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Alexandre Dumas: Il conte di Montecristo.

Da Silvy56
Alexandre Dumas:  Il conte di Montecristo.
“Io sono uno di questi esseri eccezionali, sì, signore, io lo credo, sino ad oggi nessun uomo si è trovato in una posizione simile alla mia. I regni dei re sono circoscritti, sia dalle montagne, sia dai fiumi, sia da un cambiamento di costumi o di lingue. Il mio regno è grande come il mondo perché non sono né italiano, né francese, né indiano, né americano, né spagnolo: io sono cosmopolita. Nessuno può dire di avermi veduto nascere; Dio solo sa quale terra mi vedrà morire. Io adotto tutti i costumi parlo tutte le lingue; voi mi credete francese, non è vero, perché parlo il francese colla stessa facilità e purezza di voi? Ebbene Alì, il mio moro, mi crede arabo; Bertuccio, il mio intendente mi crede romano; Haydée, la mia schiava, mi crede greco. Dunque capirete che non essendo di alcun paese, non domandando protezione, non riconoscendo alcun uomo per mio fratello, non un solo scrupolo che arresta i potenti, non un solo ostacolo, che paralizza i deboli, può arrestarmi, e paralizzarmi. Non ho che due avversari, non dico due vincitori perché li sottometto colla tenacia: la distanza ed il tempo. Il terzo, ed é il più terribile, sta nella mia condizione di mortale. Ciò solo può fermarmi nella strada che percorro e prima che abbia conseguito lo scopo a cui miro tutto il resto l’ho calcolato. Ciò che gli uomini chiamano capricci della fortuna, vale a dire la rovina, i cambiamenti, le eventualità, li ho tutti prevenuti, e se qualcuno può colpirmi, nessuno può rovesciarmi. A meno che non muoia, sarò sempre ciò che sono. Ecco perché vi dico cose che voi non avete mai intese neppure dalla bocca dei re, perché i re hanno bisogno di voi, e gli altri uomini hanno paura di voi. Chi è colui che non supponga, in una società ben ordinata quanto la nostra: “Forse un giorno posso aver a che fare col procuratore del re?”

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