Due gare e due piloti. Fernando Alonso contro Sebastian Vettel, entrambi già bicampioni del mondo, tra Austin e Interlagos si giocano la chance di arrivare a tre allori come Jack Brabham, Jackie Stewart, Niki Lauda, Nelson Piquet e Ayrton Senna.
Non è solamente una sfida iridata: è anche il confronto tra due stili di vita e due personalità caratterialmente opposte. Alonso carismatico e certe volte troppo cupo. Vettel con la faccia eterna del bambino e la battuta a portata di mano dovunque e sempre.
Opposti anche i percorsi agonistici del 2012 in termini di mezzi tecnici e testa. Mentre la Formula 1 monta le tende in Texas, la tecnologia e i numeri lanciano Seb: ha la macchina più veloce del lotto, viene da quattro vittorie nelle ultime cinque gare e soprattutto vanta un bottino di dieci punti di vantaggio che gli regalano il primo match ball. Stefano Domenicali negli Emirati Arabi si concedeva un minimo d’ottimismo: “Dieci punti possono essere tutto e niente”.
Ma sul fronte rosso Fernando non vince da luglio, paga il ritmo di sviluppo della Ferrari e la croce della galleria del vento di Fiorano. Eppure, “per la sua squadra – annota Mario Andretti – ha fatto l’impossibile”. Lo dice perfino Hamilton, con devozione sospetta: “Da lui ho imparato tantissimo quando siamo stati compagni di squadra alla McLaren”.
Jacques Villeneuve che mai s’è tenuto niente per sé, sulla lotta tra Seb e Nando dice: “Tifo per Alonso perché rimane tranquillo, freddo e razionale, mentre Vettel il più delle volte perde la calma e si arrabbia. Come un bambino”. E la storia racconta che il Mondiale spesso è anche questione di nervi.