di Marina Angelo
A rubare il fare italiano sono stati in molti. Lo hanno detto al bar e non solo. C’è chi ne ha approfittato, chi ne ha abusato, chi l’ha sottovalutato mentre qualcun altro lo sopravvalutava e c’è chi, facendo i bagagli, ha esportato pezzi di economia altrove. Oggi l’Italia è una Repubblica che sogna il lavoro. Lo stesso, o magari meglio, rispetto a quello che prima la caratterizzava.
Oggi l’Italia è fatta di italiani disoccupati e colpevoli di non aver pensato a questa possibilità (la mancanza del lavoro e la sua perdita) o preparato lo schema “b”, l’alternativa. E lo Stato, di diritto e di fatto, che rappresenta questa penisola a forma di stivale (quasi come a voler dare un calcio al mondo intero), ha solo la parvenza di essere indaffarato a risolvere il problema.
Sembra infatti essere solo occupato a trovare i colpevoli dell’evasione ed il solito reo –più o meno confesso- a cui addossare tutta la colpa sfuggendo palesemente dalle proprie. Si, perché in fondo in fondo, a stimolare il mercato nero, a sviluppare il popolo degli evasori, a creare le forme di lavoro atipico ed anemico è stato lo stesso Stato, quello cioè che non ha nè imposto nè formulato leggi, a favore –e non contro- il lavoratore.
Quello che non l’ha tutelato fino ad oggi e che si inalbera per questa sconcertante e sconfortante situazione.
Dalle case si vede uscire gente che hanno smesso di credere, sognare, sperare. Gente dagli occhi spenti che si dirige come automa al posto di lavoro (che sa di dover tenere ad ogni costo perché adesso, magari, ha una bocca in più da sfamare), o alla sua disperata ricerca.
Si, perché se l’America ci ha insegnato che cambiare vuol dire crescere e migliorare, in Italia ci hanno imposto che cambiare è la soluzione per chi un lavoro non se lo ritrova più e non per scelta. Ma l’Italia insegna da sempre, anche, che c’è chi scalda poltrone e scrivania a discapito di molti utenti e dei pochi colleghi che si trovano a dover fare il triplo lavoro in silenzio. Il risultato?
Una triste classe che apparteneva ai colletti bianchi ormai sporchi- e non di sudore- ed immuni a qualsiasi tipo di candeggio che si organizza-male- per sistemare l’irreparabile ed offrire un servizio scadente. Il risultato è che adesso dicono che non bisogna studiare, meglio sviluppare una classe ignorante e facile da poter controllare piuttosto che una con la quale dialogare. Il risultato è che gli italiani sempre più stanchi non riescono ad organizzare idee ed energie per effettuare un cambiamento, quello che dovrebbero.
Il risultato è che provano a farsi piacere ciò per cui non sono tagliati ed a mangiare una minestra mille volte scaldata che, con il caldo poi si sa, è assai sgradevole al palato sopraffino al quale, di diritto, sono stati educati. Questione di gusti? No, questione di necessità. Ma solo degli italiani figli di nessuno, quelli che non meritano nemmeno il classico “le faremo sapere”.
Oggi più che mai, quei figli di nessuno avrebbero voluto essere il super Mario che ieri ha dato un calcio non soltanto ad un pallone
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