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Alessandro VETULI – Dieci poesie

Creato il 09 ottobre 2011 da Fabry2010

Alessandro VETULI – Dieci poesie

Se c’è un amore che desidero
È quello della pietra.
L’ inguine di scogli
Con la sua cavità genitale ,
il corpo robusto del nulla.

Se c’è una sensazione che desidero
È quella della nudità.
Dove i tendini del sole si spezzano ,
la censura dei falsi sentimenti crolla
e l’intimità è libera dalle fasce della poesia.

Se c’è una musica che voglio ,
è quella del sandalo dell’eremita
O del piede nudo che affonda nella sabbia;
l’arpa millenaria di muschio
Con le sue corde aderenti alla roccia.

Se c’è uno sguardo che riesco ancora a sostenere
È quello di una ragazza che dorme ,
o quello d’una pozza d’acqua
che acquieta il mio.

Da Come la pietra e il vento (Fermenti 2011)

*

Il silenzio è la miglior poesia
Che sia stata mai scritta

È il verso universale
Scritto dagli eremiti del cielo ,
nel giorno in cui tutti parlavano troppo
senza saper veramente parlare.

Una dislessia cosmica ,
una costante ferita sulla lingua
Che i poeti si sono continuati a fare

Da Come la pietra e il vento (Fermenti 2011)

*

Agonizzante nella tua ruota di tortura ,
La bocca che rigetta schiuma
E l’amore ora è libero
Libero da Dio , libero dalla fede
Libero dall’impossibilità di essere amato.

Gira frantumandoti le ossa
Nella sua dentatura impietosa
Questa eco di legno ripetuto
Che s’insinua dentro di te
E nei tuoi sentimenti
Sprangandoti i versi

Poeta , tu vortichi con i tendini spezzati
Che sembrano fibre in tempesta
Laddove cercavi solo il soffio dei mulini a vento ,
E vedevi l’immagine di un paio di occhi verdi
Che piangendo ti dicevano
Che chi è sensibile non può sempre perdere…

Ma hai revocato la vittoria
Perché la tua è una sofferenza fertile
È un seme che hai seppellito nella corteccia umana
E che ora è un pioppo in fiamme
Una combustione straziante ,
Che brucia l’eternità nelle foglie
E le fa cadere ai piedi della tua penna.

Da Come la pietra e il vento (Fermenti 2011)

*

La grotta di San Bernardo Tolomei

Uno sciabordare d’acqua
Lava panni di roccia
Lasciati a riva vicino un torrente ,
l’umiltà si è spogliata qui
e se n’è andata.

Il silenzio composto d’un benedettino
Che cerca fiori di lavanda
Non riesce a rompere
La leggerezza d’una foglia che cade
Sul viso d’un uomo che piange
E gli benda la parte sinistra del viso
Quasi fosse cieco da un occhio

Dietro la fitta trincea di cipressi
L’antica grotta dell’eremita
Che morì per amore
E le sue mani restituite alla terra
Che scavarono nel tufo
Il riparo di questa circolare preghiera.

La sua bocca secca ,
creta sbriciolata dal rifiuto degli uomini
Il suo corpo ,
molliche di solitudine
Liberate da un pugno di luce
Di cui ora si nutrono gli uccelli
Che beccano ripetutamente
Nel palmo del perdono.

Da Come la pietra e il vento (Fermenti 2011)

*

I muscoli degli ulivi
Si contraevano sui tronchi allacciati
Sollevando vene incrostate
Come quelle di un Dio arrugginito

Dove il suo corpo era una spremitura di cose votate alla fine
Ora il suo sangue è olio che scorre in silenzio
In giare di carne ,
Esseri umani che hanno perso la capacità d’ascoltare

Da Come la pietra e il vento (Fermenti 2011)

*

Dove il vento scava

Il vento scava
Dove non ci sono più mani ,
Il mare erode
L’antichità di volti che si conoscevano
E apre smagliature su rocce arse dal sale ,
Segno che la gioia c’è stata.

Dove non ci sono più lacrime
C’è questo scrivere e questo dover dire
Un linguaggio salato in cui bruciano
Tatto e memoria ,
La mano che percorreva il corpo nudo
Ha perso sensibilità
La donna distesa
Non ricorda più chi fosse stato a toccarla

Dove non c’è più voce
Il silenzio ha lasciato una spiaggia spianata
Case disabitate , rovine , bambini che chiamano
Spighe che oscillano

Grano abbandonato sui campi
Poesie abbandonate nei corpi.

Da Come la pietra e il vento (Fermenti 2011)

*

L’immagine di Dylan Thomas

Diciotto bicchieri di Wiskey non bastano
A stroncare un cuore che ha la capienza del vento.

Il volo dei gabbiani
Sulla casa vicino al mare
È lo slancio d’un incubo
E amare è il suo prendere quota

Quando il collo si gonfia e si contrae
Pronto ad espellere il vomito o l’inchiostro
Sul pavimento o sul foglio ,
la mano tesa del prossimo poeta
è sempre pronta a baciare il tuo sudore freddo
o la fronte ardente d’un verso
scritto in una corsia d’ospedale.

La tua toppa di mare si è scucita
Nel vestito dell’orizzonte
E ora la marea del sentire
Penetra liberamente il tuo corpo
Annegando ogni cosa

Come premendoti la testa
Sotto l’acqua pura della devozione
E della preghiera

Da Come la pietra e il vento (Fermenti 2011)

*

Ti ha violentata così tanto ormai il silenzio
Che ti ha portato via la parola
E il sillabare del corpo

Sempre più fitta la trincea di alberi morti
Piegati al voto dell’incertezza
E i rami pronti ad accecarti
Ti penetrano gli occhi in più punti
Una benda di legno fatta di linee spezzate
E nessuna mano disposta ancora a guidarti.

