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In teoria quando pensi alla fantascienza pensi al magnifico spettacolo dello Spazio infinito, alle luci abbaglianti delle stelle, al ghiaccio, al fuoco e agli anelli dei pianeti, alla velocità supersonica, alle navicelle spaziali, all'assenza di gravità che rende i corpi come bolle di sapone che fluttuano disordinate, alle esplosioni, a uno spettacolo che non ha eguali.
Poi però ti accorgi che in quello spettacolo lassù il cinema ha cercato spesso di parlare dei problemi che ci struggono quaggiù, dove esiste il mare e le montagne, dove le cose cadono per terra, dove il tempo avanza sempre allo stesso modo e dove le velocità, anche se ci sono treni giapponesi che provano a farti credere il contrario, sono comunque velocità a noi comprensibili.
E allora Kubrick prova a trovare lassù l'origine della vita e il senso della stessa, Moon la scoperta della propria identità, Gravity la lotta disperata per quella cosa così unica che è la vita, Another Earth un altro sè stesso che cancelli gli errori dell'originale.
E Interstellar che cerca lassù?
"Ho capito chi sono quegli esseri. Siamo noi"
Ecco cosa cerca Interstellar, quello che prova a capire, se noi, l'Uomo, siamo la cosa più grande che esiste, se quello che proviamo, alla fine, può essere il Grande Motore che fa andare avanti tutto.
Nolan, tra i registi che hanno i mezzi per rendere spettacolari le proprie ambizioni è il regista più ambizioso che esiste.
Probabilmente ci sono dei grandissimi registi che coltivano le stesse ambizioni senza avere nemmeno 1/100 delle sue possibilità, dei registi sconosciuti, delle opere sconosciute dove, sempre se possibile, possiamo rintracciare risposte a tante domande che ci poniamo ogni secondo.
Ma sapete una cosa? Credo che sia più difficile per Nolan perseguire questi obbiettivi che per i "piccoli" registi.
Sarai sempre osteggiato, sarai sempre mainstream, tutti crederanno che lo spettacolo che offri sia la prima istanza che ricerchi o qualcosa che giocoforza svilisce il contenuto.
Sono posizioni legittime, che hanno la stessa importanza di qualsiasi altra. Sempre però che siano genuine e non dettate da esecrabili mode distruttive, esecrabili del resto come quelle che invece portano ad esaltare a prescindere qualcosa.
Il segreto di Interstellar è nel mostrare come qualsiasi sentimento umano, dal più abietto al più grande, possa essere più forte, o forse è più giusto dire importante, di ogni altra cosa, anche del destino stesso dell'umanità.
E ce lo (di)mostra più volte.
Con l'amore di Cooper per la sua famiglia che lo porta a prendere tutte decisioni affrettate e "personali" perchè sa che il Tempo, lassù, è relativo, e ogni minuto passato nello Spazio sono mesi ed anni che perde dei suoi figli.
O con Amelia che per decidere su quale Pianeta andare si lascia guidare dal cuore, perchè l'amore, dice, è l'unico sentimento che supera lo spazio tempo, che puoi amare anche chi è morto, che probabilmente in qualche dimensione, la quarta o la quinta, lo si può addirittura vedere, toccare.
O con il Dr Mann che mette la propria sopravvivenza e la possibilità di essere trovato davanti al suo lavoro, davanti alla sua missione, davanti alla possibilità di salvare l'umanità.
Tutti scienziati, tutti uomini di formule e teorie, tutti missionari della scienza che dovrebbero provare a salvare i loro simili, eppure tutti, alla fine, semplici uomini che non riescono ad arginare i propri sentimenti.
L'umanità ha una data di scadenza, le piante muoiono, la terra, sia quella con lettera iniziale minuscola che quella con la maiuscola, sembra che stia iniziando a ribellarsi e a non volerci più.
Ci sono solo due opzioni.
Una è trovare un pianeta abitabile in una galassia parallela e alternativa alla nostra dove adesso possiamo accedere attraverso un portale.
Creatosi perchè qualcuno, qualche essere superiore, sembra in qualche modo volerci salvare.
