Alice ginevra al volo - reggio calabria - anelli di totano e broccolo romano con un tocco di sicilia

Da Saporidivini

La lancetta delle sette occhieggia sul mattino, insinuandosi tra la bambagia di nebbia che filtra clandestinamente dalla finestra e il sonno che, come silicone, tiene serrata la fessura degli occhi. Improvvisa, la vibrazione del telefono disfa il nido di silenzio e rigirandomi nel groviglio di coperte riesco goffamente a schiacciare il pulsante verde.

“Pronto amore, sei sveglia?” mi domanda Luca. Il tono particolarmente vivace della sua voce mi caffeina all’istante.
“Se sono sveglia? Beh, se ti ho risposto direi di sì, perché? Sei già arrivato a Milano?”. Oggi Luca avrebbe dovuto terminare un lavoro da quelle parti e già la sera prima gli avevo ripetuto più volte che a quella distanza mi sarebbe mancato ancora di più. Tempo e spazio combinati insieme sanno essere spietati.
Luca ignora la mia domanda e rilancia. “Ma quanto sei sveglia?”.
Mi sento impreparata, nuda, assonnata, non so rispondere e lascio che il mio attimo di silenzio venga colto e travolto dalla voce di Luca. Che insiste, imperterrita insiste a chiedermi quanto sono sveglia, da uno a dieci, come fanno i bambini. E’ successo qualcosa, lo sento, qualcosa di bello, mi dico per rassicurarmi. Il tono della sua voce reca con sé la grassa scia di una sorpresa che, più o meno tra un secondo, mi troverò a scartare. L’handicap del sonno tarpa però le ali della mia sbrigliata fantasia e mi impedisce dunque di fare supposizioni che abbiano un benché minimo senso logico. Meglio saltare i preliminari, che spreco, lo so, e giungere subito al sodo.
“Prepara all’istante la valigia, dobbiamo partire!”. Ecco, è stato strappato il primo laccio che impacchettava la sorpresa.
“Ma cosa significa? Dove andiamo? E cosa vuol dire all’istante?”. Voglio sapere tutto e subito. Saggio la scomodità dello stare appesa a mezz’aria. “Amore, parla!”.
Se la ride lui, si gode la mia curiosità che fa pendant con quel senso di smarrimento che si sta impadronendo di me. Capisce che adesso sono pronta a saltare fuori dal letto e a fare quello che mi chiede.
Mi snocciola tutto quanto, nel primo pomeriggio, dobbiamo essere all’aeroporto di Linate, a Milano. Gli è giunta una comunicazione urgente per cui deve assolutamente partire per Reggio Calabria e risolvere un problema grosso, occorso ad un negozio in pieno centro, pena l’inaugurazione dello stesso e compagnia bella. Per convincerlo gli hanno messo sul piatto tre biglietti aerei formato famiglia, solleticandogli le orecchie con l’idea, perché no, di far sposare la faccia seria del dovere con un fine settimana di breve vacanza.
“Così, prepara subito la valigia”, mi ripete, “sono sull’autostrada, nei pressi di Modena e sto correndo a prendervi!”.
Oh my God penso io, non so se sono più in preda al panico, all’entusiasmo o a qualcosa a cui non so dare un nome. Devo mettere ordine nei pensieri, ma nei momenti in cui vengo colta di sorpresa sono la persona più chiassosamente disordinata del mondo.
La valigia è in cima ad un armadio, prima cosa da fare, arrampicarsi e recuperarla. Ma senza fare rumore. Alice Ginevra ancora dorme. Alice Ginevra salirà sull’aereo per la prima volta, quasi non ci credo. Alice Ginevra tra poco aprirà gli occhi e si aspetterà di trovare il mio seno caldo, cui fare aderire le sue labbra.
Mi dico che devo fare presto, sciacquare via i postumi del sonno dal viso e rovesciare quasi per intero un cassetto di vestitini della Pupattola dentro alla valigia, senza badare troppo agli abbinamenti. Allo stesso modo devo infilare velocemente qualcosa arraffato dall’armadio mio e di Luca e poi è certo che manca tanto altro, una copertina per lei, qualche suo pelouche, il ciuccio, anche se non lo vuole mai e si limita a morderlo dalla parte dell’impugnatura e poi bavaglini a non finire, anche se la maggior parte di questi ultimi è nella lavatrice che contavo di fare partire stamattina. In pochi minuti la valigia rossa è pronta a scoppiare tanto è strabordante.
Arriva Luca prima di quanto pensassi e mi trova leggermente accaldata, leggermente agitata e leggermente spettinata.

