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alessia e michela orlando: IL CULO DI GARIBALDI E ALTRE SUGGESTIONI

Creato il 17 agosto 2010 da Gurufranc

alessia e michela orlando: IL CULO DI GARIBALDI E ALTRE SUGGESTIONI

alessia e michela orlando: IL CULO DI GARIBALDI E ALTRE SUGGESTIONI

AVERE CULO

IL DERETANO DI GARIBALDI E ALTRE SUGGESTIONI

L'EPOPEA GARIBALDINA DEL 1860 NELLE MEMORIE SALERNITANE, con illustrazioni e documenti inediti, di GENNARO DE CRESCENZO.

Andò dappertutto. Comunque la si racconti non si può che ammirarlo: ma si è mai vista un'altra trottola come quella? E il suo cavallo bianco si ammalò di labirintite oppure no? E gli altri? Tutti gli altri, che facevano? A parte quelli che si accodavano ai Mille (ma quando mai!), divenendo sempre di più, gli altri, tutti gli altri, si mettevano seduti, dopo aver sfacchinato ad ammazzare centinaia di polli per lui (ci pare di sentire ancora il loro soffrire, le grida quasi umane, come quelle dei porci a dicembre, gennaio e febbraio, imprigionati e appesi a un palo nei riti tribali celebrati tuttora in  molte zone dell'Italia Unita; prima acute e poi volgenti verso l'afonia disperante) e il suo entourage; a spolverare la sedia buona; a rassettare i letti con le lenzuola ricamate; a sostituire il sapone fatto con il grasso delle scrofe e la lavanda, raccolta in agosto sul Cervati.

E gli scribacchini, i giornalisti, gli scrittori, le buone penne in genere, che facevano? Anche loro spolverano gli arnesi necessari per la scrittura: penne d'oca (anche il loro starnazzare ci pare di sentire, quello lanciato in aria quando le strappavano le penne dal culo), carta assorbente, boccettine multiformi con nuovo inchiostro nero, le scrivanie in noce o castagno locale, il set delle mille penne di riserva, nuove di zecca e procurate al mercato nero per la bisogna.

Ciò che quei cervelli e quelle mani sporche di inchiostro produssero si può leggere in libri, cronache dell'epoca (tutto spesso ristampato in forma anastatica), sulle lapidi nei cimiteri, nelle piazze più rappresentative, sui portali realizzate dai certosini con pietra dolce di Padula. E spesos ritroviamo il tutto nel web. Un esempio? Basta cercare IL GIORNALE DI EBOLI E DELLA PROVINCIA DI SALERNO, DAL 1915.

Per non far perdere tempo: in coda a questo articolo, trascriviamo ampi stralci di quello del 17 aprile 2008, di Mariano Pastore. Ma lo potrete leggere integralmente qui:   

http://www.ilgiornaledieboli.it/modules.php?op=modload&name=News&file=article&sid=933

Grazie alla bibliografia che vi abbiamo rinvenuto, abbiamo cercato L'EPOPEA GARIBALDINA DEL 1860 NELLE MEMORIE SALERNITANE, con illustrazioni e documenti inediti, di GENNARO DE CRESCENZO.

Non ci è passato per la mente di andare in una qualsiasi Biblioteca Provinciale; lo abbiamo trovato in una libreria antiquaria; lo abbiamo sfogliato; la sua carta ci ha colpito, come il suo odore; lo abbiamo comprato: euro (se preferite: euri): 35,00 (pare sia stato un favore, essendo la prima edizione: giugno 1939). Lo abbiamo letto tutto, anche le note. Tralasciando la labirintite che ci ha colpito in forma acuta (mica siamo il cavallo bianco di Garibaldi, noi. A proposito: di che colore era il cavallo bianco di Garibaldi. Uhm…siete attenti, notiamo), dobbiamo confessare che lentamente il libro ti prende e ti trasporta in una epoca non ben rappresentata dai libri di storia.

Il primo capitolo: Uno sguardo retrospettivo al 1860. Esergo di Matteo Mazziotti (scrittore e politico cilentano): Si levano in alto le luminose immagini purissime di coloro i quali intravidero un nobile ideale, vi consacrarono tutte le energie dell'anima e per esso baldi e sereni dettero in olocausto la vita. Matteo Mazziotti.

A questo punto ci rendiamo già conto che la faccenda è seria. Ci schiariamo la voce e proseguiamo a capo chino.

