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Alluvione in Veneto. E' sussurro nazionale.

Creato il 07 novembre 2010 da Barbaragreggio
Alluvione in Veneto. E' sussurro nazionale. Alluvione in Veneto. E' sussurro nazionale. Alluvione in Veneto. E' sussurro nazionale. Alluvione in Veneto. E' sussurro nazionale. E' sera, ma fuori fa buio come fosse già notte. I lampioni, lungo le strade deserte, rilasciano un fascio di luce carico d'acqua. I canali s'ingrossano, il fiume si fa minaccioso, gli argini sono zuppi. Piove incessantemente da ore, con un'insistenza presaga del peggior finale. Il fiume si gonfia inesorabile, in più punti minaccia di straripare. Piccoli vortici increspano la superficie avanzando in direzioni opposte, fino a scontrarsi. La discesa verso il mare è rapida, così come la risalita forzata verso la pianura. Soffia vento di scirocco, il libero sfogo dei corsi d'acqua viene rispedito verso l'alto, ben oltre la portata del letto. "Tra un'ora rompiamo l'argine, non c'è alternativa. Evacuare popolazione zona a rischio, fino oltre a Cà Erizzo." E invece l'argine si rompe da solo, a Bovolenta, dal lato opposto a quello previsto. Le case spariscono sotto l'ondata inattesa, restano fuori i tetti e parte dei piani rialzati. Il quartiere residenziale oltre il ponte, le abitazioni verso Cagnola, la zona artigianale. L'acqua entra nelle taverne, riempie i muri delle cantine, sommerge i macchinari industriali dentro i capannoni. Il distributore di benzina scompare, a segnalare la sua esistenza rimangono soltanto le insegne al neon. Il fiume è acqua marrone, fango e melma. L'onda che entra nelle case è viva. Ci sono vermi, topolini di campagna, nutrie. Sì, le nutrie. Castorini che vivono nei canali e si cibano della terra degli argini, creando i fontanazzi (sorgenti che si formano per infiltrazione d'acqua sul lato esterno di un argine durante le piene del fiume). Gli animalisti hanno alzato la voce per difendere questi animali, "giù le mani dalle nutrie!" urlavano convinti qualche anno fa. Tanto che la disinfestazione è stata bloccata, e gli argini indeboliti dagli attacchi famelici dei roditori. L'argine che portava al mare, quello percorso nei fine settimana estivi per raggiungere Sottomarina, è rimasto chiuso a lungo, causa lavori di rafforzamento. Le nutrie non si toccano, no. E i buchi negli argini si riempiono dell'acqua del fiume, allargandosi fino al cedimento. I vigili del fuoco trascorrono la notte a sfollare le abitazioni sommerse, caricano alla bene e meglio intere famiglie. Destinazione: scuole, palestre, palazzetti dello sport. Il ponte di Tencarola è già chiuso, l'acqua ha la meglio anche a Casalserugo. Interi comuni tra Verona e Vicenza combattono contro la furia dell'alluvione dal giorno precedente. Un disperso, poi ritrovato morto. Altri due se ne aggiungeranno nel corso delle ore. Il piazzale antistante la Chiesa di Cresole di Caldogno diventa il simbolo di questa tragedia, forse annunciata, certamente ignorata. Il Tg3 del Veneto dedica uno speciale all'alluvione ieri, sabato 6 novembre. Cinque giorno dopo l'inizio della calamità naturale che ha messo in ginocchio Verona, Vicenza, Padova e parte della bassa. Strade chiuse, elicotteri in volo, mezzi anfibi in costante spostamento. I gommoni carichi di sfollati alla ricerca di un oggetto prezioso - in questi casi affettivamente e non materialmente - da portare in salvo. Mobili ammassati lungo le strade sgombre d'acqua e piene di fango, reti accatastate, lavatrici inutilizabili, credenze gonfie di legno umido. I sindaci chiedono attenzione, ma a chi? Le televisioni nazionali, con i loro giornalisti, faticano a raggiungere i luoghi colpiti. E non certamente per motivi logistici. Televeneto, Antenna 3, Telenuovo, Telepadova e molte altre realtà locali sono sul posto da giorni, Il Mattino di Padova ha trasformato le prime pagine del suo quotidiano in bacheche virtuali, dove i comuni possono richiedere generi alimentari o idrovore. Nei telegiornali nazionali poco spazio, tardivamente, all'alluvione in Veneto. Bontà loro, colpa nostra. Il capo della Protezione Civile, nel rush finale del suo incarico, ha ribadito la necessità di prevenire simili catasfrofi, investendo nella cura del territorio. Pieno consenso, se non fosse che poi Provincia e Regione si rimpallano la patata bollente dell'inadempienza. L'accordo si trova poi addosando la colpa al taglio dei fondi per le Regioni. Colpa dello Stato, suvvia! Stride, però, leggere che la Provincia ha stanziato un fondo di 15.600 € per promuovere Venezia nel mondo, notoriamente città sconosciuta al panorama internazionale. Viene da chiedersi come mai un evento di simile portata sia stato solo sussurrato dagli organi d'informazione nazionale, giusto accennato in chiusura di telegiornale, o oltre pagina 20 sui quotidiani. Esiste una disgrazia di serie A e una di serie B? Tre morti non fanno notizia, sono pochi per suscitare indignazione. L'alluvione si è dispersa a macchia di leopardo, mangiandosi case, negozi, centri storici, ma non è riuscita a colpire l'animo degli italiani. Sarà che il Veneto è operoso per natura, e galosce ai piedi, capello in testa, tutti a spalare fango e prosciugare cantine. Il Bacchiglione non è il Po, certo. Suona un cliché usurato ormai, quello del Nord che agisce e non attende aiuti dallo stato centrale. Così fecero in Friuli, dando il pessimo esempio dell'arrangiarsi da soli a riscostruire. Così fanno ora le migliaia di persone sfollate, incapaci di rimanere a guardare. Non arriveranno i soldi, come non sono arrivati per la tromba d'aria della scorsa estate. Il sindaco di Montegrotto Terme, Luca Claudio, minacciò poi di sciogliere il comune per mancanza di fondi. Non lo ha fatto - ovvio - per senso del dovere, mi auguro. I danni si conteranno tra qualche giorno, quando anche la seconda ondata di piogge attesa per le prossime ore sarà passata. Magari con il ritrarsi delle acque e l'evidenza del disastro, qualche telegiornale lancerà una sottoscrizione pubblica per gli alluvionati del Veneto. "Non è la prima volta che il fiume invade le nostre case, un giorno però le acque si ritireranno ed il sole ritornerà a splendere. Allora ci ricorderemo della fratellanza che ci ha unito in queste ore terribili e con la tenacia che Dio ci ha dato ricominceremo a lottare perché il sole sia più splendente, perché i fiori siano più belli e perché la miseria sparisca dalle nostre città e dai nostri villaggi. Dimenticheremo le discordie, e quando avremo voglia di morte cercheremo di sorridere, così tutto sarà più facile e il nostro paese diventerà un piccolo Paradiso in Terra." (Monologo tratto da "Il ritorno di Don camillo", parte finale. Alluvione del Po, 1951). Foto gentilmente concesse da Fabiola Barison, abitante di Bovolenta (PD). Barbara Greggio

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