“Non sei ancora pronta?” mi canzona, la testa reclinata di lato a sbeffeggiare la mia frenesia, per poi sollevarla rapidamente, di quel tanto che basta per evitare la ciabatta pelosa che ho lanciato al suo indirizzo.
Alle nove del mattino la bambagia della nebbia è ancora lì e noi siamo già fuori di casa; chissà cosa avranno pensato i vicini vedendoci uscire con tale impeto, come se stessimo facendo una prova di evacuazione, fuggendo da chissà quale pericolo. Alice Ginevra è radiosa, felice come al solito di salire nella nostra car mobìl, ovvero la macchina del papà, così la chiamo io quando parlo con lei, a differenza della mia macchina che è la mum mobìl e del suo passeggino che è il pass mobìl. Già, si diventa bambini con i bambini.
La prima meta della nostra avventurosa partenza è Lodi, dove Luca dovrà frettolosamente impartire una serie di ordini e raccomandazioni per fare sì che il lavoro che avrebbe dovuto fare in prima persona venga svolto da altri e poi finalmente ci muoveremo alla volta di Linate. Tra poche ore saremo in volo verso sud.
Una volta varcata la soglia dell’aeroporto, scrollatoci di dosso il check-in e l'ingombrante valigia e sudato all'unisono, per un attimo freddo, quando ci hanno richiesto la carta d’identità di Alice Ginevra, che di fatto non ha ancora e rimediato mostrando uno Stato di Famiglia, finalmente ci siamo ripresi il fiato che avevamo fino a quel momento trattenuto. Seduti al tavolino di un bar abbiamo preso a morsi la fame ed il panino più sfizioso tra quelli in vetrina, sentendoci per tutto il tempo colpevoli nei confronti di Alice Ginevra, che instancabile continuava ad allungare la sua linguina verso inarrivabili fette di bresaola. “Quando sarai più grande lo mangerai anche a tu”, le dicevo e lei mi fissava seria seria come per dire…io lo voglio adesso.
Siamo sicuri che per quanto piccola abbia registrato tutta la nostra euforia, traducendola in eclatanti espressioni di sorpresa, sgranando più volte i suoi occhioni, intuendo che si apprestava a fare qualcosa di completamente nuovo. Quanto ha sorriso, e ogni volta che sorride le si disegnano quel genere di fossette che non si limitano a fare dei buchi sulle guance, ma che riempiono il suo viso di palpabile dolcezza.
La scena che ha avuto luogo al momento dei controlli di sicurezza è stata buffa, mi aspettavo una lunga discussione per detenzione nel bagaglio a mano dei seguenti articoli: un termos, un succo di frutta e due biberon, di cui uno pieno di latte per metà. Lo zaino invece ha superato a pieni voti la prova dei raggi X. Il problema è invece sorto quando è stato il passeggino ed io al suo seguito, a passare sotto al metal detector. Si sono accese tutte le luci rosse possibili ed immaginabili. “E’ colpa del passeggino” ho detto io, ma una volta rimosso il mezzo di trasporto di Alice Ginevra, io e la Pupattola continuavamo a mandare in allarme i sensori. Un altro passo indietro. Armeggio con la bimba in braccio e mi tolgo la cintura. Niente da fare, ancora quel bip bip fastidioso. Mi invitano a togliermi le scarpe e l’addetta alla sicurezza per agevolare l'operazione decide di prendere in braccio Alice Ginevra, che dal canto suo lascia fare, sfoderando la sua nota socievolezza. Mi tolgo le scarpe, questa volta passo senza fare scattare altri allarmi e dopo essere rientrata negli stivaletti cerco la Pupattola. E' passata in consegna tra le braccia di un ragazzo della security che le sta facendo fare il girotondo e la mostra orgoglioso a tutte le colleghe e al loro coro di ohhhh!
Devo attendere un po’ per riavere il mio splendido gioiello perché adesso il tipo in divisa si è messo in posa e sta aspettando che una poliziotta gli scatti una foto. Nel frattempo Luca è riuscito a recuperare tutto quello che aveva estratto dalle tasche e con un balzo è di nuovo insieme a noi. Non ci resta che attendere la chiamata del nostro volo e una volta sulla pista, salire le scale dell’aereo.
Ci attardiamo giusto il tempo di scattare qualche foto mentre il pilota sta facendo ciao ciao con la mano ad Alice Ginevra. Appena siamo a bordo ce lo ritroviamo davanti, vuole conoscere la nostra Pupattola. Lei gli regala un sorriso dei suoi e incassa altri complimenti. Prendiamo posto accanto al finestrino e completamente a suo agio Alice Ginevra affonda la testa e le mani sotto la mia camicia. Trasparente il suo bisogno. Beato il suo tempo in volo sopra alle nuvole, tra sonnellini e sguardi di felicità così piena e bambina.
Un'ora e mezza dopo dagli oblò dell'aereo si aprono magnifici squarci di Sicilia, da quassù l'isola somiglia ad una torta adagiata su di una elegante tovaglia turchese. Un attimo dopo, solo il mare sotto di noi, punteggiato qua e là da imbarcazioni che sembrano immobili e via via che scendiamo di quota pare proprio di poterlo toccare quel mare da sogno. La pista di atterraggio è un nastro di asfalto che confina con quell'immensa distesa d'acqua. Le ruote dell'aereo lo graffiano stridendo e una volta a terra ci rendiamo conto che i nostri cappotti tradiscono la nostra provenienza. Venti gradi di calore sono la prima cosa che saggiamo di Reggio Calabria.
