C’è una notizia che rallegrerà tutti gli italiani reduci dalle mini-scorpacciate delle feste più sfigate degli ultimi 150 anni, il costo del caffè alla Buvette di Montecitorio passerà da 70 a 80 centesimi, il cappuccino da 1 euro a 1 euro e 10 centesimi, il croissant da 80 a 90 centesimi. Così il governo del Professore ha deciso di dare un colpo mortale ai privilegi della Casta. E non se ne parli più. Per gli onorevoli e i senatori questo è un duro colpo. Ancora in vacanza, al rientro troveranno il listino dei prezzi del bar rincarato di una percentuale che va dal 10 al 20 per cento. E non se parli più. Agli italiani che già pagano il caffè 1 euro, la notizia farà sorridere, altri si incazzeranno, altri ancora penseranno che, nonostante tutto, quei poveri cristi di politici non meritavano un simile aumento mentre troveranno sacrosanto quello della benzina verde che è arrivata a 1,80 euro al litro manco fosse vinaccio in tetrapack. E non se ne parli più. Monti si è reso conto che con i sindacati conviene parlare separatamente. Sentito al telefono Maurizio Sacconi, il Professore ha deciso di discutere della riforma del mercato del lavoro con la Cisl, la Uil e la Cgil non in un tavolo comune ma attraverso incontri bilaterali. Sa perfettamente (quel violentatore secentesco di suore di Sacconi ha fatto la spia), che con Bonanni e Angeletti si può discutere, e che allargando i cordoni della borsa pro-operai e pro-impiegati di qualche millimetro è possibile portare a casa risultati apprezzabili. Diverso il discorso con la Camusso, lei non ci sta proprio a tornare sull’argomento della modifica dell’articolo 18 e, a tale proposito, ha già annunciato una nuova resistenza. Come far passare l’ennesima manovra contro gli italiani non ricchi e gli ex del ceto medio? Sfasciando il fronte sindacale. E non se ne parli più. Sul delicato tema della riforma del mercato del lavoro è intervenuto anche il cardinale Angelo Bagnasco, preoccupato per la tenuta del tessuto sociale del nostro paese. Il presidente della Cei ha parlato di maggiore coesione, di investimenti, di sviluppo, di incremento dei posti di lavoro come unici mezzi per evitare l’esplosione della rabbia sorda che sembra (secondo lui) stia covando nella maggioranza degli italiani. Il cardinale Bagnasco ci ricorda quel parroco di campagna che tuonava dal pulpito contro l’infedeltà coniugale salvo soggiacere con quasi tutte le parrocchiane (escludeva rigorosamente solo le over sessanta e qualche cinquantenne eccessivamente rugosa). Se iniziasse a pagare le tasse, lui, i confratelli e la chiesa, qualche titolo in più per dire la sua l’avrebbe, probabilmente un paio di ammortizzatori sociali in più potrebbero essere introdotti e le casse dello stato avrebbero qualche milione di euro in più per tirare un po’ il fiato. Ma da questo orecchio la chiesa non ci sente, Bagnasco fa lo gnorri, il Cardinale Carrozziere fischietta allegramente. Don Verzè defunse. E non se ne parli più. Invece bisogna parlare, perché è un obbligo morale, del rinvio a giudizio degli “sfigati” (per dirla con Giuliano Ferrara) della P3. La Procura di Roma, quella famosa per i suoi te nel deserto e per le sabbiature con le quali cura le inchieste più pericolose per il Capo, ha deciso di rinviare a giudizio Denis Verdini, MarcelloDell’Utri, Flavio Carboni e altri 17 confratelli per “associazione segreta”. Questi stimatissimi uomini d’affari e politici di sicuro avvenire, avevano messo in piedi una combriccola niente male composta da figli di puttana provenienti da tutti i “mondi” interessati alle vicende di “Cesare”, il nome in codice usato per chiamare Silvio Berlusconi con linguaggio criptato e buono per sviare le intercettazioni. Che combinava questo gruppo di sfigati che si muoveva come un vero e proprio gruppo dei corpi speciali dei marines americani in trasferta in Italia? Interveniva laddove occorreva mettere una pezza ai guai giudiziari ed economici di Silvio. E, quindi, soprattutto nel variegato e bizzarro mondo della giustizia italiana, muovendo leve e spingendo tasti importanti anche in quello degli affari e dei soldi. Iniziano con il piazzare loro uomini nei posti chiavi della magistratura interessata ai problemi di Berlusconi: