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alessia e michela orlando: BATTAGLIE PAREGGIATE, PERSE, VINTE

Creato il 05 dicembre 2010 da Gurufranc

alessia e michela orlando: BATTAGLIE PAREGGIATE, PERSE, VINTE

SGUARDI E GIOCHI, DIFESE E ATTACCHI

Non abbiamo mai voluto imparare a giocare a scacchi (dal provenzale escac che deriva dal persiano Shah, ovvero re). I vari manuali messi a bella posta nelle varie librerie di casa e adagiati quasi a caso una volta in un luogo e, stranamente, qualche giorno dopo altrove, li abbiamo guardati con sguardo torvo.

Le poche volte che li abbiamo sfogliati sono bastate a comprendere che non si può essere amici con l'avversario di turno: uno deve battere l'altro. Eppure i due contendenti, seppure debbano essere coraggiosi nell'affrontare la battaglia sanguinolenta, sanno, lo sanno ogni volta, che l'esito più ovvio sarebbe la patta. Si soccombe sempre e solo giacché uno dei due commette almeno un errore e l'altro proditoriamente ne approfitta. Si può immaginare il più ingenuo dei due fulminare l'altro con lo sguardo quando si accorge dell'errore, ma non crediamo che desideri la sua morte, altrimenti la falcidie lo isolerebbe: con chi potrebbe poi giocare, se ogni volta qualcuno ci lasciasse la pelle? A tal proposito, sguardi fulminanti e non solo, va ricordato le tante volte in cui qualcuno si è sottratto allo sguardo dell'altro sospettando il rischio di una fascinazione ipnotica, tipo quella che innesta il portierone di calcio quando scruta l'avversario pronto a calciare il rigore. Ogni qualvolta si sbaglia il commentatore lo dice con enfasi; e il portiere ha immancabilmente ipnotizzato l'attaccante!

Si sfugge a questo meccanismo qualora si personalizzino i vari pezzi disposti geometricamente sulla scacchiere. Lo ricordiamo, infatti, in una delle ultime pagine di un manualetto per principianti (stadio già superiore al nostro): La partita di scacchi è stata paragonata allo scontro di due eserciti; se uno dei due commette qualche sciocchezza, sarà facile batterlo, ma altrimenti è necessario, per vincere, impiegare tutti i pezzi fino al limite delle loro possibilità.

Noi li immaginiamo questi benedetti pezzi madidi, stremati, eppure infreddoliti, come fossero dotati di vita propria. I giocatori, invece, rilassati e turbati certamente, a dire dai lievi tremori delle dita e del nervoso movimento della punta dei piedi, ma in ogni caso a loro agio, in un ambiente riscaldato o raffreddato al punto giusto.

Tutto sommato è un bene che quei pezzi, dalla Regina alla Torre, passando per Pedoni, Cavalli, Alfieri e Re, si sopravvalitino e non sappiano che anche se vi fosse lo strapotere di un giocatore per la perdita di gran parte dei pezzi dell'altro, costui la guerra la potrebbe ancora perdere: basterebbe l'impiego di una bombetta atomica o qualche altra diavoleria batterica.

Illustrazione: litografia del primo congresso scacchistico in U.S.A., New York 1857.



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