Il resto della giornata scorre tra il noleggio di un'auto, la sistemazione al Best Season, un meraviglioso Bed&Breakfast nel cuore della città, Luca che ci saluta e si avvia al lavoro e noi due che all'ora di cena ce lo andiamo a riprendere. Il giorno successivo è una full immersion nel lavoro per lui e una ghiotta occasione di passeggio per me ed Alice Ginevra, accompagnate alla scoperta delle bellezze dei luoghi da Carolina, la proprietaria del B&B insieme al suo fidanzato Francesco. La solarità di Carolina e la sua loquacità sono le prime cose che di lei ci colpiscono, galeotte per la Pupattola, tanto che tra loro scocca un amore al primo sguardo, assolutamente corrisposto da entrambe le parti.
Mentre passeggiamo sul lungomare, raccontandoci di tutto e di noi, passato, presente e futuro prossimo, scopriamo di avere diverse cose in comune, compreso l'amore per la cucina e per i locali all'insegna del buon mangiare. Così, mentre il mare, le palme, il sole e la Sicilia stesa di fronte a noi fanno da cornice alla nostra lunga passeggiata decido di seguire il suggerimento di Carolina e di convincere Luca a trascorrere la giornata di sabato, "Laggiù" dice lei, indicandomi un puntino a ridosso del mare. "Quella è Scilla e dovete assolutamente andarci". Mi parla di un paio di ristoranti dove il pesce servito è freschissimo di giornata e quel nome, il Bleu de toi, mi rimane impresso nella mente. Sento che è il locale giusto per noi.
Il momento più bello è quando Luca la sera stessa ci abbraccia gettandosi sul lettone e ci dice che il lavoro è terminato, che l'inaugurazione è salva e che per i prossimi due giorni è tutto nostro. Dal canto mio gli racconto tutto quello che abbiamo visto e fatto fin nei minimi dettagli, del lungomare di Reggio, definito a giusta ragione, uno degli angoli più belli d'Italia, degli alberi secolari che si reggono su tronchi che sembrano scolpiti, del mare trasparente, dei fichi d'India che stanno ancora crescendo sotto al sole di questo dicembre, dell'emozione provata nel sentire la Sicilia così vicina, nel vederne i contorni netti, nel riconoscere che a separare la Calabria dall'isola di cui siamo innamorati è solo un trattino di mare, piccolo quanto una lineetta di demarcazione. Non tralascio la parentesi di Scilla e i racconti di Carolina.
Il giorno dopo incontriamo degli amici di Gioia Tauro, che si precipitano a Reggio Calabria non appena vengono a sapere che siamo ad una sessantina di chilometri da casa loro e trascorriamo insieme buona parte della giornata promettendo che torneremo presto da queste parti, a mangiare buon pesce, buona carne e tutto quello che di buono la Calabria ha da offrire, soprattutto l'ospitalità che dobbiamo ammettere è qualcosa di meraviglioso.
Il senso di ospitalità e la generosità che abbiamo fatto nostre in questi pochi giorni ci hanno trasmesso quella sensazione di benessere che ti fa dire "Qui mi sento a casa". Bologna per quanto voglia fare credere al mondo di essere aperta mi pare un igloo al confronto, mi dispiace se qualcuno ci rimarrà male, ma non so tacerlo. Amiamo il sud per il calore che sa trasmettere e per noi il calore è vita.
Questa breve parentesi ha il potere di rigenerarci, vibriamo di contatti, di colori, di fotografie, di strade. Di strade che si irradiano lungo l'elegante corso Garibaldi, che si arrampicano e scendono e che ci aprono scorci da sogno. Di strade che sono le artefici del caso, del destino, che ci conducono a scoprire piccole spiagge, pescatori pazienti, gabbiani dentro bianchi voli, abbracci caldi di forno, facciate di chiese e statue dietro le quali c'è la mano di un visionario, c'è un creatore che suscita la mia ammirazione, e poi ancora, il profumo del caffé, del bergamotto e di stuzzicanti aperitivi accompagnati da fritti irresistibili.Tutto intorno a noi scorre la città, splendida nella sua sicurezza, felice di mettersi in posa per una foto, strangolata dal sole che non sembra nemmeno d'essere in inverno. I cappotti li abbiamo lasciati in albergo, anche la sera che trascorriamo a Scilla.
Scilla si apre davanti a noi, un presepe con le sue lucine che forano la notte, con lo sciabordio del mare e qualche barca rovesciata sulla battigia. L'attraversiamo a piedi, incrociando lungo la strada qualche gatto vagabondo attratto dall'odore del pesce che esce dai locali. In un attimo ci ritroviamo nell'antico borgo dei pescatori, suggestivo da lasciare il segno. Un manipolo di case arroccate e digradanti sul mare dove per pescare basta affacciarsi alla finestra e lanciare la lenza. Imbocchiamo un vicolo scosceso, stretto tra le case che scorrono sui suoi fianchi, attratti da una luce blu, in lontananza. Ci domandiamo se è il ristorante che stavamo cercando. Il Bleu de Toi ci spalanca le sue porte, scendiamo una ripida scalinata con Alice Ginevra che mi stringe forte e ci ritroviamo in un ambiente romantico e molto intimo.
Ordiniamo una bottiglia di ottimo Greco di Tufo, quattordici gradi di biondo piacere che galleggiano nel cestello del ghiaccio, quattordici gradi che scivolano prima sull'amplesso dell'antipasto di pesce, con sette diversi tipi di portate, una più lussuriosa dell'altra e poi su due pezzogne appena pescate, la cui carne bianca e delicata mi fa dire che ne mangerei tutti i giorni. A concludere la cena, una nota dolce e le palpebre di Alice Ginevra che cedono al peso del sonno.
Lunedì tutto questo sarà lontano mille chilometri, ma l'odore del mare rimarrà ancora. Davanti alla porta di casa a Bologna.
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Con questa ricetta partecipiamo al Contest organizzato da Batù, nella categoria ANTIPASTI e per l'occorrenza abbiamo voluto proporre questo delizioso connubio di sapori.

