Stavolta non andremo a scassinare la dimora di un gigante. Ci limiteremo a farci stimolare da un vecchio consiglio del buon Chuck Palahniuk. Non abbiamo bisogno di ricordarci chi sia Chuck, giusto? Per questo, se proprio servisse, c’è sempre wikipedia. Ad ogni buon conto, per Chuck è fondamentale una questione: “Sorprenditi. Se riesci a portare la storia – o se la storia porta te – in un posto che ti stupisce, allora potrai sorprendere il tuo lettore. Nel momento in cui riesci a vedere chiaramente una sorpresa, lì ci sono delle possibilità e così sarà per il tuo sofisticato lettore”.
Non c’è nulla da fare, quella roba lì, il saper scrivere, o ce l’hai o non ce l’hai. Ma questo non sono io a dirlo. La prima cosa, quindi, è capire se ce l’hai. Il più delle volte arriviamo a dircelo da soli. Ce lo ripetiamo con sempre maggiore convinzione, finché arriva il giorno in cui selliamo il cavallo, lo montiamo e partiamo per trovare qualcuno che ce lo confermi. Quando riusciamo a sciogliere anche l’ultimo dubbio che lo scrivere sia la nostra ragione di vita, allora puntiamo dritti verso l’impararlo a fare bene, visto che non sempre ci viene buona la prima. Solo a una come Mina accade (lei legge lo spartito, canta a bassa voce una volta e subito registra). Maneggiare i ferri del mestiere (o la penna se preferite, o i tasti del computer), lo si può imparare da soli, giuro qualcuno ci riesce. Oppure affidandoci a qualcuno che ce lo insegni. Nel primo caso, come per qualsiasi mestiere si intraprenda da autodidatta, dobbiamo darci un metodo, sperimentare, smontare e rimontare con pazienza maniacale, scoprire cosa ci riesce meglio, e portarlo alla perfezione. Soprattutto dobbiamo essere i più spietati, cinici e incontentabili lettori di noi stessi. Questo non sempre è facile. Altrimenti (da cui il secondo caso), dobbiamo affidarci a qualcuno che ci suggerisca come e cosa correggere. In tale evenienza, forse potrebbe essere utile domandarsi se lo scrivere sia davvero la nostra strada, ma questo lo si potrebbe decidere anche in un secondo tempo. Non escludo che l’aiuto di altri possa condurci ad affinare lo stile o la tecnica narrativa. Non lo ha escluso neppure Chuck, che per diventare l’autore di Fight Club ha frequentato il laboratorio di scrittura (Dangerous Writing) tenuto da Tom Spanbauer. Quindi evviva i corsi di scrittura creativa, il prendere ripetizioni, comprare manuali a fascicoli in edicola, qualsiasi cosa ci possa tornare utile a fare la punata alle nostre frecce.

Samuel Giorgi