Donato Marra diventa presidente della corte d’appello di Milano e, attraverso la sua persona e il suo ruolo, cercano di orientare i processi a carico di Silvio, il fattaccio brutto dell’affaire Mondadori e il lodo Alfano. Non solo, mettono la sordina allo scandalo delle liste elettorali tarocche di Formigoni, tanto che i radicali stanno ancora protestando e digiunando nell’atrio del tribunale. Ma non è solo Milano il loro terreno di caccia. Intervengono dove c’è bisogno di dare una mano anche ai fedelissimi di “Cesare”, e quindi operano un blitz in Campania per attivare la macchina del fango contro l’avversario dell’uomo di Cosentino alle regionali. Falsificano dossier e corrompono tutti coloro che rientrano nel progetto di salvaguardia del ruolo e del prestigio di Silvio sapendo che per poterlo fare bisogna procurarsi fondi neri che ottengono lucrando sugli affari, le commesse, gli appalti dello stato. Occorrono 9 milioni e mezzo di euro? Nessun problema, ci pensa Flavio Carboni che mette le mani sull’affare dell’eolico in Sardegna. Ovviamente i soldi vengono consegnati a Marcellino Dell’Utri che, da tesoriere di Denis Verdini, sa cosa farne e come impiegarli oltre all’acquisto di preziosi manoscritti d’epoca. Scoppiato il caso P3, il presidente Napolitano si lasciò andare a un giudizio per lui inusuale. Disse: “Sono turbato e preoccupato di fronte a una trama inquietante, anche ad opera di squallide consorterie”. Sulla P3 ne sapremo di più nei prossimi giorni ma, stando alle notizie che abbiamo, non possiamo non ripensare ai soldi spesi nella campagna acquisti dei deputati per la festa del 14 dicembre 2010. Siamo proprio sicuri che provenissero dalle tasche del premier o dalle casse di Mediaset? Diciamolo, qualche dubbio che non sia andata proprio così rimane. D’altronde con cosa pagare Scilipoti se non con fondi neri? Il carburatore non digeriva bene così gli abbiamo dato il bicarbonato: la benzina gli restava tutta sullo stomaco (quizzino).
Magazine Politica
Altro che “sfigati”, i pi-treisti erano una squallida consorteria. Però il caffè dei deputati è aumentato di 10 centesimi.
Creato il 04 gennaio 2012 da Massimoconsorti @massimoconsorti
C’è una notizia che rallegrerà tutti gli italiani reduci dalle mini-scorpacciate delle feste più sfigate degli ultimi 150 anni, il costo del caffè alla Buvette di Montecitorio passerà da 70 a 80 centesimi, il cappuccino da 1 euro a 1 euro e 10 centesimi, il croissant da 80 a 90 centesimi. Così il governo del Professore ha deciso di dare un colpo mortale ai privilegi della Casta. E non se ne parli più. Per gli onorevoli e i senatori questo è un duro colpo. Ancora in vacanza, al rientro troveranno il listino dei prezzi del bar rincarato di una percentuale che va dal 10 al 20 per cento. E non se parli più. Agli italiani che già pagano il caffè 1 euro, la notizia farà sorridere, altri si incazzeranno, altri ancora penseranno che, nonostante tutto, quei poveri cristi di politici non meritavano un simile aumento mentre troveranno sacrosanto quello della benzina verde che è arrivata a 1,80 euro al litro manco fosse vinaccio in tetrapack. E non se ne parli più. Monti si è reso conto che con i sindacati conviene parlare separatamente. Sentito al telefono Maurizio Sacconi, il Professore ha deciso di discutere della riforma del mercato del lavoro con la Cisl, la Uil e la Cgil non in un tavolo comune ma attraverso incontri bilaterali. Sa perfettamente (quel violentatore secentesco di suore di Sacconi ha fatto la spia), che con Bonanni e Angeletti si può discutere, e che allargando i cordoni della borsa pro-operai e pro-impiegati di qualche millimetro è possibile portare a casa risultati apprezzabili. Diverso il discorso con la Camusso, lei non ci sta proprio a tornare sull’argomento della modifica dell’articolo 18 e, a tale proposito, ha già annunciato una nuova resistenza. Come far passare l’ennesima manovra contro gli italiani non ricchi e gli ex del ceto medio? Sfasciando il fronte sindacale. E non se ne parli più. Sul delicato tema della riforma del mercato del lavoro è intervenuto anche il cardinale Angelo Bagnasco, preoccupato per la tenuta del tessuto sociale del nostro paese. Il presidente della Cei ha