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Ai confini della fantascienza – Trieste Science+Fiction

Creato il 07 novembre 2014 da Oggialcinemanet @oggialcinema

Si chiude il Science + Fiction di Trieste confermandosi un festival equilibrato, nella composizione di un cartellone bilanciato tra scoperte e nomi già affermati, ma allo stesso tempo sempre piacevolmente eccentrico ed eterogeneo nel contenuto. Come ogni anno si rivela riduttiva la definizione di festival della fantascienza, tanto che da spaziare dall’horror alla commedia surreale, l’action-thriller fino al cinema di Alejandro Jorodowsky. Il Science + Fiction diventa così polo dove ad esser presentata è una raccolta a tutto campo delle varie forme del cinema fantastico.

Proprio a Jorodowsky quest’anno è stato dato il premio alla carriera, proiettando le sue ultime due fatiche. Jorodowsky’s Dune è un documentario realizzato da Frank Pavich sulla trasposizione, ideata tempo addietro dall’eccentrico regista cileno, di Dune e per la quale avrebbero dovuto recitare tra i tanti anche Orson Welles, Mick Jagger e Salavador Dalì. A seguire la cerimonia di premiazione di Jorodowsky, cui si è esibito inoltre nel celeberrimo Cabaret mysique, è stata proiettata la sua ultima opera, La danza de la realidad.

Difficile non essere concordi con la giuria, presieduta da Enzo G. Catellari, per la premiazione di due film indipendenti statunitensi: Honeymoon di Leigh Janiak (menzione speciale Premio Asteroide) e Time Lapse di Bradley King (Premio Asteroide). Il primo narra di Paul e Bea, giovane coppia appena sposata, in luna di miele in una pacifica (e isolata) casetta in mezzo ai boschi. Dopo l’idillio iniziale un certo malessere inizia ad insidiarsi nell’amorevole coppia, in particolar modo da quando Bea inizia a manifestare un comportamento sempre più anomalo e distaccato nei confronti del marito. Honeymoon cresce lentamente grazie a un’atmosfera sospesa e pregna di solitudine, il mistero che si aggira nei boschi deve rimanere tale per svelare invece l’orrore di un male ben più vicino. Niente di nuovo, è vero, ma tutto fatto molto, molto bene.

Il trionfatore invece, Time Lapse, è un piccolo gioiello low budget che si situa a metà strada tra le pellicole fantastiche di Roger Corman e un episodio lungo de Ai confini della realtà. Facendosi forza di una sceneggiatura semplice ma estremamente efficace, il film racconta la deriva di tre amici squattrinati alle prese con la scoperta di una macchina fotografica in grado di riprodurre il futuro. Costantemente indecisi sul come usare realmente tale macchinario, il loro rapporto cambierà gradualmente portando alla luce avidità, gelosie e frustrazioni oltre a un opprimente quesito: sono loro ad usare la macchina per modificare il proprio futuro o è la macchina stessa a condizionare il loro destino?

Trieste Science Festival

Un mix di registi poco noti che personalità affermate, come Quentin Dupieux, chi ama la comicità fuori dagli schemi probabilmente conoscerà il suo nome (e se no fa bene a vedersi la sua filmografia), che in Reality si cimenta con lo sconvolgimento dei piani di finzione e realtà, realizzando una pellicola sinceramente caotica ma dalla quale si può sempre riconoscere la costruzione paradossale dell’intreccio. Oppure Witching e bitching del maestro del grottesco Alex de le Iglesia. La sua ultima pellicola conferma il surplus esplosivo dei suoi personaggi e delle vicende catapultando un gruppo di delinquenti (capitanati da un tipo travestito da Cristo) in una comunità di streghe. La selezione raccoglie a sé differenti identità cinematografiche, da quella disimpegnata (come può essere Nymph di Milan Todorović, pellicola su una sirena assassina nel mari balcanici con un simil capitan Ackab interpretato da Franco Nero) a una più propriamente autoriale (2030 di Nghiem-Minh Nguyen-Vo, intrecci amorosi dopo un disastro causato dall’innalzamento dei mari), fino a giungere all’anteprima di una grossa produzione (Robot overlords, primo capitolo di una trilogia su robottoni provenienti da un altro mondo).

Uno degli incontri in cui si è registrato l’apice di pubblico è avvenuto durante la presentazione di Open windows in cui è intervenuta Sasha Gray, protagonista del fanta-thriller. Una specie di Finestra sul cortile ambientato all’epoca degli smartphone rivelandosi però più una prova di stile che altro. Come del resto potrebbe essere l’antologico ABC’s of death 2, pellicola realizzata da 26 registi usando come spunto narrativo una lettera a testa dell’alfabeto.

Da sottolineare infine la presenza di interessanti anteprime quali il catastrofico These final hours di Zach Hilditch (in uscita in sala da noi il 20 novembre), l’italiano Index zero di Lorenzo Sportiello (vincitore della sezione Spazio Italia) e due pellicole che escono un po’ dai confini del cinema fantastico (se confini possiamo chiamarli dopo aver visto l’eterogeneità di generi cui esso contiene). Is the man who is tall happy?, in cui Michel Gondry trasforma la sua intervista con Noam Chomsky in un particolarissimo film d’animazione lasciando che siano le sole parole a mantenerci ancorati alla stanza, e la proiezione-evento di Hard to be a God, opera postuma di Aleksei Guerman.

di Massimo Padoin per Oggialcinema.net


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