Ho già scritto dell’aggressività, ma ho pensato di scrivere un nuovo post visto che questo tema suscita sempre molto interesse.
Una parte di aggressività è presente in ogni essere umano, ed è importante imparare a gestire i propri istinti e comportamenti aggressivi.
Esponendo il problema dell’aggressività, si può dire che l’apprendimento sociale è un fattore fondamentale dell’aggressività ed è determinate nel capire come e quando essa si manifesta.
Le emozioni forti come la frustrazione, la rabbia e l’ostilità favoriscono il manifestarsi dell’aggressività.
Nel vecchio post dicevo anche che ogni bambino attraversa durante la crescita diversi “stadi” di aggressività, il “primo” è “l’assaggio”, il bambino si comporta con gli altri bambini come fa con i giochi attorno a lui, anzi soffre quando vede la reazione negativa dell’altro bambino.
Nel “secondo” stadio il bambino è aggressivo per farsi vedere dalla società, per far capire al mondo che è presente e non vuole sentirsi messo in disparte. Nel “terzo” stadio il bambino vuole affermare la leadership e lo fa ponendosi con gli altri aggressivamente, perché non è ancora in grado di giocare in gruppo e non conosce altri modi per approcciarsi con gli altri bambini.
Gli psicologi definiscono l’aggressività come “insieme di azioni dirette a colpire uno o più individui, tali da infliggere loro sofferenze fisiche e morali”. Freud dice che l’aggressività è un istinto e Konrad Lorenz (etologo) sostiene che gli esseri umani e gli animali sono naturalmente aggressivi.
L’aggressività emerge dalla vita quotidiana, essere aggressivi porta dei vantaggi, perciò si impara ad esserlo. Bisogna pensare che adulti e bambini modificano il proprio comportamento per assicurarsi l’approvazione del prossimo, perché influenza positivamente, invece la disapprovazione è negativa.
La punizione non aiuta. Anzi in alcuni casi i genitori che puniscono, mandano al bambino un messaggio di aggressività. Perché? I genitori esigono che i bambini si comportino bene facendo leva su paure e ricompense: “Se fai il bravo ti compro il gioco” o “Se stai buono ti do una caramella” nei casi positivi. Quando i genitori sono arrabbiati “Basta! O stasera niente cartoni!” o ancora “Smettila o chiamo l’uomo nero che ti porta via!” e così via. Oltre a creare inutili paure nel bambino, non si risolve il problema di farlo stare bene. Le minacce e le punizioni ricevute fanno in modo che il bambino si comporti bene, ma cosa gli insegnano? Che l’aggressività, nel tono della voce, o nel comportamento portano degli effetti. Così in futuro farà lo stesso con gli altri bambini.
L’aggressività per i piccoli è un modo anche di chiedere attenzione. Provando vari modi per essere ascoltato, il bambino, capisce che l’unico modo che gli porta attenzione da parte del genitore (spesso chiede le attenzioni della mamma) è quando è aggressivo, con gli altri bambini, con i giocattoli e con gli stessi genitori. Il bambino cerca attenzione e quando si comporta male, la ottiene.
Sono attenzioni negative, perché l’adulto che interviene sgrida o punisce, comunque il bambino ha ottenuto il suo scopo. Come dicevo nel vecchio post, il ruolo dell’adulto, è importante. L’indifferenza è negativa, ma all’inizio può essere un modo per far capire al bambino che con l’aggressività non ottiene ciò che vuole.
Parlare al bambino, chiedere di esternare i suoi sentimenti, a tutte le età è importante. Un bambino piccolo non darà risposte soddisfacenti e non saprà dire perché è aggressivo, ma sentirselo chiedere gli darà la sicurezza di poter dire cosa lo affligge senza sentirsi giudicato. Il bambino capirà che esprimendo i sentimenti che prova, la rabbia, l’angoscia, la paura o altro ancora, verrà ascoltato e capito e non punito. Sarà un piccolo passo per farlo crescere sereno, dandogli la possibilità di capire che quello che prova è importante per i genitori e che mamma e papà lo aiuteranno sempre nei momenti di difficoltà.
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