Per una volta un bel grazie a Dario di Vico che sul Corriere ci spiega in linguaggio semplice e piano che la cagata delle quote latte, fortemente voluta dalla Lega per favorire circa 2.500 allevatori/evasori ci è già costata circa 4 miliardi e ce ne andrà a costare un altro (complessivamente un quinto della manovra economica), ma che il PDL, preoccupatissimo di non irritare il “potente alleato” (cioè l’unico) fa di tutto per far passare sotto silenzio la questione, unica eccezione il “povero” Galan (decisamente il ministro più spernacchiato dell’attuale compagine di governo) che minaccia di rimettere le deleghe. Lui viene ascoltato (e sostenuto) solo dalla Coldiretti, che pure di agricoltori ne gestisce almeno un milione e mezzo, non 2.500. Possibile che il PDL, mentre già rullano i tamburi elettorali in lontananza, non ne tenga conto? Che una simile organizzazione che da sempre aggrega e gestisce consensi moderati venga bellamente ignorata? E che la solita sinistra non se ne accorga nemmeno e non offra una sponda agli agricoltori del nord che in questo momento NON sono pro Lega?
Nel paese c’è decisamente un clima strano, non si capisce più quali siano gli schieramenti veri e le prospettive.
Certo, Tito Boeri su Repubblica nel frattempo ci spiega cosa contiene presumibilmente la manovra blindatissima che il parlamento si appresta a varare. Presumibilmente perché che cosa conterrà alla fine il maxi emendamento governativo (600 variazioni al testo di legge) non lo ha ancor capito bene nessuno: si sa solo che se il parlamento, con voto bulgaro, non dice “sì”, il governo va a casa. E si sa (grazie Boeri) che comunque quei 25 miliarducci di tagli rappresentano rispetto al nostro Pil circa la metà dell’impatto della manovra francese, un quinto di quella portoghese e un decimo di quella irlandese, e questo da già da pensare. Che ancora più da pensare dà il fatto che nella manovra non c’è un centesimo per lo sviluppo e la ripresa e (aggiungiamo noi) che continuino a essere intoccate le rendite finanziarie, consolidando i soliti trattamenti dispari per chi vive di rendita rispetto a chi lavora. Sulle pensioni le dichiarazioni di Tremonti lasciano intendere che la stretta sarà più pesante del preventivato (d’ora in poi in pensione solo con 40 anni di versamenti: ohibò, così si smantella l’unico strumento di welfare esistente mentre ancora non siamo usciti dalla crisi del lavoro, ma NON si aboliscono le pensioni di anzianità che continueranno a premiare chi ha versamenti formalmente ripartiti su più anni, non chi ha pagato di più). Ma di sicuro la certezza più certa è che ci sarà una botta di scure tremenda sugli enti locali, alla faccia del federalismo (o devolution o sussidiarietà, come dicevo l’altro giorno la questione è in evoluzione soprattutto dal punto di vista linguistico) di facciata. E le Regioni che minacciano la rivolta? E i Governatori, anche di centro destra, a cominciare dal lombardo Formigoni che hanno minacciato di rimettere le deleghe? Sarà un caso che lo stesso Formigoni sia stato tirato in ballo con eccezionale tempismo nell’inchiesta sulla n’drangheta in Lombardia (che se fosse passata la legge bavaglio, col fischio che avremmo mai visto e saputo)? E che nella stessa inchiesta sia finito uno dei pilastri del potere formigoniano come il responsabile dell’ASL di Pavia con l’ospedale San Matteo, uno die sempre citati “centri di eccellenza” della sanità lombarda?
Ad ogni modo potrebbe essere divertente pensare a un Formigoni fuori dal PDL che nelle prossime (e ormai molto probabili) elezioni 2011 spingesse i voti lombardi di CL verso altri lidi… La sinistra? Non scherziamo. Magari l’Udc…
Comunque il gioco delle alleanze sembra sempre più complesso e in movimento. Da registrare anche un’evidente voglia di Berlusconi di dare un taglio, o almeno differenziarsi, dai vecchi alleati piduisti che rischiano di impiombargli le ali nei sondaggi: Chicchitto, ma anche Bondi, Schifani e altri ultralealisti del partito sentono la cadrega che schricchiola, non solo il semidimissionario Cosentino (non più sottosegretario all’Economia, ma sempre coordinatore del partito in Campania) e il piccione di gesso Verdini, al posto del quale si vorrebbe insistentemente la Gelmini come coordinatrice unica…
Ma può il Cav. fare a meno dei suoi fedelissimi antigiacobini e antigiustizialisti? Come nota Massimo Gramellini sulla Stampa di oggi, in una nota fulminante (Core n’grato) comunque, non pecca certo di eccesso di gratitudine definendo “pensionati rincoglioniti” alcuni dei suoi sostenitori storici essenziali (ma forse oggi un po’ troppo ingombranti) come Marcello Dell’Utri…