Da qui in poi, dalla prefazione, è una serie infinita di nomi e cognomi che abbiamo spesso letto o sentito pronunciare girando per il Cilento, per la Valle dell'Irno, per Cava de' Tirreni: vie a loro intestate; libri dedicati; libri scritti; omonimi orgogliosi e impettiti: Gian Francesco Conforti di Calvanico; Francesco Federici di Cetara; Vincenzo Cuoco; Giuseppe Abamonte di Caggiano; Carlo Mauri di Buccino, marchese di Polvica; Nicola Maria Rossi di Laurino; il marchese Ferdinando Ruggi, il fratello Antonio e Vincenzo Troisi, G.B. Mazziotti di Celso, Andrea Amabile, Giovanni da Pescopagano (frate garibaldino) Teodosio de Dominicis da Ascea, Ettore Netti e l'avvocato Francesco Notaroberto a Padula, Michele Guida a Montesano sulla Marcellana, i fratelli Francesco e Pietro Tortora a Pagani; il generale Giuseppe Schipani, Luigi Ferraioli, Leonino Vinciprova, Stefano Türr, Camillo Benso Conte di Cavour, Giovanni Centola, Francesco Crispi, Ferdinando Della Gattina Putruccelli, Giuseppe Maria Pessolani, Alessandro Dumas... Si potrebbe scrivere fiumi di parole su ognuno di essi. Ci limitiamo a dire qualcosa del Netti, in cui ci siamo imbattute in altri documenti d'epoca: arringò la folla davanti la Certosa di Padula prima dell'arrivo di Carlo Pisacane. Con pochi altri fu ammazzato nei pressi di un convento a Sanza: dove adesso è il cippo che ricorda proprio Carlo Pisacane e i 300 (quelli che erano appunto 300, giovani e forti, di Luigi Mercantini) che, dopo lo sbarco a Ponza, furono ammazzati tra Padula e Sanza. Era il 2 luglio 1857.      

Conosciamo alcuni eredi di parte delle persone nominate (qualcuno ha solo il cognome un po' modificato per errori degli uffici anagrafe o per scelta): hanno lo stesso cipiglio; avvertono ancora l'orgoglio: un loro avo c'era e Garibaldi sedette sulla sedia che hanno conservato. Qualcuno la tiene nei pressi del cesso. Qualche altra non  si rinvenne. Una fu forse bruciata.

Di alcuni personaggi è stato scritto moltissimo; per alcuni se ne sono incaricati anche gli avi, che ne hanno seguito passo passo le tracce, ricostruendone la storia. È il caso di Giovanni Matina: Vincenzo Mattina (Enzo per gli amici; già sindaco di Buonabitacolo ed Eurodeputato): ricostruisce anche le modifiche nel cognome. Lo si può verificare qui:

http://www.pisacane.org/documenti/1860/Giovanni%20Matina.pdf

Mentre altre notizie del passaggio di Garibaldi nel Vallo di Diano si possono acquisire qui: http://comune.sala-consilina.salerno.it/argomento.asp?cat=188

dove Giuseppe D'Amico ci dice anche di Esperanza von Schwartz una scrittrice tedesca, amante di Garibaldi.

Dalle notizie giornalistiche di quel tempo, dagli scritti di Gennaro De Crescenzo (1) abbiamo un racconto nei minimi dettagli della sosta effettuata dall'Eroe dei due mondi ad Eboli nella sua memorabile marcia da Quarto al Volturno per la liberazione d'Italia.

Il 6 settembre del 1860 (…) mentre l'artiglieria che stanziava a Salerno schierata lungo la via della marina, con due fregate a vapore che bordeggiavano nel golfo, il Generale Garibaldi entrava trionfante ad Eboli, dove con grande gioia apprendeva la notizia della fuga del re di Napoli.

Garibaldi era stato preceduto nella nostra città da uno dei suoi luogotenenti, il generale Fabrizi, che fu ospite dei fratelli Genovese (…), il Fabrizi appena Garibaldi aveva varcato la porta principale di Eboli "Santa Caterina", a cavallo, seguito dall'eroiche "Camice Rosse", corse all'ufficio telegrafico, costringendo il telegrafista Angelo Maurino a spedire a Napoli un dispaccio annunziante che Garibaldi era arrivato ad Eboli con dodicimila uomini.

La popolazione ebolitana accolse l'Eroe con grande entusiasmo, un nutrito gruppo di cittadini che l'anno prima aveva congiurato contro il governo facevano bella mostra alla sua presenza. Erano tra essi: Donato Caniato, Vito Bianco, Raffaele Cavaliere, Vincenzo Caputo, Vito Duella, Enrico Maurino, Vito Melillo, Leonardo Nigro, Luigi Pindozzi, Luigi Postiglione, Francesco Principale, Cosimo Scarpa, Gerardo Scocozza, Orazio Antonio Sica, Vito Santoro, Nicola Selvaggio, Vincenzo Pisciotta, Pasquale Santimonie.

