e freddo. Mi pare di punire l’interlocutore. In breve riprendo a farlo regolarmente, mi dico Poco male per le incomprensioni. E qui di nuovo sbaglio, è un circolo vizioso, non c’è modo di uscirne.

Quando capita a me, di ricevere messaggi senza mimica facciale annessa, immagino sempre il mittente come una gentildonna o un galantuomo che snobba consapevolmente l’etica della rete per sottolineare che quel mondo lo attraversa solo di passaggio. Se invece lo fa qualcuno che frequento da tempo, capisco che dietro c’è del non detto. Ma va’ a capire cosa, senza nemmeno il suo viso a farmi da traduttore.

Mentre muovevo i primi passi nel virtuale, comunque, pensavo che le persone con nome e cognome in chiaro, mantenessero intatta la propria specificità umana e che semplicemente utilizzassero il mezzo per aumentare la propria penetrazione nelle cose del mondo liquido. Non sempre. In rete nascono anche persone nuove. Senza padri né madri. Né figli per i quali fungere da modello (ci sarebbe da aprire il tema dei vantaggi dell’onestà dovuta ai figli sul conto di sé stessi, ma non è la sede adatta).

Persone che a volte mantengono il possesso dei corpi reali che li hanno ideati, a volte invece no: sono figurine che si scollano, giorno dopo giorno, dal loro dorso ceroso che, spesso, viene buttato via. C’è tutto un teatrino delle figurine, silenzioso e invisibile, che rappresenta continuamente commedie e tragedie anche molto tribolate, dietro un sipario chiuso alle spalle del mondo dei loro gioc-attori in carne ed ossa.

Un po’ come gli adolescenti, ne incontro molti viaggiando sui mezzi pubblici. Ma mettiamoci pure i tardoadolescenti. Visto che ho l’università vicino al posto di lavoro, sull’autobus del ritorno spesso mi ritrovo nel loro mondo fatto di serate organizzate all’ultimo minuto, commenti saputi su professori e programmi, preoccupazioni per le aspettative dei genitori sugli esami, schermaglie classiche tra un lui e una lei che si sono appena conosciuti. Divertente, il più delle volte.

Sempre ieri, insieme a me in bilico, ma tutte schiacciate, nell’autobus del ritorno, c’erano molte persone in corso di conclusione di una settimana di passione civica, di giornata lavorativa estenuante, di faccende personali complicate. Accomunate dallo stesso desiderio di finirla, e alla svelta. E dunque, sofferenti e silenziose, anche le novantenni, cercando di sopportare il sopportabile da chi, volente oppure no, ci dondolava appiccicato addosso.

A parte quei tre con l’aria di saperla lunga dall’alto della loro età più fresca e della maggiore altezza, lo spilungone ci sovrastava quasi tutti, chissà se per il progresso della sua linea genetica oppure per il cibo e le cure migliori che la modernità non ha potuto offrire a noi prima di lui. Ci derideva e lo faceva pensando sicuramente di sfoggiare un humor tanto fine da essere incomprensibile a delle menti vetuste come le nostre. Ci derideva, sostenuto dai suoi pari, e ci fumava in testa.

Non è vietato fumare sigarette elettroniche, ha commentato scuotendo la testa un uomo con accento francese e apparenza africana, una volta sceso il terzetto dal mezzo pubblico dopo appena una fermata. No, ma è maleducazione, ha aggiunto la ragazza dell’est con l’aria sfinita e i vestiti miseri di qualcuno che svolge un lavoro ritenuto indegno dai giovani nostrani. Che poi puzza comunque, anche se è finta. Che poi non sai quanta nicotina ti entra nei polmoni e il cancro ti viene lo stesso. Che poi ci sono studi che dicono che sono pericolose: ti scoppiano all’improvviso in bocca.

Che comunque eravamo tutti stanchi e demotivati e anche se avevamo votato Bersani, Grillo oppure anche Berlusconi, in quel momento volevamo solo andarci a riposare. E in questo eravamo umani tutti allo stesso modo, ci stavamo rispettando l’un l’altro, finché non è arrivato l’ipergiovane desideroso di scaricare la sua vitalità (e in astinenza da sesso, chissà), che ancora non aveva capito che nella merda ci si ritrova in pieno pure lui. Era salito solo per prenderci in giro.

Io in rete ci sto con nome e cognome, sono di quelle che si comportano in un modo, dentro e fuori. In quel momento, non mi sarei fatta troppi scrupoli per eventuali incomprensioni, la mia faccia poi si vedeva bene. Avessi avuto una spada laser, gli avrei fatto vedere io i sette modi in cui so maneggiarla.


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