Ci sono posti in cui dovresti rilassarti, e di fatto la gente comune vi si rilassa. In quegli stessi posti, io invece assumo posture e tensioni tipicamente feline. Posti in cui sono in allerta, mi sento osservato, sono maggiormente incline, ben più di sempre, all’autocontrollo e all’autopunizione, e mi muovo pavido affettato e un tantinello robotico.
Ad esempio, i ristoranti “all you can eat”, fautori cioè della formula “paga un fisso e mangia quanto ti pare”.
Non mi ci sono imbattuto spesso, sono cose da grande città, ed in effetti mi ci sono ritrovato per caso tre giorni fa, durante il soggiorno barcellonico a scrocco da mio fratello Pfaff.
Davanti mi si para il classico ristorante giapponese di nome e cinese di fatto, con camerieri coreani e cuochi tailandesi. Menù molto vario e non proprio tutto orientaleggiante, ma i vassoi del buffet sono invitanti. Il prezzo indicato dalla lavagnetta pare inequivoco: 8,40 a testa, bevande escluse, e magni quello che ti pare.
Io sono molto timoroso sin dall’inizio, e tempesto Pfaff di mille paranoie già prima di sederci: “Ma siamo sicuri che hai letto bene?” “Non è che alla fine ci troviamo la sorpresa sul conto?”
Ora, è bene chiarire subito che mio fratello Pfaff è un affascinante affabile e brillante poliglotta cosmopolita che di italiano ormai riesce a scandire solo tre o quattro frasi da personaggio dei fumetti con aria perennemente incazzata: 1) la sua solare educazione si esprime con un “Che cacchio vuoi?” 2 La quasi-bestemmia “Porco l’oste!” esprime stati di rabbia repressi a stento 3. “Ma sei un trimone!” lo riserva solo ai suoi due fratelli. 4) “Odio, odio, mamma che odio” è un borbottio-mantra che fa da colonna sonora ai suoi soliloqui.
Detto questo, alle mie domande imparanoiate Pfaff risponde alternando una delle 4 frasi tipiche anzidette, anche se la n. 3 sembra vincere per distacco.
Ad ogni modo prendiamo il vassoio, e mentre mio fratello si serve con vorace gozzoviglia, mettendo nel piatto di ogni senza alcun ordine filologico-alimentare, io mi aggiro per il buffet come un ladro, guardandomi attorno, prendendo poche cose e mettendomi subito a sedere.
5 minuti e mio fratello si alza per prenderne ancora, tra le mie resistenze e i miei rinnovati dubbi, subito sopiti dalla sua furia:“Ma sei un trimone, porco l’oste! C’è scritto che puoi mangiare quanto ti pare, che cacchio vuoi? Mamma che odio!” Dopo questa sintetica antologia del suo residuo vocabolario italiano, mi convinco a fare il bis, prendendo il cibo con le pinze come se fosse radioattivo e selezionando con maggior cura, attento agli sguardi degli inservienti ritti e seri in viso, mentre mio fratello pareva un muratore con la cazzuola che invece della calcina prendeva il cibo e lo sbatteva sul piatto.
Ora, è il caso che io spieghi il perchè della mia ansia e della mia ritrosia quando mi ritrovo in luoghi in cui puoi nutrirti fino a scoppiare in cambio di 8 euro e 40.
1) Motivo economico.
Cristo santo, un ristorante che ti fa mangiare quello che vuoi per 8 euro e 40, o sta riciclando soldi della mafia, o ci lavorano in perdita 20 frati benedettini orientali dediti alla carità, oppure a fare il contabile ci hanno messo una bertuccia incatenata ad una scrivania. Insomma, io non ho studiato economia, ma so far di conto, e questo ristorante non sta in piedi. Affitto, manodopera, materie prime, tasse, cazzi e mazzi, e chi lo paga? Io che sgancio 8 schifosi euro in cambio di pesce e carne a volontà? Quindi ci deve essere il trucco. Sei attirato con l’inganno di una cena pantagruelica senza fine, e in realtà gli inservienti muti a braccia conserte stanno mentalmente prendendo nota di tutto quello che ti stai impiattando, pronti a farti un mazzo così in sede di conto. E se protesti dicendo che era tutto a volontà, ti danno tanti di quei calci nel culo a volontà che ti passa la voglia di fare il garibaldino.