L'altra è rassegnarsi per noi ma provare comunque a creare nuova vita altrove, attraverso degli ovuli che poi diverranno uomini nuovi.
Interstellar non è solo pretenzioso filosoficamente (l'ultima mezz'ora) ma per buone due ore lo è soprattutto scientificamente, visto che si allontana pochissimo da solide quanto assurde teorie scientifiche, talmente spiegate nel dettaglio da rendere più di una volta molto difficoltosa la comprensione.
La prima parte si svolge tutta sulla Terra. Ero convinto potesse essere la parte più bella e importante per me, e invece tutto il segreto e la bellezza del film sta lassù, dove andiamo dopo più di un'ora.
Visivamente bellissimo (come budget e capacità registiche e visive di Nolan lasciavano presagire) con delle sequenze davvero intensissime aiutate da una colonna sonora maestosa e imponente (come già fu con Inception), Interstellar è, anche, puro spettacolo visivo.
La prima scena in questo senso notevole, credo, è la partenza da casa di Cooper, con quel conto alla rovescia che lo accompagna in automobile. Anche se sempre con la stessa automobile avevamo già goduto all'inizio con quell'incredibile "fuga" attraverso il campo di grano.
Poi siamo nello Spazio.
E lì Nolan ci delizia con un'altra delle sue destrutturazioni, con un altro dei suoi labirinti e dei suoi rompicapi, stavolta basato sulla relatività del tempo.
Restiamo affascinati da quelle teorie, dal pensare a quel padre lassù che mentre vive poche ore sa che i suoi figli stanno vivendo anni e anni della loro vita.
La vicenda ci prende, il destino degli astronauti e con loro dell'Umanità è in bilico. Ma anche se, come scritto sopra, i sentimenti personali prevalgono su tutto, Interstellar resta comunque un fantastico film di fanta-scienza, con tanta scienza dentro.
Poi l'ultima mezz'ora, che so già diventerà boccone troppo ghiotto per i demolitori Nolaniani, diventa qualcosa di straordinario.
Prima i due incredibili, adrenalinici "attracchi", quello fallito dal Dr Mann e poi quello disperato di Cooper, poi il sacrificio dello stesso e la caduta finale, probabilmente senza speranza, nell'oscurità del buco nero (fantastico che là dentro Cooper provi a raccontare a Brand cosa vede, come uno che sta vedendo l'aldilà e vuole testimoniarlo agli altri).
E lì c'è tutto Interstellar.
In quel buco nero.
Quegli esseri eravamo noi.
Quelle creature superiori che hanno costruito il portale per salvare l'umanità, che hanno scoperto la quarta e la quinta dimensione, che sono andati fin lassù e si sono evoluti eravamo noi.
Noi che volevamo salvare noi stessi.
Anzi, che ci eravamo già salvati ed evoluti.
Ed io Cooper era forse il Noè dello spazio.
E quella libreria (che ricorda tanto Borges) diventa tramite tra noi del futuro e noi del passato, in un collasso temporale diventa noi che diciamo a noi stessi come arrivare lassù, come farcela.
Attraverso un padre e una figlia che possono capire quei segni, che possono dominare la scienza.
E il fantasma di cui lei da bambina parlava a lui era lui stesso.
E la sensazione che la mente umana (perchè anche la mente e lo studio in Interstellar hanno il loro valore, anzi, sono imprescindibili) e i suoi sentimenti possano essere una cosa talmente grande da potergli permettere tutto.
E i libri che cadevano perchè senza la possibilità di parola solo la gravità poteva essere linguaggio, magnifico.
E quel ricongiungimento finale di un padre enormemente più giovane della propria figlia (come nell'indimenticabile scena sulla neve in Biutiful, ma se lì era metafora e sogno qui è reale, magia o dannazione creata dal tempo)
Mi sono perso, ho sognato, ho pensato di essere davanti a qualcosa che per quanto assurda, per quanto inverosimile, per quanto scientificamente impossibile, era una cosa di cui avevo bisogno.
Credere che noi non siamo una piccolissima parte dell'Universo.
Ma che l'Universo sia una piccolissima parte di noi.
( non metto più voti ma sarebbe una cosa vicina a un numero a due cifre)
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