Allrugby di novembre è in edicola con il suo numero 53 con il racconto e le immagini della fase finale dei Mondiali in Nuova Zelanda e delle partite decisive, e un primo bilancio del torneo.
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Pubblico ora uno stralcio dell’editoriale del direttore, Gianluca Barca
Che nessuno ci venga più a raccontare le meraviglie del Tri Nations e i fuochi d’artificio del Super Rugby. La Coppa del Mondo del 2011 ha ribadito che quando in palio ci sono traguardi importanti, nessuno regala niente e il gioco torna a essere quello di un tempo: difese serrate, fasi statiche rigorose, battaglie feroci sui punti d’incontro, punteggi minimi e vantaggi risicati.
È il rugby del Vecchio Continente, bellezze, che vince anche quando perde. Quelle partite dell’Emisfero Sud con la palla che viaggia per infiniti minuti da una parte all’altra del campo, con repentini e continui cambi di fronte e sequenze da apnea, nel Mondiale sono state un miraggio. Sedici mete tra quarti di finale e finale (esclusa quella per il terzo posto): nel 2007 erano state di più, 18. Ma siccome lo spettacolo era modesto, dopo Inghilterra-Sudafrica di quattro anni fa (finita senza mete), furono introdotte le ELVs (ricordate?), quelle regole che avrebbero dovuto cambiare il rugby e rendere lo spettacolo planetario. Dopo un paio di stagioni di bluff, invece, in cui tutti si sono abbandonati a magnificare la nuova filosofia del gioco, siamo tornati ai punteggi degli anni Cinquanta (…)
Nel Mondiale delle difese, dei placcaggi che per contarli ci voleva il pallottoliere, di ruck e maul feroci e spesso lente e claustrofobiche, paradossalmente è mancata proprio l’Italia, che di queste caratteristiche aveva fatto il proprio credo, o almeno avrebbe dovuto. (…)
Adesso, in Italia, si apre l’era Brunel, che noi auspichiamo più di soddisfazione di quelle di Johnstone, di Kirwan, di Berbizier e anche dell’ultimo Mallett. Ma per giudicarlo sarà importante sapere qual è il suo mandato: gli si chiederà di vincere o di lavorare per il futuro? Un futuro, eventualmente, quanto lontano? E con quali e quanti strumenti dovrà e potrà lavorare? E se dobbiamo vincere, cosa siamo disposti a sacrificare per un pugno di risultati sporchi, maledetti e subito? (…)