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alessia e michela orlando: ANCORA MANUALE DEL LECCACULO-SCAMPOLI DAL LIBRO

Creato il 11 agosto 2010 da Gurufranc

IN: SEGRETI DELLA ADULAZIONE

Risvolti teorici di una arte sottile in

MANUALE DEL LECCACULO

TEORIA E STORIA DI UN'ARTE SOTTILE

IL GROOMING: STRUMENTO PER DISINNESCARE LE OSTILITÀ

SCAMPOLI DAL LIBRO

Per chi non sapesse come adulare i faraoni c'erano a disposizione dei manuali di etichetta, antesignani dei galatei medioevali. Tra i più famosi: Gli insegnamenti del visir Ptahhopet. Risale all'Antico Regno; adottato in molte scuole egizie e in molte epoche. Non diversamente da Il Cortegiano del Castiglione e come Il Principe di Machiavelli, è ricco di consigli e istruzioni sugli atteggiamenti da tenere a corte. Ecco come ci si deve comportare con i superiori:

Se sei ospite alla tavola

di uno maggiore di te,

prendi quello che elargisce come te lo presenta;

guarda ciò che ti sta davanti,

non rivolgergli molti sguardi,

se lo molesti offendi il ka.

Non parlargli finché non te lo ordina,

non si sa mai ciò che può dispiacere;

parla dopo che ti ha rivolto la parola,

allora le tue frasi saranno ben accolte…

Lui favorirà chi è nelle sue simpatie.

Per la verità da queste regole non  si dovrebbe ricavare una presunta libertà: se non si osservavano ci sarebbe stata una sanzione, ovvero il taglio della testa.

Si prosegue:

Se sei in anticamera, siedi o staziona come ti impone il

rango

che ti è stato assegnato il primo giorno.

Non andare oltre, saresti respinto…

Non malignare su nessuno,

grande o piccolo che sia, il ka lo detesta.

È tutto sommato un invito al silenzio che sembrerebbe richiamare il proverbio giapponese: mentre si parla non si impara mai.

Ovviamente l'ascolto non è cosa che serve solo ad apprendere: è un messaggio diretto all'oratore, che comprende quanta attenzione presti a ciò che sta dicendo:

Colui che ascolta è amatissimo dagli dèi,

chi è odiato dagli dèi non presta ascolto…

Imparate ad ascoltare,

sarete apprezzati dai nobili…

Chi non ascolta è inseguito dal fallimento.

Ma: La concezione egizia del linguaggio umano non era molto diversa da quella artistica: lo consideravano un'entità sacra, non un simbolo di qualcosa ma quasi la cosa in sé. La parola era la cosa, la cosa era la parola.

Sembra che gli antichi egizi possedessero un termine per indicare le "menzogne" e gli era del tutto estranea l'idea di servirsi della lingua per ingannare o raggirare. Ciò che ci appare come un elogio falso, era per loro profetico o descrittivo. Quella che ci sembra una lode smaccata del faraone era un tentativo di usare le parole per afferrare quanto appariva trascendere le possibilità del linguaggio: affermare qualcosa non ancora accaduta poteva significare farla accadere. Non si trattava quindi di una falsità ma di una intenzione, di un pensiero auspicante. Gli egizi vivevano in un mondo di simboli, mentre in realtà intendevano le cose in senso letterale.

Il contadino eloquente è uno dei pochi testi letterari tramandati dal Medio Regno (…):

Oh, alto dignitario, mio signore, il maggiore fra tutti i più grandi capi!

…padre dell'orfano,

marito della vedova,

fratello della donna ripudiata,

riparo per i senzamadre.

Capo scevro da avidità,

grande uomo senza meschinità,

demolitore delle falsità,

creatore di giustizia,

che risponde all'invocazione di chi chiama!

Che tu possa udire le mie parole!

Rendi giustizia, tu che sei lodato,

che ricevi elogi anche dai lodati,

liberami dal mio dolore, ne sono oppresso,

ascoltami, sono in stato di bisogno!

(…)

Tu sei il timoniere di tutto il paese,

il paese veleggia secondo i tuoi comandi.

Tu stai alla pari con Thoth,

il giudice che è imparziale…

Parla con giustizia, rendi giustizia,

poiché ciò è potere,

è grande e durevole,

il suo valore è provato,

assicura la venerazione.

Ma gli dei sono insicuri. Anche Dio lo è come dimostra la sua stessa parola, che altrimenti non avrebbe ragioni per pronunciare:

Io sono il primo, io sono l'ultimo, e fuori di me non c'è

Dio. Chi è come me?

(…)

Io, il Signore, il primo, e sono anche l'ultimo.

E nell'Esodo:

Signore, Dio misericordioso, clemente, paziente, di molta

Misericordia e verace.

Mentre in Isaia:

Ho nutriti ed esaltati dei figli, ed essi mi han disprezzato.

Il bue conosce il suo padrone, e l'asino la greppia del suo

Signore; ma Israele non mi conosce; il popolo mio non

Intende.



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