2) Motivo di buona educazione. Io quando sono ospite a casa d’altri accetto volentieri il piatto che mi viene porto, non faccio complimenti. Ma se mi si chiede se voglio il bis, beh, scattano remore di galateo che mi spingono a controllarmi, insomma, non voglio approfittare della disponibilità, non voglio evidenziare che sono un maiale che mangia di tutto. Beh, lo stesso mi capita in questi locali: questa brava gente mi dà cibo a poco prezzo, ed io mi vergogno ad approfittarne in modo così spudorato. Lo so, mi ci vuole uno psichiatra.
3) Motivo enogastronomico. Siccome nessun ristorante lavora in perdita, siccome i monaci benedettini al massimo fanno gli amari centerbe nell’alto Lazio e non gestiscono ristoranti orientali a Barcellona, siccome i camerieri non possono essere pagati con litri di salsa di soia, una spiegazione ci deve essere, ed è che il cibo che mangi ha la stessa qualità di quello della mensa militare dell’esercito ribelle di una qualunque repubblica del centrafrica. Quella che sembra carne di maiale, in realtà, è carne di cane bagnato. Quel tonno non è tonno, è filetto di un cefalone da due kili imbottito di nafta pescato accanto all’Ilva di Taranto. I moscardini che mangi non hanno passato il vaglio dell’Ufficio di Igiene paraguayano, e sono fritti nel loro stesso disgusto da cuochi privi del senso dell’olfatto causa l’amputazione del naso. Il sushi è della stessa consistenza plastica del seno o di una chiappa di una Barbie (non chiedetemi perchè sono al corrente di tale consistenza: non ho fatto male a nessuno, era solo una bambola ed io un bambino curioso).
Ecco, se la qualità del cibo fosse questa, tutto quadrerebbe. E invece manco per niente.
Il cibo è buono, davvero. Ed ho pagato davvero solo 8 euro e 40 più IVA. Mentre mio fratello pagava il conto, io mi aspettavo l’agguato, l’ufficiale giudiziario che ci sequestrasse per debiti, il ludibrio generale, e invece nulla, siamo usciti satolli senza colpo ferire.
Nell’aria fredda e limpida di Barcellona, pacificato col mondo, desideroso solo di un buon caffè, ho dovuto ammettere a mio fratello che mi sbagliavo ad avere tutti quei sospetti. A che lui, per tutta risposta, si è rilassato a sua volta, guardandomi in faccia e dicendomi finalmente qualcosa di diverso: “Porco l’oste, e vedi che sei un trimone, te l’avevo detto io, odio, proprio, odio!!”
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Ci sono posti in cui dovresti rilassarti, e di fatto la gente comune vi si rilassa. In quegli stessi posti, io invece assumo posture e tensioni tipicamente feline. Posti in cui sono in allerta, mi sento osservato, sono maggiormente incline, ben più di sempre, all’autocontrollo e all’autopunizione, e mi muovo pavido affettato e un tantinello robotico.
Ad esempio, i ristoranti “all you can eat”, fautori cioè della formula “paga un fisso e mangia quanto ti pare”.
Non mi ci sono imbattuto spesso, sono cose da grande città, ed in effetti mi ci sono ritrovato per caso tre giorni fa, durante il soggiorno barcellonico a scrocco da mio fratello Pfaff.
Davanti mi si para il classico ristorante giapponese di nome e cinese di fatto, con camerieri coreani e cuochi tailandesi. Menù molto vario e non proprio tutto orientaleggiante, ma i vassoi del buffet sono invitanti. Il prezzo indicato dalla lavagnetta pare inequivoco: 8,40 a testa, bevande escluse, e magni quello che ti pare.
Io sono molto timoroso sin dall’inizio, e tempesto Pfaff di mille paranoie già prima di sederci: “Ma siamo sicuri che hai letto bene?” “Non è che alla fine ci troviamo la sorpresa sul conto?”
Ora, è bene chiarire subito che mio fratello Pfaff è un affascinante affabile e brillante poliglotta cosmopolita che di italiano ormai riesce a scandire solo tre o quattro frasi da personaggio dei fumetti con aria perennemente incazzata: 1) la sua solare educazione si esprime con un “Che cacchio vuoi?” 2 La quasi-bestemmia “Porco l’oste!” esprime stati di rabbia repressi a stento 3. “Ma sei un trimone!” lo riserva solo ai suoi due fratelli. 4) “Odio, odio, mamma che odio” è un borbottio-mantra che fa da colonna sonora ai suoi soliloqui.
Detto questo, alle mie domande imparanoiate Pfaff risponde alternando una delle 4 frasi tipiche anzidette, anche se la n. 3 sembra vincere per distacco.
Ad ogni modo prendiamo il vassoio, e mentre mio fratello si serve con vorace gozzoviglia, mettendo nel piatto di ogni senza alcun ordine filologico-alimentare, io mi aggiro per il buffet come un ladro, guardandomi attorno, prendendo poche cose e mettendomi subito a sedere.