parlato di maggiore coesione, di investimenti, di sviluppo, di incremento dei posti di lavoro come unici mezzi per evitare l’esplosione della rabbia sorda che sembra (secondo lui) stia covando nella maggioranza degli italiani. Il cardinale Bagnasco ci ricorda quel parroco di campagna che tuonava dal pulpito contro l’infedeltà coniugale salvo soggiacere con quasi tutte le parrocchiane (escludeva rigorosamente solo le over sessanta e qualche cinquantenne eccessivamente rugosa). Se iniziasse a pagare le tasse, lui, i confratelli e la chiesa, qualche titolo in più per dire la sua l’avrebbe, probabilmente un paio di ammortizzatori sociali in più potrebbero essere introdotti e le casse dello stato avrebbero qualche milione di euro in più per tirare un po’ il fiato. Ma da questo orecchio la chiesa non ci sente, Bagnasco fa lo gnorri, il Cardinale Carrozziere fischietta allegramente. Don Verzè defunse. E non se ne parli più. Invece bisogna parlare, perché è un obbligo morale, del rinvio a giudizio degli “sfigati” (per dirla con Giuliano Ferrara) della P3. La Procura di Roma, quella famosa per i suoi te nel deserto e per le sabbiature con le quali cura le inchieste più pericolose per il Capo, ha deciso di rinviare a giudizio Denis Verdini, MarcelloDell’Utri, Flavio Carboni e altri 17 confratelli per “associazione segreta”. Questi stimatissimi uomini d’affari e politici di sicuro avvenire, avevano messo in piedi una combriccola niente male composta da figli di puttana provenienti da tutti i “mondi” interessati alle vicende di “Cesare”, il nome in codice usato per chiamare Silvio Berlusconi con linguaggio criptato e buono per sviare le intercettazioni. Che combinava questo gruppo di sfigati che si muoveva come un vero e proprio gruppo dei corpi speciali dei marines americani in trasferta in Italia? Interveniva laddove occorreva mettere una pezza ai guai giudiziari ed economici di Silvio. E, quindi, soprattutto nel variegato e bizzarro mondo della giustizia italiana, muovendo leve e spingendo tasti importanti anche in quello degli affari e dei soldi. Iniziano con il piazzare loro uomini nei posti chiavi della magistratura interessata ai problemi di Berlusconi: Donato Marra diventa presidente della corte d’appello di Milano e, attraverso la sua persona e il suo ruolo, cercano di orientare i processi a carico di Silvio, il fattaccio brutto dell’affaire Mondadori e il lodo Alfano. Non solo, mettono la sordina allo scandalo delle liste elettorali tarocche di Formigoni, tanto che i radicali stanno ancora protestando e digiunando nell’atrio del tribunale. Ma non è solo Milano il loro terreno di caccia. Intervengono dove c’è bisogno di dare una mano anche ai fedelissimi di “Cesare”, e quindi operano un blitz in Campania per attivare la macchina del fango contro l’avversario dell’uomo di Cosentino alle regionali. Falsificano dossier e corrompono tutti coloro che rientrano nel progetto di salvaguardia del ruolo e del prestigio di Silvio sapendo che per poterlo fare bisogna procurarsi fondi neri che ottengono lucrando sugli affari, le commesse, gli appalti dello stato. Occorrono 9 milioni e mezzo di euro? Nessun problema, ci pensa Flavio Carboni che mette le mani sull’affare dell’eolico in Sardegna. Ovviamente i soldi vengono consegnati a Marcellino Dell’Utri che, da tesoriere di Denis Verdini, sa cosa farne e come impiegarli oltre all’acquisto di preziosi manoscritti d’epoca. Scoppiato il caso P3, il presidente Napolitano si lasciò andare a un giudizio per lui inusuale. Disse: “Sono turbato e preoccupato di fronte a una trama inquietante, anche ad opera di squallide consorterie”. Sulla P3 ne sapremo di più nei prossimi giorni ma, stando alle notizie che abbiamo, non possiamo non ripensare ai soldi spesi nella campagna acquisti dei deputati per la festa del 14 dicembre 2010. Siamo proprio sicuri che provenissero dalle tasche del premier o dalle casse di Mediaset? Diciamolo, qualche dubbio che non sia andata proprio così rimane. D’altronde con cosa pagare Scilipoti se non con fondi neri? Il carburatore non digeriva bene così gli abbiamo dato il bicarbonato: la benzina gli restava tutta sullo stomaco (quizzino).
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