Fare trasporto aereo in Europa è materia complessa e anche le grandi compagnie di bandiera chiudono, si fondono o si ridimensionano in un mercato che sta cambiando e chiede una struttura di costi più snella per essere competitivi con le compagnie low-cost.
Per questo motivo far quadrare i conti è un impresa e sono tante le compagnie aeree di bandiera (esempio quella svizzera, greca, ungherese o belga,solo per citarne alcune) che hanno portato i libri in tribunale lasciando a casa tutti i propri lavoratori.
Miracolosamente quella italiana è ancora in piedi a forza di aiuti statali quasi incomprensibili, dove si è esteso per legge la cassa integrazione a 7 anni, per i privilegiati dipendenti di una compagnia in fallimento che percepiscono stipendi molto importanti, ben più alti di un comune operaio.
Infatti storicamente Alitalia è stata favorita in tante maniere dallo stato e dai governi, sia sul fronte delle pratiche anti concorrenziali, sia sul trattamento degli esuberi, spendendo tanto denaro pubblico che potrebbe finanziarie la cassa integrazione delle piccole aziende dove il dipendente prende 1000 euro, e per i quali, visti i tempi di magra, scarseggiano le risorse.
Ma per Alitalia si sono inventate nuove agevolazioni, un contratto sperimentale che permetterà i dipendenti della compagnia aerea di essere riassorbiti dal pubblico per il tramite delle regioni, creando ancora sperequazione differenziando i lavoratori di serie A, da quelli di serie B, senza contare che quelli di serie B ne avrebbero più bisogno e dato che la coperta è corta, sono quelli che rischiano di più per la mancata tutela dovuta allo scarseggiare dei fondi per le aziende in crisi.
E in tutto questo quadro CGIL cosa fa? Si permette il lusso di non firmare un contratto per una compagnia decotta, che miracolosamente ha trovato un compratore che si vuole illudere di poter salvare capra e cavoli?
Diciamo le cose come stanno: Alitalia è da anni un fallimento ambulante, dove lo stato ha fatto finta di uscire con la creazione di CAI e l’intervento dei c.d. capitani coraggiosi, ma che poi è rientrata per mezzo delle poste per cercare di immettere liquidi in una compagnia che rischiava di non avere i soldi per pagare il carburante dei propri aerei.
Etihad ha probabilmente poche speranze di cambiare le cose, ma ha dalla sua parte dei manager capaci indipendenti dalle spartizioni delle poltrone di italica cultura, capitali importanti alle spalle e un serio interesse a entrare in un mercato europeo (viste anche le operazioni che hanno portato la compagnia araba nel capitale di Air Serbia, Air Berlin e Darwin Airlines ora rinominata Etihad Regional) che non gli permette per legge di operare direttamente in quanto vettore non comunitario.
Ovviamente Etihad non è una Onlus, quindi ha necessità di far quadrare i conti , rinegoziando i debiti e snellendo il personale, almeno fino a quando non avrà raggiunto una dimensione tale da poter richiamare tutti gli attuali dipendenti, cosa possibile solo aumentando la flotta, operazione estremamente costosa e rischiosa (basti pensare che un solo aereo di medio raggio non costa meno di 70-80 milioni di dollari e ad Alitalia aerei ne servono parecchi, tra cui i ben più costosi aerei di lungo raggio)
Con queste premesse, e viste anche le estreme difficoltà per la rinegoziazione del debito (daltronde il capitale è in mano alle banche proprio per questa ragione), far saltare il tavolo, facendo scappare l’unico possibile investitore, per un pugno di lavoratori, comunque super tutelati, è da folli , anche solo perchè non si tratta di salvare 600 persone in più, ma di mandare a carte e quarantotto tutta la compagnia, mandando a casa tutta l’intera forza lavoro.
Ma questo a CGIL non interessa, è sempre pronta a fare casino quando non è il caso di farlo, e purtroppo sappiamo che non è la prima volta , dato che lo stesso scherzo lo ha fatto con Fiat, Indesit, Electrolux e tante altre aziende.
Quello che non capisce ( o forse lo capisce benissimo) è che non sta facendo gli interessi dei lavoratori , ma soltanto i propri, e non inteso quello dei loro tesserati, ma quello di scuola politica interessata solo a far fare carriera ai propri sindacalisti nelle file di determinati partiti, calpestando le responsabilità verso quei lavoratori che dovrebbero difendere.
Chi difendono invece è solo se stesso, proteggendo nullafacenti e assenteisti che portano voti al partito e non venendo incontro alle aziende in un periodo di crisi dove solo aumentando la produttività, anche a costo di chiedere un piccolo sforzo anche ai lavoratori, si può vincere la concorrenza delle imprese straniere.
Invece il sindacato dinosauro protegge i soliti noti ottenendo più povertà sia per le aziende, che per i lavoratori, che nelle nazioni europee più evolute (esempio nella nazione modello, la Germania) sono pagati in base alla loro produttività ottenendo stipendi ben più sostanziosi e contribuendo veramente alla crescita economica del paese, al contrario di ciò che succede da noi.
Brian Boitano (redattore)