ANELLI DI TOTANO AL BROCCOLO ROMANO CON UN TOCCO DI SICILIA

Ingredienti:
600 gr di anelli di totano freschi
400 gr di broccoletti
2 zucchine (tagliate a cubetti)
1 arancia (tagliata a spicchi e pelata a vivo)
1/2 cucchiaino di semi di anice
pepe quattro stagioni
1 spicchio d'aglio
1/2 bicchiere di vino bianco
olio extravergine d'oliva
sale

Come prima cosa tagliamo i broccoletti a cimette, le laviamo e le cuociamo brevemente in acqua bollente, quel tanto da garantire loro una metà cottura. Li scoliamo e li teniamo da parte.
Tagliamo le zucchine a cubetti e facciamo scaldare in una padella un filo d'olio extravergine d'oliva insieme ad uno spicchio d'aglio leggermente schiacciato. Quando quest'ultimo comincia a sfrigolare versiamo in padella gli anelli di totano e facciamo rosolare per una decina di minuti. Aggiungiamo le zucchine e quando avranno preso colore, sfumiamo con il vino bianco. Completiamo con un paio di generose macinate di pepe quattro stagioni e una volta che il vino è evaporato, uniamo anche le cimette di broccolo. Regoliamo di sale e profumiamo il piatto con mezzo cucchiaino di semi di anice un attimo prima di togliere dal fuoco. Impiattiamo completando il piatto con gli spicchi d'arancia pelati a vivo. Delizioso!

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