Qui è dove le sorprese non finiscono mai! non posso che parlare del Triennale Design Museum di Milano e questa volta ad attrarmi è una mostra dal titolo emblematico: Animalità. Fino al 22 febbraio rimarrà allestita una nuova tappa che riapre la strada a un percorso iniziato oltre dieci anni fa e che ha voluto esplorare con il ciclo di rassegne Le parole e le cose, il rapporto tra nomi e design. Procediamo con ordine era il 2002 e apriva i battenti Non sono una signora. Una vera esplorazione attraverso nomi di donna attribuiti a quegli oggetti entrati a far parte della vita quotidiana. Sempre nello stesso anno, con Animal House l’indagine continua attraverso creazioni con nomi e forme di animali, per concludersi con Il mondo in una stanza, una vera e propria mappatura di oggetti iconici intitolati a luoghi sparsi per il pianeta.
Oggi questa ricerca si amplia e si arricchisce con Animalità. Curata da Silvana Annichiarico, questa rassegna gioca sulla contrapposizione tra la spiritualità dell’uomo e il mondo animale. Nomi evocativi e forme che ne simulano pose e movimenti, rappresentati lungo una serie di opere realizzate per l’occasione da una squadra di eccellenze nel design, messe in campo in collaborazione con Bosa, laboratorio ceramico bassanese conosciuto in tutto il mondo per le sue antiche tecniche di lavorazione artigianale.
Un nuovo spunto di riflessione sulla reintroduzione dell’animalità fisica e oggettuale nell’ambiente domestico attraverso protesi affettive che evocano naturalità e la custodiscono gelosamente tra linee e forme. 10 i designer e gli studi invitati a creare una collezione esclusiva di oggetti in ceramica dalle evidenti caratteristiche apotropaiche, ludiche e animiste interpretate in senso letterale o in chiave metaforica, in alcuni casi addirittura fantastica. Rigorosamente in ordine alfabetico iniziamo da Sam Baron. Lui il tema l’ha già affrontato in passato ma per l’occasione si pone a un livello più spirituale. Tre i pezzi da lui progettati, tra mitologia e ricordi personali, Toro, Unicorno e Ariete possono avere molteplici funzionalità come vasi o come contenitori.
Matteo Cibic è fortemente ispirato dagli animali che popolano il paradiso terrestre. Tolo, Pilo e Calo riproducono in scala le stesse creature ciclopiche che abitano l’eden zoomorfo. Cani dalle zampe palmate, draghi con piedi umani e uccelli bifronti, personaggi art-freak, oggetti ornamentali, ottima compagnia per l’abitare. Stine Gam e Enrico Fratesi scelgono l’elefante. Forte, simbolo di buona fortuna ma anche servizievole, non dimentichiamo il suo impiego nella storia come animale da trasporto o protagonista di funzioni circensi e belliche. Non è un animale domestico ma è da sempre accanto all’uomo. Le sue caratteristiche tipiche, gambe massive e corpo arrotondato modellano le forme di Howdah un tavolo che ripropone l’effetto visivo della sua pelle grazie ad un pattern grafico.
Tocca a Jayme Hayon e alla sua inesauribile fantasia. Forme immaginifiche che fondono armonicamente sagome di animali diversi, interpretati da una prospettiva del tutto personale e sorprendente. Duck Elefant Multivase vuole essere un oggetto artistico nonostante la sua evidente vocazione di vaso porta fiori. All’appello risponde anche Sebastian Herker e sceglie gli ambasciatori dei tre elementi terra, acqua e aria. Beetle, Fish e Bird sottolineano l’assenza della natura nel quotidiano di ognuno di noi, ricordandoci le responsabilità che dobbiamo assumere nei confronti dell’ambiente, delle risorse e di chi popola la terra. Design essenziale e particolari superfici si adattano perfettamente al palmo della mano come pietre antistress.
Interessanti le Mimesi urbane di Lanzavecchia+Wai, il mondo cambia, le città crescono a dismisura, le identità mutano. E gli animali? Loro hanno imparato a sopravvivere generando nuove specie urbane equipaggiante dalla natura stessa con reti di recinzione e graffiti. Piccole sculture da parete, visoioni di un’infanzia disneyana, gentili ospiti che si introducono furtivamente all’interno dell’intimità di una dimora. Lo studio Minale-Maeda approccia il tema con una riflessione sui comportamenti collettivi. L’anima non è prerogativa dell’essere umano ma di tutte le cose, oggetti inclusi. Anche io la penso così provando spesso quella sensazione di responsabilità nei loro confronti. I Totem tech inducono a una riflessione sui comportamenti tra individui portando il loro valore ben oltre la funzionalità e l’utilità.
Elena Salmistraro osserva l’armadillo, le sue abitudini notturne e sotterranee e la sua corazza difensiva. Proprio per queste caratteristiche i nativi americani lo consideravano animale guida in grado di infondere sicurezza nell’animo. Loricato è il contenitore della memoria, ricorda quando tra l’uomo e l’animale esistevano strette relazioni, quelle che oggi sono ridotte ai minimi termini a causa della frequente scelta di vivere in grandi agglomerati urbani. Ionna Vautrin studia invece le differenze del piumaggio e dei becco di un’anatra, di un tucano e di un gabbiano. Piccole sculture che sembrano pronte a spiegare le ali in una voliera domestica.
Concludo questo intrigante viaggio con la Z di Zupanc. Oh, baby, it is a wild world è una storia di altri tempi. Prende spunto dalle bambole in plastica, icone di un’epoca che scruta attentamente per mutuarle strizzando l’occhio s un’aggiornata cultura pop. Ammicca al passato con un design inaspettato. Può essere una rockstar, un supereroe ma soprattutto un contenitore emotivo che racchiude i nostri ricordi migliori.
Ci rivediamo la settimana prossima con un nuovo racconto di Funk Design.