Magazine Cultura
Ammira enormemente Picasso e darebbe non so cosa per sentirsi alla sua altezza ma il suo lavoro ancora non lo soddisfa
.....E' il mio occhio di italiano che non può assuefarsi alla luce di Parigi .... .....Non ci sono....Picasso darebbe una pedata a questo mostro....
Dipinge, disegna, quando può scolpisce le traversine di legno rubate a una stazione del Metrò in costruzione e si chiude per giornate intere al Louvre
per studiare l'arte africana. Di soldi in tasca ne ha sempre pochi, ma offre da bere e da mangiare agli amici anche quando non se lo potrebbe permettere e in tanti finiscono per crederlo figlio di un banchiere. Paga da bere anche a Maurice Utrillo, figlio di Suzanne Valadon
e di Renoir, o forse di Degas, o forse ancora di chissachì, che la nonna alcolizzata aveva portato all'epilessia a furia di mettergli nel biberon il vino al posto del latte, e che per questo vive in uno stato di continuo instupidimento ed é lo zimbello di tutti i ragazzi di Montmartre. Però sa dipingere come un dio. Dopo aver tanto sperimentato con la sensazione frustrante di girare a vuoto, Modigliani capisce di aver trovato finalmente la sua strada ...per lavorare ho bisogno di un essere vivo, di vedermelo davanti... e nascono i suoi famosi nudi dai colori spenti, e i ritratti delle sue donne o dei tanti amici che raffigura
col volto allungato e l'espressione distaccata e ieratica delle maschere africane che lo avevano affascinato. Comincia a bere forte. Assenzio.
Non ci mette la zolletta di zucchero e l'acqua come fanno tutti, lui lo butta giù liscio. E va giù pesante anche con la droga, perdendo per strada timidezza gentilezza e quel decoro nell'aspetto che era stato sempre il suo carattere distintivo. Di giorno è ancora il serio e infaticabile dottor Jekyll che lavora e sperimenta, ma la notte si trasforma in mr Hyde imbarazzante e ubriacone, diventa violento e quando non ha più un centesimo in tasca si umilia fino ad offrire un disegno in cambio di un bicchiere Sono Modigliani, ebreo, cinque franchi. Per toglierlo da quella condizione avvilente Léopold Zborowski, il suo mercante d'arte, arriva ad offrirgli un compenso fisso giornaliero di venti franchi, gli trova anche un alloggio in cui vivere con Jeanne, l'amore più importante della sua vita (forse soltanto perchè fu l'ultimo, chi lo sa). Le cose non vanno malissimo, Modì vende perfino qualche quadro ed espone i suoi lavori in un paio di mostre collettive. Senza quella disgraziata propensione per la bottiglia e senza quella tosse che lo sconquassa e a volte gli procura sbocchi di sangue sarebbe quasi un momento felice. Nel 1917 Zborowski riesce ad organizzargli una personale nella galleria di Berthe Weill, una che di arte se ne intendeva parecchio visto che era stata lei a vendere i primi quadri di Picasso. Modì si presenta con una discreta quantità di disegni e alcuni nudi, due dei quali vengono esposti in vetrina. I passanti si indignano, qualcuno chiama la polizia che immediatamente ordina la chiusura della mostra per offesa al pudore. I nudi vengono prontamente tolti di mezzo e la mostra si chiude senza che si sia venduto un solo quadro.
(continua)
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