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Alla ricerca di atti metafisici

Creato il 16 giugno 2012 da Lucas
«Se invece si sarà accostato a questo testo qualcuno che vive soltanto secondo la carne, a costui deriverà non poco rischio e pericolo. Poiché infatti non sa ascoltare le espressioni amorose con purezza e casto orecchio, tutto ciò che ascolta trasferirà dall'uomo interiore all'uomo esteriore e carnale, lo piegherà dallo spirito alla carne, nutrirà in sé le concupiscenze carnali e a motivo della sacra Scrittura sembrerà spinto e incitato alla libidine della carne. Perciò ammonisco e consiglio ognuno, che non è ancora libero dalle molestie della carne e del sangue e non si è ancora affrancato dalle affezioni della materia, di astenersi completamente dalla lettura di questo libro e dalla spiegazioni che su di esso vengono fornite».
Origene, Commento al Cantico dei cantici, Città Nuova, Roma 1976 (traduzione di Manlio Simonetti).
Mi ricordo benissimo il passaggio da Playboy(o Le Ore) al Cantico dei cantici. Avevo sui 17-18 anni, non ricordo esattamente, e molto spesso il pene in mano, per dare pratica e sfogo a delle esigenze poco pentacostali. Ma la pornografia mi stancava grandemente, in quanto si trattava di osservare sempre i cazzi degli altri trovare frescura e tepore tra gli anfratti muliebri – mentre il mio, timido, nella mano, disperava.Così mi avvicinai alle Sacre Scritture, penna in mano, oramai affrancato dalle ubbie catechistiche e voglioso di rincorrere «le molestie della carne e del sangue» (?), di adagiarmi sulle «affezioni della materia».Scelsi la versione ceronettiana chiaramente, quella pubblicata da Adelphi nel 1975 e ristampata poi nel 1982.Ancora oggi, quando il pensiero dell'amore si associa a quello della tribolazione, mi capita sovente di tuffarmi nell'ebbrezza dei versi del Cantico, anche se con più disincanto e meno mani tra i pantaloni.Bastano pochi versi, soprattutto i primi, a infondere la soave illusione che un bacio, un bacio soltanto, ma un bacio d'amore s'intende, sia il proseguimento della parola, sia il nostro verbo che diventa carne nell'altro e ci fa all'altro veramente presenti.
Mi abbeveri di baci la tua boccaPerché il tuo amore inebria più del vinoÈ bello i tuoi profumi respirareIl tuo nome è un unguento penetratoDalle vergini sacre sei amatoTrascinami con te nella tua corsa
Baciarsi, quando diventa l'esito di un incontro, è un atto metafisico. Il suo compiersi illumina il vissuto e si resta abbacinati, dacché – in quell'attimo – ci si sente trascinati dentro l'essere dell'altro, in una ritrovata unità.
Stop. Conto di ritornarci. Ora fuori a godersi il tardo pomeriggio di un sabato africano. Dicono le ciliegie.

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