L’unica mano rimasta è la tua
Che scava nella terra e nel vetro
Sposta i detriti della ferita
Come nella claustrofobia di una miniera
In cui l’unica fessura che irradia sanguina
E si allarga ogni volta che taci
E si stringe ogni volta che ami.

Da Come la pietra e il vento (Fermenti 2011)

*

Trova l’origine delle ossa ,
il primo filo che genera la tela
Il primo legno conficcato nel fascio.

Trova l’origine della bruciatura ,
l’ustione divina che ha marcato il mare all’alba
Il cammino che ha solcato le fronti.

Ritrova la mano e la bussola ,
l’abbraccio e la morsa
che ti riportano a casa

Ritrova la prima costola ,
quella che generò l’Amore fino a spezzarsi
L’arco di cartilagini che scagliò la donna
Nel corpo di un uomo per la prima volta.

Riscopri il suono dell’esodo
Di tutti quelli che perdemmo lungo la strada
Quelli amati inavvertitamente ma dolcemente ,
quelli amati per sbaglio o considerati uno sbaglio

Quelli che ancora vedo crescere
Vicino ai miei piedi
In forma di erba e parole
Ai bordi dell’asfalto
O della poesia.

Inedito

*

Se è vero che ami

Se è vero che ami
Tu parlerai
Sfociando nel puro comunicare
Di quell’ “Essere umano aperto”
Di cui parlava la Trotzig.

Se è vero che ami
Scrivimi con la calligrafia dei fulmini
Che ti folgorano dall’interno
Su una pagina intatta che sia la tua pelle
Arsa solo dalla combustione marina della salsedine
E mai dalla mano ustionante di un uomo
Che abbia tradito o mentito

Se è vero che ami
Salva e sarai salvata ,
non come in un comandamento disertato
Ma come in una speranza
Cui nessuno sembra più credere

Dopo che il cuore
È stato crivellato
Da sassi scagliati con benevolenza
Sottoforma di mani strette
Che si giuravano di esserci sempre.

Se è vero che ami
Piega la volontà della neve
All’arrivo inaspettato della tua estate ,
dove gli alberi non sono spogli
ma solo messi a nudo
E la resina cola soltanto
Per la timidezza e la paura di essere indifesi , vulnerabili.

Se è vero che ami
Riprendi i resti della neve
Mutata in acqua
E lavati il viso
Con la trasformazione dei resti
In un resto più grande ,
in un amore più grande.

Inedito

*

Ciò che subito si nota nei testi di Alessandro Vetuli, ventiduenne romano, sono le immagini e le visioni originali (“L’inguine di scogli/Con la sua cavità genitale ,/il corpo robusto del nulla.; “Il suo corpo ,/molliche di solitudine/Liberate da un pugno di luce/Di cui ora si nutrono gli uccelli”; “Se è vero che ami/Scrivimi con la calligrafia dei fulmini/Che ti folgorano dall’interno/Su una pagina intatta che sia la tua pelle/Arsa solo dalla/combustione marina della salsedine/E mai dalla mano ustionante di un uomo/Che abbia tradito o mentito”) pur dentro un dettato disteso, lineare, senza quegli effetti fonici prodotti da rime, assonanze, allitterazioni; ma con uso talvolta di anàfore (Se c’è un amore …/Se c’è una sensazione…/Se c’è una musica…”;”E si allarga ogni volta che taci/E si stringe ogni volta che ami.”).
Ricorre nei testi la parola silenzio (“Il silenzio è la miglior poesia/Che sia stata mai scritta”; “Il silenzio composto d’un benedettino/Che cerca fiori di lavanda/Non riesce a rompere/La leggerezza d’una foglia che cade/Sul viso d’un uomo che piange/E gli benda la parte sinistra del viso”; “Dove non c’è più voce/Il silenzio ha lasciato una spiaggia spianata/Case disabitate , rovine , bambini che chiamano/Spighe che oscillano…”), tema con cui il poeta, ogni poeta, si confronta; e non mancano testi o versi di metapoesia, a partire dal secondo componimento (“Il silenzio è la miglior poesia/Che sia stata mai/scritta”; “Poeta , tu vortichi con i tendini spezzati/Che sembrano fibre in tempesta/Laddove cercavi solo il soffio dei mulini a vento ,”; “Dove non ci sono più lacrime/C’è questo scrivere e questo dover dire/Un linguaggio salato in cui bruciano/Tatto e memoria ,”); tracce di un percorso consapevole, di un cantiere aperto che, in tempi di inondante poesia “spontanea”, fa la differenza. gn

*

Nota bio-bibliografica

Alessandro Vetuli è nato l’11 febbraio del 1989 a Roma. Ha conseguito la maturità scientifica e attualmente studia lettere moderne presso l’Università degli studi Roma Tre. Ha iniziato a scrivere all’età di 15 anni cominciando col tenere un diario; si è avvicinato alla poesia con la lettura dei poeti maledetti Baudelaire , Verlaine ma soprattutto Rimbaud.
Ha esordito pubblicando poesie in due antologie dell’Aletti Editore , nell’antologia Cose a parole della Giulio Perrone editore ed infine nel 2009 pubblica la prima raccolta L’INVISIBILE (Boopen Editore) a cui segue la seconda nel 2010 Lo spirito e il corpo (Boopen Editore); nell’autunno 2011 la sua terza silloge Come la pietra e il vento di cui fanno parte otto di queste poesie.



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