Leggere questo libro è un’esperienza feroce, difficile cominciare in un modo che non sia questo. Feroce come sa essere l’essere umano. Che si sia madri o padri, che si sia fratelli o sorelle, sarà impossibile non provare un senso di angoscia avviluppante se non verso altri almeno per se stessi. Eh sì, perchè il male abita vicino a noi, possiede tendine che ne coprono il passaggio in una casa sporca del nostro sangue, lavandini di porcellana candida in cui laverà via le nostre tracce, un letto comodo in cui dormirà pensando al momento in cui ha rubato la nostra vita o quella di una persona che amiamo. Il male ci darà il buongiorno e noi ricambieremo con un sorriso distratto. Solo il pensiero che accada ad altri ci terrà sani di mente al riparo dietro porte blindate chiuse a doppia mandata.
E Susie invece non ha saputo mettersi al sicuro. La protagonista di “Amabili resti” di Alice Sebold ha solo quattordici anni, ed è troppo curiosa ed educata. Un mostro normale, con gambe e braccia e occhi uguali a noi ne fa carne da macello relegando i genitori in quello che credo sia il più orribile degli inferni: quello in cui si ignora che fine abbia fatto chi che ci era più caro della nostra stessa vita. Ho sempre pensato che la condizione di incertezza che vive chi non conosce il destino di un proprio familiare o amico sia la peggiore delle sorti che possa toccare: come ci si può rassegnare ad una sparizione? La morte ineluttabile dona ad un certo punto la rassegnazione, ma l’assenza? Esiste un termine ultimo a questo tormento? Susie ha un età immortale e vede la vita della sua famiglia scorrere dolente, mentre lei non cresce più nel suo altrove. Una mamma, un papà, un fratellino, una sorella e una nonna sulla Terra la legano all’esistenza mortale che brutalmente le è stata strappata. E le indagini stentano a dare loro pace, anzi… Violentata, seviziata, nascosta, Susie osserva anche il suo assassino.
La scelta della prima persona nel racconto appare quasi indispensabile, impossibile che la stessa storia potesse essere raccontata altrimenti. La penna non indugia nel macabro ma lo fa come una lama nel dolore, nei diversi modi di vivere un lutto. E quel primo bacio dato teneramente diviene ossessione immutabile dell’impossibilità di evoluzione. E quella ragazza appena incrociata il simbolo delle possibilità che l’interruzione tanto brusca d’una vita ha negato. Momenti, attimi.
E forse per questo che una piccola porzione del libro mi è risultata sgradita, per non fare torto a chi il libro non lo ha letto mi limiterò a dire che non sentivo nella trama la necessità di leggere alcun ritorno, e l’ho sentito costruito e forzato al contrario del resto. Un neo che ha, solo per pochissimo, bloccato la fluidità d’un racconto che è breve e lungo allo stesso tempo e che si muove su due piani, uno in divenire e uno fisso, con eleganza e capacità. E non trascurabile particolare questo è un romanzo d’esordio, magnifico.
Si potrebbe dunque essere portati a pensare che questo sia un libro sulla sofferenza e la sconfitta, e senza dubbio una parte della storia ruota su questo perno, ma un elemento di primissimo piano è rappresentato dalla forza inesauribile della vita stessa che ci costringe ad andare avanti anche quando proprio non vorremmo. E allora non nego che potrà capitarvi di piangere, di stare male, di guardare vostra figlia nel suo letto e desiderare di non farla uscire di casa mai più. Ma poi proverete un infinito sollievo e un senso di gratitudine per questo libro così forte e vibrante: vi avrà infatti feriti e vi avrà ricordato che i cattivi sono ovunque e che non siete mai al sicuro, ma vi avrà pure messo davanti ad una immutabile verità: dentro ognuno di noi c’è qualcosa di così grande che, senza bisogno di credere al paradiso, possiamo essere certi che è proprio lì che alberga l’infinito.
Amabili resti
Alice Sebold
Edizioni E/O
2002
trad. Chiara Belliti
372 pp
18,00 €