PAPERBLOG: UNO STRUMENTO TECNOLOGICAMENTE AVANZATO ESSENZIALE PER AVVICINARE LE CULTURE E I PERSONAGGI DEL MONDO
IL SENSO PROFONDO DI:
Nun basta ceralacca a cosere 'a purchiacca, ovvero: Non basta ceralacca a tener chiusa la vagina.
UN LIBRO DA SALVARE: PROVERBI NAPOLETANI, di VITTORIO PALIOTTI, Giunti Editore.
Leggiamo in PaperBlog, pagina CULTURA, LIBRI ( http://it.paperblog.com/arriva-in-italia-un-protagonista-della-letteratura-cinese-46513/ ) di Mo Yan, nome d'arte di GUAN MOYE (SORGO ROSSO; LE SEI REINCARNAZIONI DI XIMEN NAO; sceneggiatura di ADDIO MIA CONCUBINA, tratto dal romanzo di Lilian Lee). Purtroppo ci giunge anche in ritardo la notizia della sua venuta a Milano e della possibilità di porgli delle domande, spedendole a un indirizzo di posta elettronica in cui compare il nome CONFUCIO (è lo stesso Istituto dell'Università degli Studi di Milano). Non che volessimo porgli chissà quale ineludibile domanda, ma crediamo che qualunque esperienza possa spiegarci quanto sia profonda la nostra ignoranza. È li che troviamo la voglia di leggere: nel sapere di essere ignoranti. E lo siamo, senza infingimenti; e vogliamo esserlo, continuare a esserlo, con voglia assoluta, enorme, che si ingigantisce sempre più: desideriamo essere sempre più ignoranti. Il che vuol dire prendere coscienza di quante cose non sappiamo. Ma vorremmo saperle, e sappiamo che moriremo con la voglia di apprendere, senza avere avuto il tempo di colmare se non poche lacune, pochi avallamenti di quel pozzo enorme, di quel deserto di vuoto mentale. È un vuoto che attende solo di essere riempito e leggere qualcosa aggiunge almeno un granello. Inutile dire che siamo estremamente sorprese quando incontriamo i tuttologi. A chi non è capitato? Non è una critica: noi li ammiriamo, giacché ne sanno più di noi almeno nel campo da loro privilegiato e sono chiamati a dare lezioni sul resto. Ricordiamo di quella volta che sentimmo un dialogo al cellulare. Lui, il nostro vicino di posto a sedere, con il petto villoso, la catena e il crocifisso d'oro al collo, un anello con pietra nera e un quintale di sovrappeso, rispose al suo cellulare ipertecnologico. Eravamo in autobus. Pur ascoltando solo una campana, potremmo dire di non aver sbagliato. Con voce istrionica e virile: Come? Un mandato? Ma che è? Già mi vogliono arrestare? Ah no? E perché ridete? Devo mettere una firma altrimenti non mi potete difendere? E vabbuò! E che è! Nunnu u saccio che è 'u mandato. Ma vui 'u sapite che r'è a chaise? No? Significa mmerda in tedesco. Nunn'è a stesse cosa?
È chiaro, fin troppo: I- parlava con un avvocato; II- veniva derideso giacché non sapeva cosa fosse un mandato; III- si vendicava, dimostrandogli che pure lui non conosceva una parola. Di quello si trattava: della non conoscenza di una parola di una sola.
Quando ci capita di andare in Veneto, ogni volta pensiamo che è bellissimo quel dialetto. E non ci importa molto se qualcosa ci sfugga: quegli accenti riempiono il cuore. Dovrebbe fare sempre lo stesso effetto e così è: ci accade con il sardo; con il Corso; con il Siciliano; con il Cilentano e con tutti i dialetti del mondo. Potrebbe essere diversamente? Crediamo di no: quelle parole sono la loro vera ricchezza; sono la loro Cultura; la loro Arte; le loro sofferenze; il loro futuro.
Come si arriva ad avere questa visione non lo sappiamo. Ricordiamo che eravamo piccole e una di noi saggiò il peso specifico di una parola. Disse, guardando il papà negli occhi, quella parola che inizia per vaffa e finisce per ulo. L'altra guardava e ascoltava. Era bella quella vocina. Uno sganassone partì come un lampo ma non arrivò a segno. Non abbiamo mai saputo se fosse voluto, il non andare a segno, o fosse il prodotto dell'ira: scarsa mira per troppa ira, che pure rima.
Fatto sta che entrambe pensammo: ma vuoi vedere che esistono davvero le male parole? Il tempo ci ha spiegato che non è vero: non esistono le male parole bensì le cattive intenzioni. E caso mai le cattive azioni. Conosciamo, infatti, una laureanda in Giurisprudenza (guai a dire che è laureanda il Legge), che racconta tutto in Napoletano strettissimo. Lo fa quando vuole conquistare, vuole essere se stessa, vuole raggiungere un obiettivo (la simpatia) senza parlare otto ore. Le basta un vaffa, un ricchio…, qualche sfizioso detto e raggiunge vertici di simpatia inarrivabili da parte di noi due. Non offende mai con quelle parole; nessuno potrebbe prendersela.
Cosa volevamo da Mo Yan, che, come abbiamo scoperto grazie a PaperBlog significa Senza parole, è cinese? Sapere se sa cosa significhi Chi cchiù. I poliglotta forse lo sanno; non è cinese: è Cilentano e significa Chi ancora?
Magari si poteva anche chiedergli se sapesse cosa significhi: Nun basta ceralacca a cosere 'a purchiacca. Quando il libro PROVERBI NAPOLETANI, di VITTORIO PALIOTTI, Giunti Editore, nella sezione SESSO, a pagina 45, ma la frase è a pagina 48, ci ha spiegato cosa significasse, non volevamo credere ai nostri occhi ed eravamo certe fosse maschilista quel senso che inizialmente ci sfuggiva: Non basta ceralacca a tener chiusa la vagina. Poi ci siamo ricordati di A.M. de L., la nostra amica napoletana che usa quella scorciatoia; abbiamo considerato quante donne siano finite sul rogo solo per aver conosciuto i principi attivi delle piante che guariscono, e ci siamo dette: ma quando mai! Sono solo parole, forse usate per simpatizzare. L'importante è: non avere cattivi pensieri (rispettate le donne dentro di voi), non compiere cattive azioni (la inaccettabile violenza sulle donne, come sui bambini, come quella in generale sui più deboli). Se poi fossimo costrette a dover usare parole e frasi del genere per rendere la pariglia, beh, noi chiederemmo aiuto a Benigni che di fesse, gnocche e compagnia bella, come di affari maschili, ne ha individuato decine variazioni in termini , più o meno metaforici. E nessuno mai si è scandalizzato ai suoi spettacoli. Per fortuna.
La foto: la copertina di PROVERBI NAPOLETANI.