Lo ricevette con grande affabilità invitandolo a casa sua l'avvocato Francesco La Francesca. Il Generale accettò volentieri l'invito e fu ospite della famiglia La Francesca che gli offrì un sontuoso pranzo, e nell'occasione furono ammazzati un gran numero di polli, giacchè sedette a pranzo tutto lo Stato maggiore Garibaldino. Finito il pranzo, il Generale mostrò desiderio di scrivere, e si appartò in una stanza. La sedia su cui sedè fu conservata gelosamente per molti anni dalla famiglia La Francesca, finchè un giorno, per lo scoppio di un incendio che, non domato a tempo, bruciò i mobili della camera e con essi la sedia, questo è stato raccontato dalla figlia del patriota Francesco marchesa Mary Gri Falletti La Francesca che a questo volle aggiungere un particolare: che Agata La Francesca, sorella dell'avvocato, presentò al Generale dei fichi secchi, e costui sorridendo, esclamò: "Un bravo a questa bella ragazza! Questi sono i fichi che mi piacciono!".

In casa La Francesca a ricevere Garibaldi, oltre il sacerdote Vito fratello di Francesco, la famiglia Genovese, i fratelli Giudice, Francesco e Raffaele Romano.

Garibaldi si affacciò al balcone per ringraziare la folla che da ore si era accalcata nei pressi e sotto il palazzo poche parole in un discorso di una decina di minuti dove assicurò che la penisola dalle Alpi al Lilibeo tra poco sarebbe stata unificata per dare inizio finalmente all'era di libertà, e perciò occorreva prepararsi ad ultimare l'opera magnifica già iniziata. Il popolo applaudì con grida entusiaste, ascoltando avidamente quel linguaggio che produsse grande entusiasmo e, ventidue anni dopo, quasi a suggellare le profetiche parole, la città volle apporre una lapide all'ingresso di quel palazzo.

L'epigrafe, scolpita sul marmo fu dettata da un Garibaldino nostro concittadino Francesco Paolo Cestaio (2) dice:

IL FAUSTO ANNIVERSARIO

DELLA VIGILIA DEL GIORNO

MEMORABILE

VII SETTEMBRE MDCCCLX

RICORDI IN PERPETUO

IL GIUBILO DEL POPOLO

EBOLITANO

ACCLAMANTE TRA LE SUE

L'EROE LIBERATORE

MURA

GIUSEPPE GARIBALDI

E LA FORTUNA DI QUESTA

CASA

DI AVERLO OSPITATO

NELLA MARCIA GLORIOSA DA

MARSALA AL VOLTURNO

VI SETTEMBRE MDCCCLXXXII

Eboli tenne sempre un ricordo vivido per l'Eroe dei due mondi gli dedicò il corso più importante della città e per l'occasione del centenario della sua nascita il poeta ebolitano Felice Cuomo con una poesia volle consacrare il giorno della grande esultanza di Eboli per la conseguita libertà ed i nomi dell'Eroe di Caprera e del patriota nostro concittadino Francesco La Francesca:

Da queste mura memori che Tu varcasti, o Grande,
che l'orma tua qual tempio fè sacre e venerande
nel transito fatal,
che, Duce ai Mille intrepidi, tra il plauso dei redenti,
vibravi, rosso Arcangelo, sui despoti sgomenti
la spada trionfal;
da queste mura libere, l'odio al servaggio, l'ira
contro viltà, di Patria l'amor divina spira
nella novella età
degna del tuo retaggio, figlia del tuo pensiero,
a lei, divina fiaccola splenda la pace, il vero
la pura Umanità.
E salve a Te, che vigili su noi, nume presente,
o La Francesca, o nitido astro di nostra gente,
d'Eboli vanto e amor.
A Te, che del borbonico mostro sfidando il morso,
qui salutavi in giubilo, nel trionfal suo corso,
il biondo Dittator.
Salve! Nel degno ossequio oggi a' tuoi Lari rende
la tua Città, magnifica la tua figura splende
con Lui che quì posò.
Chè del fedel manipolo fosti di quegli eletti,
che di pensier, di liberi sensi scaldando i petti,
a Lui il cammin segnò.
Tu che molcesti l'ansie d'un popolo in catene,
che fosti il genio provvido di verità, di bene,
nel lungo tuo dolor.
Veglia su noi benefico, schiudi la tua parola
a ridonarci il fremito che suscita e consola
a grandi affetti il cor.
Degli oligarchi lividi, dei foschi tigellini,
che sorte rea precipita sui nostri alti destini,
sperdi il mal seme Tu.
Rendi la schietta e vivida Idea che irraggia e tuona,
e guida in alto i popoli: nè speri altra corona
l'itala gioventù. (3)

