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Altra sconfitta della Chiesa di plastica e vittoria della Chiesa dei poveri

Creato il 20 febbraio 2013 da Cremonademocratica @paolozignani

Il promotore della causa di beatificazione di don Primo Mazzolari, don Bruno Bignami, rilancia nell’ora cruciale della Chiesa cattolica un simbolo d’innovazione a lungo soffocato dai clamori massmediatici della Chiesa di plastica, fatta di chiasso, gossip, gerarchia, tv e immagini più che di sostanza. Lo stesso Paolo VI, Papa tanto criticato dai tradizionalisti di oggi, dai superconservatori che scambiano il Concilio Vaticano II con una specie di ’68 cattolico (?!?), sosteneva che il prete partigiano era “più avanti di noi” e che “stentiamo a tenere il suo passo”. Al centro della predicazione e della meditazione di don Primo la povertà.

don Primo Mazzolari

don Primo Mazzolari

Dire povertà negli anni dell’ostentazione del successo? Nel ventennio pazzo di Comunione e Liberazione e della corsa al potere?

Quella di don Primo è un’altra storia. Nasce nel 1890 al Boschetto (Cremona), anticipa in modo “profetico” alcune tesi che poi furono elaborate dal Concilio Vaticano II: la Chiesa dei poveri, il confronto con i “lontani”, il pluralismo, la libertà religiosa. La democrazia.

E’ antifascista, nasconde e salva numerosi ebrei durante la seconda guerra mondiale, e anche se nella Grande Guerra era stato interventista e cappellano militare, nel secondo dopoguerra elabora un pensiero pacifista.

E’ stato partigiano e perseguitato dai fascisti, ha dovuto nascondersi: durante il Ventennio non si è piegato, non ha cantato il Te Deum dopo l’attentato da cui si salvò Mussolini.

La Chiesa lo mette da parte, lo costringe al silenzio. Il suo settimanale, “Adesso”, infatti, deve chiudere dopo pochi anni, fondato nel 1949. Viene emarginato e non può predicare se non fuori diocesi. Era il parroco di Bozzolo, ma si legò al movimento spirituale fiorentino, di Ernesto Balducci e poi Giorgio La Pira, oltre che don Lorenzo Milani, che scrisse “L’obbedienza non è più una virtù”.

E’ un riformismo cristiano che si genera pensiero e riflessione e scuote profondamente la Chiesa cattolica. Nel 1955 don Primo, il “parroco di Bozzolo”, come lo chiamavano, pubblica senza firmarlo “Tu non uccidere” e approda alla nonviolenza, abbatte le teorie della guerra giusta e “l’ideologia della vittoria”.

Solo negli ultimi anni di vita riceve i primi riconoscimenti dalle gerarchie ecclesiastiche. Viene chiamato a predicare dall’arcivescovo di Milano Montini, il futuro Paolo VI, e poi viene ricevuto da Giovanni XXIII. Ora il Vaticano non si vergogna più di don Primo, non lo nasconde, non lo zittisce: si rende conto invece della straordinaria forza rivoluzionaria che ha la sua predicazione e l’esempio della sua vita.

Mai più dimenticato, don Primo riemerge ora grazie all’intenso lavoro di don Bruno Bignami, presidente della Fondazione don Primo Mazzolari. La Chiesa dei poveri, forse l’unica che possa comprendere l’uomo di oggi, può venire pienamente alla luce.


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