L’insolvenza, ovvero l’incapacità di far fronte al pagamento delle rate in relazione all’accensione di un prestito è un fenomeno molto diffuso, basti pensare che nel mese di dicembre Bankitalia ha sottolineato che il 5 % delle famiglie che ha acceso un mutuo non riesce ad onorare i propri impegni.
Ma non sono solo le famiglie che boccheggiano, altri dati rilevano che il 19 % dei disoccupati non riesce a pagare le rate del mutuo e le percentuali aumentano ancora se si considerano i precari.
Questi dati sono riferiti al 2007 e quindi vanno letti nell’ottica che sono ridimensionati rispetto alla situazione attuale, dal 2007 ad oggi, la situazione economica del Paese è peggiorata, i disoccupati e i precari sono sempre di più.
Come fare per risolvere questo problema?
La strategia utilizzata dal Governo è quella di porre in essere delle moratorie per chi non riesce a pagare le rate, si tratta della sospensione del pagamento delle rate per un periodo determinato, oppure proprio recentemente, si è cercato di agevolare l’accensione di contratti di mutuo da parte dei precari e di famiglie che presentano un reddito basso, con lo Stato che fa da garante nel caso in cui i soggetti in questione non riescono a pagare; in tutti e due i casi si tratta di provvedimenti provvisori ed urgenti che tamponano sul momento il grave disagio delle persone, ma che non sono risolutori.
Sono situazioni nelle quali lo Stato temporaneamente fa da garante, o propone, attraverso la concertazione tra le associazioni bancarie e le associazioni dei consumatori, dei periodi di sospensione dal pagamento delle rate.
Nel medio periodo potremmo dire che la strategia è quella di contenere la spesa pubblica, recuperare risorse dagli evasori fiscali e cercare di far ripartire l’occupazione e quindi i consumi.
Oggi però, per sottolineare questo grave allarme sociale, vogliamo evidenziare una proposta di risoluzione del problema diversa dalle altre: il diritto alla bancarotta per i precari.
Non si tratta di una mera provocazione, ma di una ricetta che negli Stati Uniti, per esempio, è già in vigore, il senso di questa proposta è che lo Stato non può prevedere ammortizzatori sociali solo per le imprese, l’integrazione salariale che molto spesso lo Stato compie in presenza di imprese in crisi dovrebbe estendersi non soltanto alle persone giuridiche, ma anche alle persone fisiche.
E’ di tutta evidenza che l’applicazione di un tale sistema comporterebbe delle spese molto ingenti per lo Stato che già fa molta fatica a tenere il passo alle crisi industriali mettendo con grande fatica in campo strumenti di assistenza come la cassa integrazione, ma il punto, al di là delle considerazione pratiche, è di far valere un principio e cioè: posto che un disagio economico può colpire sia persone fisiche che persone giuridiche e posto che non esiste oggettivamente una scala mediante la quale dire chi ha più disagio, è giocoforza sostenere le iniziative che pongano sullo stesso piano le crisi delle imprese e le crisi economiche delle persone.
Lo strumento può essere la bancarotta, ma ce ne potrebbero essere molti altri, l’importante è il punto dal quale partire: non bastano le moratorie, le piccole sospensioni dal pagamento delle rate, anche per le persone fisiche, lo Stato deve mettere in campo tutte le energie necessarie per fronteggiare una sofferenza ormai dilagante.