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Alabama Monroe, ma non è una recensione.
Creato il 13 maggio 2014 da Valentina Orsini @Valent1naOrs1n1Avevo promesso a me stessa che mai avrei ceduto all'istinto, almeno non nel momento in cui so che sto per mettermi a scrivere, non esageratamente, non così.
Ho aspettato che passasse tutta la notte, ci ho dormito sopra, non ci ho voluto più pensare. Ho chiuso gli occhi dicendomi che, "domani", avrei avuto tutto più chiaro, in ordine.
Ma quale ordine? Ma cosa vuoi chiarire ancora?La verità (volete la verità?) è che a volte tutto diventa inutile, miseramente superfluo, tranquillamente evitabile. Ecco, ci sono momenti in cui, che tu scriva o meno, alla gente non importa. Non importa nemmeno a te stesso, ma tu non puoi farne a meno. E sai che nonostante ti farà schifo chi sei in quel preciso momento, nonostante le parole non ti verranno fuori disciplinate, corrette, pacate, sensate, tu non ti tiri indietro. Lo fai. Senza accendere il cervello, senza badare al fatto che, non averlo fatto (ecco, tipo adesso), implicherebbe un qualcosa di scomposto, di brutalmente primordiale. Come un grido nel silenzio, come la voglia di rompere per un istante ogni schema, ogni prassi.
Ho sempre creduto nella mia facoltà critica di vivere distaccata, per mia decisione, per rispondere alla mia libertà di essere umano che sceglie il cinema come un'alternativa. L'alternativa per eccellenza. Distaccarsi aiuta a capire meglio alcune sfumature proprie dell'Arte, della bellezza, del mondo circostante. Capirebbe ciò che sto dicendo Bertolt Brecht, colui che diede allo spettatore la possibilità di vivere in maniera critica ciò che vede.
Cosa c'entra tutto questo popo' di roba con Alabama Monroe?C'entra, perché io oggi non sono né un critico né una spettatrice in grado di valutare un film in maniera distaccata, mi manca il punto di vista neutrale, l'essere imparziale. Se il cinema oggi mi ha messo al tappeto, è con buone probabilità legato al fatto che sia un soggetto facilmente suscettibile di fronte a certe storie. Sono una mamma. (Cristo Santissimo, sono una mamma, ma anche se non lo fossi stata avrebbe cambiato qualcosa?).
Odio le strategie mediatiche, odio tutto ciò che arrivi a speculare sul dolore, a schiaffarti in faccia il male fisico che spacca le ossa e l'anima. Odio chi ne approfitta per richiamare commozione, lacrime facili. Odio chi imbocca la via più spianata, quella che per esempio non risparmia la retorica del dolore. Se parliamo di bambini poi tutto si amplia, tutto assume sembianze abnormi, mostruose. Ma non è colpa del cinema. Questa è la vita, e io lo so. Ma oggi non ci sto.
Film come Alabama Monroe non dovrebbero esistere. Perché ti fanno odiare lo schermo, la vita, il mondo tutto. Ti fanno vomitare l'anima sopra ogni cosa, sopra il tuo voler essere un critico, uno che rimane per indole e autodifesa, distaccato. E se non ci riesci cessi di esistere. Non ha alcun senso chi sei, che fai, come lo fai e perché. Io mi rifiuto. Rifiuto il mondo, rifiuto il cinema oggi, rifiuto le lacrime che non ho saputo versare. Le stesse che mi stanno scavando da ore un solco che non so riempire. Fanculo il cinema. Mi devasti. Ti odio. Oggi ti odio.
E comunque sì, La guerra è dichiarata credo abbia trovato la giusta via, il modo non convenzionale di trattare il dolore. Altro film, stessa storia, stesso dolore. Ma un altro film...
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