5 minuti e mio fratello si alza per prenderne ancora, tra le mie resistenze e i miei rinnovati dubbi, subito sopiti dalla sua furia:“Ma sei un trimone, porco l’oste! C’è scritto che puoi mangiare quanto ti pare, che cacchio vuoi? Mamma che odio!” Dopo questa sintetica antologia del suo residuo vocabolario italiano, mi convinco a fare il bis, prendendo il cibo con le pinze come se fosse radioattivo e selezionando con maggior cura, attento agli sguardi degli inservienti ritti e seri in viso, mentre mio fratello pareva un muratore con la cazzuola che invece della calcina prendeva il cibo e lo sbatteva sul piatto.
Ora, è il caso che io spieghi il perchè della mia ansia e della mia ritrosia quando mi ritrovo in luoghi in cui puoi nutrirti fino a scoppiare in cambio di 8 euro e 40.
1) Motivo economico.
Cristo santo, un ristorante che ti fa mangiare quello che vuoi per 8 euro e 40, o sta riciclando soldi della mafia, o ci lavorano in perdita 20 frati benedettini orientali dediti alla carità, oppure a fare il contabile ci hanno messo una bertuccia incatenata ad una scrivania. Insomma, io non ho studiato economia, ma so far di conto, e questo ristorante non sta in piedi. Affitto, manodopera, materie prime, tasse, cazzi e mazzi, e chi lo paga? Io che sgancio 8 schifosi euro in cambio di pesce e carne a volontà? Quindi ci deve essere il trucco. Sei attirato con l’inganno di una cena pantagruelica senza fine, e in realtà gli inservienti muti a braccia conserte stanno mentalmente prendendo nota di tutto quello che ti stai impiattando, pronti a farti un mazzo così in sede di conto. E se protesti dicendo che era tutto a volontà, ti danno tanti di quei calci nel culo a volontà che ti passa la voglia di fare il garibaldino.
2) Motivo di buona educazione. Io quando sono ospite a casa d’altri accetto volentieri il piatto che mi viene porto, non faccio complimenti. Ma se mi si chiede se voglio il bis, beh, scattano remore di galateo che mi spingono a controllarmi, insomma, non voglio approfittare della disponibilità, non voglio evidenziare che sono un maiale che mangia di tutto. Beh, lo stesso mi capita in questi locali: questa brava gente mi dà cibo a poco prezzo, ed io mi vergogno ad approfittarne in modo così spudorato. Lo so, mi ci vuole uno psichiatra.
3) Motivo enogastronomico. Siccome nessun ristorante lavora in perdita, siccome i monaci benedettini al massimo fanno gli amari centerbe nell’alto Lazio e non gestiscono ristoranti orientali a Barcellona, siccome i camerieri non possono essere pagati con litri di salsa di soia, una spiegazione ci deve essere, ed è che il cibo che mangi ha la stessa qualità di quello della mensa militare dell’esercito ribelle di una qualunque repubblica del centrafrica. Quella che sembra carne di maiale, in realtà, è carne di cane bagnato. Quel tonno non è tonno, è filetto di un cefalone da due kili imbottito di nafta pescato accanto all’Ilva di Taranto. I moscardini che mangi non hanno passato il vaglio dell’Ufficio di Igiene paraguayano, e sono fritti nel loro stesso disgusto da cuochi privi del senso dell’olfatto causa l’amputazione del naso. Il sushi è della stessa consistenza plastica del seno o di una chiappa di una Barbie (non chiedetemi perchè sono al corrente di tale consistenza: non ho fatto male a nessuno, era solo una bambola ed io un bambino curioso).
Ecco, se la qualità del cibo fosse questa, tutto quadrerebbe. E invece manco per niente.
Il cibo è buono, davvero. Ed ho pagato davvero solo 8 euro e 40 più IVA. Mentre mio fratello pagava il conto, io mi aspettavo l’agguato, l’ufficiale giudiziario che ci sequestrasse per debiti, il ludibrio generale, e invece nulla, siamo usciti satolli senza colpo ferire.
Nell’aria fredda e limpida di Barcellona, pacificato col mondo, desideroso solo di un buon caffè, ho dovuto ammettere a mio fratello che mi sbagliavo ad avere tutti quei sospetti. A che lui, per tutta risposta, si è rilassato a sua volta, guardandomi in faccia e dicendomi finalmente qualcosa di diverso: “Porco l’oste, e vedi che sei un trimone, te l’avevo detto io, odio, proprio, odio!!”
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