Una cosa che io non ho mai sopportato sono quegli artisti che, una volta trovata la formula del loro successo, si fossilizzano su quella. In ambito musicale ne possiamo trovare un quantità smisurata, ma manco il cinema scherza, va ammesso. A Peter Jackson, se non altro, va dato il merito che ha quasi sempre cercato di fare cose diverse. Basti pensare che aveva iniziato come regista di horror demenziali per poi, dopo un film drammatico e un fantasy-comico, reinventarsi totalmente con la celebre trilogia tolkieniana che lo ha fatto entrare a pieno diritto nella storia del cinema. Dopo quei tre film ambientati nella Terra di mezzo avrebbe potuto campare ottimamente di rendita e invece si è dato da fare con due prodotti estremamente diversi fra loro. Il primo è stato King Kong, remake di cui nessuno sentiva la mancanza, poi è toccato a questo Amabili resti, un ritorno sui-generis al fantasy, attraverso però delle particolari corde che tiravano in ballo argomenti seri e abbastanza pensati come l'infanticidio, la pedofilia e il lutto famigliare. E dato che io ho sempre pensato che il genere fantastico debba essere una sorta di metafora per parlare di temi attuali e che tutti possono sentire - d'altronde, Il Signore degli Anelli aveva un presupposto metaforico - un film simile aveva finito per farsi attender emolto dal sottoscritto, tanto che per andare a vederlo non avevo voluto aspettare manco che arrivasse il sabato, andandoci un giorno in cui avevo scuola la mattina dopo.
La giovane Susie Salmon viene uccisa dal suo vicino di casa il 6 dicembre 1973. Dopo la morte si ritroverà in un limbo fra il mondo dei vivi e il Paradiso, dal quale potrà vedere la propria famiglia. La giovane non può interagire coi propri cari, ma desidera ardentemente il potersi vendicare...
Il film è tratto dall'omonimo libro di Alice Sebold (il più grande successo editoriale di un'opera prima dai tempi di Via col vento) che da quello che ho letto ha realmente subito l'atroce esperienza dello stupro ai tempi dell'università. Tramite la scrittura ha così deciso di 'esorcizzare' quel fatto e, per certi versi, è uno dei motivi per cui non ho mai voluto leggerlo. Quello degli stupri è un tema che mi spaventa atrocemente perché, come tutte le cose che fanno paura, non riesco a comprenderlo. Non riesco a comprendere come possa una persona fare una cosa così terribile a un'altra e, dopo aver conosciuto una mia coetanea che aveva passato una simile esperienza, la cosa ha finito per sconvolgermi ancora di più - per dire, sono assolutamente contrario alla pena di morte, ma per un periodo della mia vita non lo sono stato riguardo questo reato. Ecco, quindi leggere di un libro che parla di una simile tematica e nato dalla penna di chi ha realmente passato tutto questo, quando già quello descritto ne Il rogo di Berlino mi aveva sconvolto, è un'idea che a malincuore non mi ha mai sfiorato, facendomi un poco vergognare della cosa. Il film però, come ho scritto nel primo paragrafo, l'ho visto, ma purtroppo non mi ha molto colpito. Peter Jackson, dopo la trilogia tolkieniana (alla quale poi ha fatto ritorno per una serie di perculaggini che manco in un ufficio pubblico) sembra essere in balia della computer grafica e dalle durate oscene, perché ormai non riesce a fare film di una durata umana. Questo film infatti dura 140 minuti, ma alla fine tutte le cose potevano essere raccontate nella durata standard di un'ora e mezza e con metà dell'impiego dei mezzi richiesti. A un certo punto è quasi difficile dire dove finisca la storia e dove inizia una delle molte panoramiche alle quali lo zio Petruzzo ci ha abituati nell'ultima parte della sua carriera, creando un senso di confusione che in alcuni momenti crea dei veri e propri punti morti che inficiano sul ritmo generale. E tutte le varietà di paesaggi che tanto hanno meravigliato i vari spettatori a me, a lungo andare, hanno dato vagamente fastidio proprio per quel motivo. C'è una sorta di schizofrenia in quel mondo parallelo che non crea un'ambientazione coerente, che poteva di certo essere variegata, ma non così ostentata, con un abbondo di voci fuori campo che alla lunga inizia a nauseare per la sovrabbondanza, E a tal proposito vorrei puntare i riflettori sulla scena che vede il risveglio di Susie dopo essere stata uccisa, quella ambientata nel bagno del suo aguzzino. Una scena magnifica, tutta giocata sulla regia, la recitazione degli attori , la fotografia e il montaggio. C'è più cinema in quei tre minuti si riprese che in tutto il resto della pellicola, che in quel sovrabbondare di effetti speciali ricrea un'atmosfera davvero artificiosa. Non per nulla gli scenari che hanno finito per appassionarmi maggiormente sono stati proprio quelli ricreati in studio e non quelli al computer, così come le vicende che mi sono rimaste maggiormente impresse sono state quelle nel mondo reale anziché quelle nel mondo onirico. Cosa assurda se pensiamo che il film fa perno maggiormente su queste ultime, creando una sorta di vuoto concettuale perché il messaggio che vuole mandare non arriva con la giusta potenza e peccando di un paio di melensaggini di troppo, riuscendo comunque ad arrivare a una minima sufficienza. E' un film strano che proprio nella sua stranezza ha un freno, dando prova di sé solo con la performance degli attori. Saoirse Ronan se la cava, mentre Mark Wahlberg e la bellissima (la amo!) Rachel Weisz sono ancorati a delle parti troppo piccole, ma le vere lodi vanno a Stanley Tucci, attore sottovalutatissimo che qui riesce a esplodere, mostrando al mondo quale mostro recitativo sappia essere. Il suo è un personaggio già infimo di suo, ma lui riesce a dargli quella duplicità ambigua e mefistofelica che lo imprimerà per sempre nella memoria. Più delle navi dentro le bottiglie, più di quegli immensi prati e più di quella moraletta finale stucchevole. Il film alla fine sembra ruotare attorno a lui, prendendone troppo le distanze e facendolo sembrare solo una parentesi. E sembra brutto da dire, ma Tucci è un male di cui non se ne ha mai abbastanza.
La sorte però ha premiato i due attori in maniera diversa. La Ronan è finita in quella meraviglia che è stata Grand Busapest Hotel, mentre Tucci in Transformers 4. Insomma, viva la meritocrazia.Voto: ★★ ½