Note:

(1) Gennaro de Crescenzo "L'epopea Garibaldina del 1860 nelle memorie salernitane" Saverio Jannone 31 dicembre 1959 Salerno.
(2) Francesco Paolo Cestaio – Ebolitano giovanissimo volontario alla spedizione dei Mille, valente storico oltre ad aver percorso una luminosa carriera a insegnare divenne preside del Liceo di Cremona, e del Liceo "Galilei Galilei" di Firenze.
(3) Felice Cuomo – (Eboli 1874 – 1957) – Poeta e compositore di pregevoli opere scriveva questa poesia nel 1907, quando Eboli ricordò il centenario della nascita dell'eroe di Caprera. La Poesia è tratta dal canto " Nel transito fatale del Liberatore". Lo stesso Don Felice come veniva affettuosamente chiamato dai suoi concittadini raccolse e parafrasò una conversazione tra un filo borbonico (Zio Antonio) ed un filo liberale (Compare Berniero) in dialetto ebolitano, dandole il titolo "Calibbarde a Jevole u sei settembre ru sissant "

Un eroe senza tempo

Giornate Garibaldine 2007

Un eroe senza tempo e senza confini

Luigi Del Bagno aveva tre anni e mezzo quando, nel pomeriggio del 5 settembre 1860, Giuseppe Garibaldi passò per Polla da dove proseguì la sua marcia trionfale che due giorni dopo gli consentì di entrare in Napoli accolto da una folla osannante.

Anche a Polla il generale ebbe un'accoglienza calorosissima: nei pressi della storica Taverna del Passo, situata nella via che oggi porta il suo nome, Garibaldi fu salutato da tantissima gente. Lì il piccolo Luigi (…) fu fatto salire sulla carrozza del generale e con lui percorse un breve tratto di strada. Da allora per i suoi concittadini Luigi Del Bagno divenne Luigi di Garibaldi e questo soprannome, ancora oggi, è patrimonio di tutti i suoi discendenti. Naturalmente, l'episodio di Polla non è entrato nei libri di storia ma è una testimonianza importante che conferma come il mito di "un eroe senza tempo e senza confini" fosse già presente nel Vallo di Diano. Una ulteriore conferma viene dal fatto che un giovane legale di Polla, Francesco Galloppo, formò il Battaglione del Tanagro (85 pollesi più altri uomini reclutati nei paesi vicini per una forza complessiva di 250 volontari) che si distinse nella battaglia del 29 ottobre sotto le mura di Capua.

Nella storia, invece, sono entrati altri personaggi del Vallo di Diano che combatterono al fianco di Garibaldi (…) È il caso dell'ufficiale Francesco Carrano, imparentato con Giovanni Matina e, come lui, originario di Diano, autore di una Storia d'Italia in quattro volumi (uscita postuma nel 1910). Nel 1860 Francesco Carrano, che in passato aveva combattuto anche a Venezia con Daniele Manin, pubblicò a Torino il libro dal titolo I cacciatori delle Alpi comandati dal generale Garibaldi nella guerra del 1859. Alle pagine 9-86 il libro contiene le Memorie di Garibaldi che il generale aveva affidato a quattro persone di nazionalità diversa: a Teodore Dwight (editore e scrittore americano); ad Esperanza von Schwartz (scrittrice tedesca e amante del generale); ad Alexandre Dumas (romanziere francese) e, appunto, a Francesco Carrano, che aveva avuto rapporti di amicizia anche con Carlo Pisacane, la cui spedizione di Sapri nel 1857, al di là del tragico epilogo, ebbe il merito di mantenere accesa la fiaccola del patriottismo. C'è poi un altro episodio che aveva contribuito non poco a scaldare gli animi dei rivoltosi: nel 1859, in occasione del matrimonio di Francesco II con la principessa Maria Sofia di Baviera, il re Ferdinando II concesse l'esilio a 91 detenuti politici tra i quali vi erano ben dieci salernitani e, tra questi, Michele Aletta di Monte San Giacomo, Vincenzo Dono di Teggiano, Giuseppe Maria Pessolani di Atena Lucana. E proprio il Pessolani fu uno dei tre cittadini del Vallo di Diano che seguirono Garibaldi il Sicilia: gli altri due erano i padulesi Antonio Santelmo ed il sacerdote Vincenzo Padula che, purtroppo, cadde nella battaglia di Milazzo.

Le foto. la prima: Sentinella Garibaldina

La seconda: Carlo Pisacane



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