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Ai cattolici la legge 40 fa paura da quaranta.

Creato il 25 aprile 2014 da Cagliostro @Cagliostro1743

Ai cattolici la legge 40 fa paura da quaranta.La Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale la legge 40 nella parte che proibisce il ricorso alla fecondazione eterologa con il seme di un donatore esterno: una sentenza che ha scosso il mondo politico.
L’area cattolica era scesa in campo ancora prima della pronuncia della Consulta e Carlo Casini (Movimento per la Vita), Paola Ricci Sindoni e Domenico Coviello (Scienza & Vita) e Francesco Belletti (Forum delle associazioni familiari) avevano offerto le loro riflessioni al giornale dei vescovi italiani Avvenire sul perché doveva rimanere in vigore il divieto di ricorrere alla fecondazione eterologa.
Subito dopo la sentenza uno dei primi ad intervenire è stato il senatore Carlo Giovanardi che ha parlato di un «colpo alla democrazia italiana» sminuendo il ruolo della Corte Costituzionale che sarebbe, per il politico cattolico, solo un organo formato da «quindici signori che hanno le loro idee ed i loro orientamenti ideologici».
Se tutto sommato è stato pacato il commento della Conferenza episcopale italiana, Famiglia Cristiana ha invece titolato sul suo sito «Ultima follia italiana».

Ovviamente anche la stampa di area cattolica è scesa sul piede di guerra in reazione alla sentenza della Corte Costituzionale. Tira in ballo addirittura lo «Stato di Polizia» il direttore di Tempi Luigi Amicone che in un suo articolo ritiene la decisione della Consulta «un ennesimo attacco alla democrazia rappresentativa». Amicone si pone una domanda molto interessante: «perché la Consulta non ha sancito per tempo la “illegittimità” di una legge che conteneva il divieto di fecondazione eterologa?». La risposta è più semplice di quanto possa sembrare: le leggi costituzionali che regolano il procedimento di fronte alla Consulta prevedono che questa si attivi solo in via incidentale cioè quando, nel corso di un procedimento pendente di fronte a qualsiasi autorità giurisdizionale, una delle parti od il magistrato investito della questione sollevino un’eccezione di incostituzionalità: impossibile che la Corte Costituzionale possa intervenire durante l’iter di approvazione o promulgazione di una legge.
“Amletico” un altro dubbio di Amicone: «Come è possibile che con sentenza del 9 aprile 2014 la Corte Costituzionale cancelli di fatto l’esito di un referendum popolare, dopo che con sentenza del 13 gennaio del 2005 la stessa Corte ne aveva sentenziato l’ammissibilità?». Forse perché la Corte, nel dichiarare ammissibile un quesito referendario, deve solo considerare se sia compatibile con l’articolo 75 della Costituzione che regola l’istituto del referendum?
Si appella alla Costituzione il “costituzionalista” Amicone: «Ma se quanto recita l’articolo 1 della Costituzione italiana vale anche per i giudici della Corte Costituzionale, è impossibile non rilevare che se “la sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione” nessuna Corte, neppure la più alta, è legittimata a sentenziare lo svuotamento e il pratico annullamento dei risultati di un referendum popolare». Il riferimento di Amicone è al referendum del 2005 sull’abrogazione della legge 40 a cui partecipò solo il 25,6 per cento degli aventi diritto. Secondo il direttore di Tempi la mancata partecipazione degli italiani al quesito referendario sarebbe stata la conferma della volontà popolare di mantenere la legge in questione. Purtroppo Amicone dimentica che mancando il quorum (come spesso avviene nei referendum) non si può parlare di «annullamento dei risultati di un referendum popolare» perché, sebbene l’88,1 per cento dei votanti si pronunciò a favore dell’abrogazione della legge, è come che quel referendum non ci sia mai stato. In ogni caso un referendum popolare non pone una legge esclusa dal giudizio della Corte Costituzionale: basterebbe un “Bignami” di diritto costituzionale per saperlo. Molta confusione in diritto e, sempre su Tempi, Rodolfo Casadei propone una soluzione più drastica: «Aboliamo la Corte Costituzionale».

