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Al Cinema: recensione "Quasi Amici"

Creato il 29 febbraio 2012 da Giuseppe Armellini
"Io il culo non glielo svuoto" tuona Driss, un omone nero di 1,90, disoccupato delinquentello trovatosi catapultato d'amblè dalle strettezze e sporcizia della banlieu alllo sfarzo e alla pulizia di un villone aristocratico. Quel culo, tanto per essere chiari, è di Philippe, il padrone di quel villone, un uomo che ha tutto ma non ha niente, che preferirebbe perdere tutte le ricchezze che possiede in cambio di un corpo sano. Già, perchè Philippe è tetraplegico e non sente nulla dal collo in giù. Driss e Philippe sono tutto l'opposto, bianco e nero, sano e malato, alto e basso, sboccato e raffinato, povero e ricco, delinquente e persona tutta d'un pezzo, ma queste differenze non contano nulla quando si crea quella particolare chimica. Driss è un puro, uno che non ha sovrastrutture, uno che non ragiona, uno che agisce d'istinto (andatelo a chiedere al vicino di casa), uno che dice quello che pensa e non pensa quello che dice. Per questo l'ha scelto Philippe, perchè non ha bisogno di compassione e di qualcuno che lo comprenda ma di qualcuno che lo faccia vivere, che lo pigli per il sedere anche senza svuotarglielo, che lo faccia ridere ed uscire da quella prigione che non è soltanto il suo corpo ma anche tutto quello che gli sta intorno, di qualcuno che lo faccia andare più veloce, a costo di modificare il motore della carrozzina. Perchè l'umorismo è il sale della vita ed anche se quello di Driss è di grana grossa poco male. E di umorismo ce n'è tanto in questo capolavoro, qualsiasi lato tragico è schermato dalla leggerezza, dalla semplicità, dall'ironia. E il culo svuotato, tanto per tornare sempre sullo stesso punto, è protagonista di una gag di straordinaria vis comica, così potente da far dimenticare completamente la tragedia che tale espressione nasconde. C'è una grazia inusuale che aleggia nella pellicola, sarà l'immensa colonna sonora (curata da Ludovico Einaudi), saranno le straordinarie interpretazioni dei due protagonisti (con un Cluzet- appena visto dal sottoscritto nel bellissimo Non dirlo a nessuno- impressionante), sarà la capacità di creare situazioni comiche come dio comanda tipo il ragazzino che torna a portare le brioches col la molletta nei capelli o il thè bollente versato nelle gambe, sarà la capacità dissacrante che investe tutto, dall'Arte (con il quadro di Driss venduto a 11.000 euro) all' Opera ( spettacolare Driss "ma è un albero che canta! voi siete tutti impazziti..."), dall' Handicap (praticamente tutto il film) alla Musica Classica, sarà quello che volete ma è raro provare una piacevolezza così nel seguire un film.
Quando poi nelle scene precedenti il meraviglioso finale- che sarà pure telefonato ma non ce ne frega niente- (come quando da giovani innamorati squillava finalmente quel telefono, e per quanto potevamo aspettarcelo l'emozione era intatta), dicevo nelle scene precedenti ho avuto una visione. In Philippe rimasto con quei baffetti non ho visto il Fuhrer, ma chi il Fuhrer l'ha sbeffeggiato. Sono convinto che a lui sto film sarebbe piaciuto, che l'avrebbe voluto interpretare, perchè nessuno più di lui ci ha raccontato la tragedia e la gioia con la stessa grazia. Avrebbe posato bastone e bombetta in terra e si sarebbe messo su quella carrozzina, vecchio Verdoux riuscito finalmente a fregare la vedova giusta ma ad un prezzo troppo alto. E magari a spingere quella carrozzina poteva esserci Buster, pronto lì a prenderlo in giro e trattarlo male ma incapace questa volta, l'unica nella sua vita, di trattenere quel sorriso che mai ci ha mostrato quando finalmente avrebbe visto Charles incontrare la donna che amava.
Ma non è comunque qua l'anima di Quasi Amici.
E' in quel volo in parapendio.
E non solo perchè Philippe torna nel luogo del delitto, non solo perchè cerca di trarre linfa vitale in una cosa che la vita gliel'ha distrutta, non solo perchè è una liberatoria elaborazione di un lutto che, ahimè, non sarà mai del tutto elaborato ma lo accompagnerà fino alla fine.
No, perchè è la reificazione massima del volere è potere.
Perchè quel volo, magari sulle note indimenticabili di un Nessun Dorma, qualcuno l'aveva già fatto prima, ma un conto è sognarlo, un altro farlo davvero. Perchè se le sensazioni possono essere le stesse, anzi, forse addirittura amplificate dal sogno, poi però quando ti svegli è tutto diverso. Hai visto le stesse cose, hai sentito l'aria sbatterti sulla faccia allo stesso modo, ma non hai gli occhi diversi da prima, non hai la pelle arrossata da piccole punture di felicità.
E Philippe ha dimostrato che quel mare dentro può esserlo anche fuori.
E che non sempre ci sono lo scafandro e la farfalla.
Ma che lo scafandro può essere una farfalla.
( voto 9 )

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