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Alessandra Paganardi: note di lettura di Luigi Cannone

Da Narcyso
5 marzo 2014

Alessandra Paganardi, LA PAZIENZA DELL’INVERNO, puntoacapo 2013
note di lettura di Luigi Cannone

paganardi

Nei testi di Alessandra Paganardi percepisco un reale lavoro sotterraneo, un’anima ( in qualunque modo la parole la si voglia intendere) sbattuta dai flutti della vita, ma viva, sensibile, vitale.
Un’anima che frana davanti al fragore del vivere, alla sua assurdità e meccanicità, ma nello stesso tempo è in grado di sentire una traccia vera, una verità che esiste a prescindere, una fiammella divina. Ciò porta da un lato ad una malinconia che traccia tutta l’opera, una malinconia estrema, un senso di prigionia; nello stesso tempo un senso di gioia profonda invade a tratti le righe, una gioia che crolla nel vuoto.
Il senso verrà ma sarà per un attimo solo e quest’attimo è il luogo di tutto, il reale che ci consente di passare l’inverno….

“Scrivo, ma non mi sento tra le mani
L’inafferrabile. Scrivo che neppure
Un sasso è saldo ed è sicuro nella
Sua forma, che soltanto
La traccia è vera ma non è invisibile,
è lì nascosta. Un solco
che si gonfia di terra sempre nuova
una crepa che chiama sotto i piedi………”

Ecco descritto in questi versi, il luogo dove tutto crolla, dove tutto affonda e si fa quiete, luce; che ci continua a chiamare a nostra insaputa.

“C’è un posto dentro me
Dove affondano tutte le parole.
E’ un posto liscio come tavolette
Non scritte, tondo come la colonna
Dove incollavo decalcomanie
E ne aggiungevo un’altra un po’ più in alto
Quando sentivo che ero cresciuto.
In questo posto caldo le parole
Sono subito cose
Mi parlano con la luce spenta.
Il rosso è proprio rosso
Non so se è bello, però fa il rumore
Della maestra quando ci zittiva.
Il nero è liscio e fresco
Come il lenzuolo del primo sonno
Quando pare che il mondo scappi via.
Sono il padrone di una grande casa
Dove le cose nascono da sole
Soltanto per dirle.
Non saprà nessuno
Che il mio buio è la madre del mondo.”

E poi lo struggimento di vivere in un’illusione, il disagio insostenibile di una realtà che ci sfugge, a cui non siamo presenti.

“ ….. forse vivo in un sogno
Quello che non sai mai se ti risveglia
O se ti fa dormire.
Vorresti che l’inizio fosse chiaro
Come un vecchio orologio alla stazione
Ma soltanto la pazienza del mare
Sa quanto è irreparabile il mattino….”

Ma Alessandra Paganardi riconosce e sa che…

“ ….Non sarà mai com’era
Quell’istante di pura inesistenza
Quello stare sospeso sulla vita
Come se fosse tua.
Per questo ci piacevano i palloni
Erano abbracci sfiorati e dispersi
In un attimo di mani.”

Poesia di strappi, di graffi di disperazione, di nitidi momenti.


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