Non poteva mancare l’intervento del presidente dei Giuristi per la Vita avvocato Gianfranco Amato che, intervistato addirittura da Radio Vaticana, si domanda: «Chi legifera in questo Paese? Il parlamento democraticamente eletto o la Corte Costituzionale?». Anche in questo caso, parlando di democrazia, non sarebbe male una ripassata alle leggi costituzionali votate dal Parlamento (democraticamente eletto) che regolano i poteri ed il funzionamento della Corte Costituzionale.
Lo stesso Amato ricorda i paletti fissati dalla legge 40/2004 che permetteva l’accesso alla fecondazione assistita solo alle «persone di sesso diverso, conviventi, non fertili», paletti che per il “giurista per la vita” sarebbero «saltati». Non risulta che la Corte Costituzionale abbia dichiarato incostituzionale l’articolo 5 della legge 40 nella parte in cui si stabilisce che «possono accedere alle tecniche di procreazione medicalmente assistita coppie di maggiorenni di sesso diverso, coniugate o conviventi, in età potenzialmente fertile, entrambi viventi». Perciò paletti  ancora in vigore e non affatto “saltati”. Amato può tirare un sospiro di sollievo: l’accesso alla fecondazione eterologa resta consentito solo a coppie (coniugate o conviventi) di sesso diverso e strano che ignorasse questo piccolo particolare.

Sulla Nuova Bussola Quotidiana Tommaso Scandroglio si scaglia contro la possibilità di accedere alla fecondazione assistita non eterologa così come era già possibile con la legge 40 ma nel suo mirino sono gli stessi cattolici: «Ma per quale motivo siamo arrivati sino a questo punto? D’accordo: i radicali in lega con una certa magistratura compiacente hanno fatto la loro parte. Ma da che mondo è mondo è sempre avvenuto così. I figli delle tenebre ci sono stati dai tempi di Caino e Abele e non sono mai stati con le mani in mano. Il vero problema invece sta nell’accampamento cattolico e in due aspetti in particolare. In merito alla legge 40, la sentenza è frutto della difesa strenua di alcuni ambienti cattolici della stessa legge. Se tuteli il male, questo non potrà che svilupparsi e portare frutto. La male pianta non può che essere sradicata al più presto. Detto in soldoni, il compromesso è la porta d’ingresso a mali ben peggiori. In senso più ampio, dal post-Concilio assistiamo – nei migliori dei casi – ad un disorientamento delle truppe cattoliche e più spesso ad una vera e propria diserzione per passare all’esercito nemico pur indossando sempre la divisa cattolica. Impensabile vincere se non uniti – ma uniti nella verità insegnata dal Magistero – e  convinti di cosa è bene e male in morale e di quali strumenti eticamente leciti possono essere impiegati nel combattimento». Scandroglio ha ben chiara la strategia da adottare in futuro: «Opposizione dura e radicale alle leggi ingiuste, senza cedere alle sirene dei “mali minori” e delle “limitazione dei danni”.  Dietro l’angolo ecco le prossime sfide: disegno di legge “Scalfarotto” sulla cosiddetta “omofobia”, approvazione dei “matrimoni” gay, riconoscimento giuridico delle coppie di fatto, testamento biologico e poi, chissà, pedofilia e revisione del Concordato». Un pensiero condiviso, sullo stesso organo, anche da Renzo Puccetti: «Legge sulle coppie di fatto, sul testamento biologico, sull’omofobia, sono terreni ad oggi ancora non del tutto sfavorevoli a chi voglia difendere la legge naturale, prego chi può e deve: non rendiamo le cose più facili ai nemici». C’è da stare rattristati nel sapere che Puccetti consideri un suo “nemico” chi è favorevole alla legge sulle coppie di fatto, sul testamento biologico e sull’omofobia: certamenti molti sostenitori di simili provvedimenti non considerano affatto Puccetti (e chi la pensa come lui) come un “nemico”.

Ai cattolici la legge 40 fa paura da quaranta.


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