American Hustle [Recensione]

Creato il 15 gennaio 2014 da Paopru

Gli hanno dato tre Golden Globe giusto l’altro ieri (miglior attrice non protagonista, miglior attrice protagonista, miglior commedia/musical), in Rotten Tomatoes ha il 93% di feedback positivi, probabilmente si porterà a casa qualche premio Oscar, eppure è sembrato un film che senza troppo girarci intorno è una mezza cavolata. Non perchè sia girato male, ne perchè gli attori cui vi hanno preso parte siano dei pirla, è il senso generale che il film lascia che stona con tutti questi riconoscimenti. Mentre scorrono i titoli di coda ti assale una sorta di incertezza sul cosa ti ha lasciato American Hustle dopo più di due ore. Non c’è cosa peggiore che arrivare alla fine di un qualcosa e sentire che non ti ha smosso nulla. Il film è una lunga parabola sulla sopravvivenza e sul reinventare se stessi quando la vita ti si mette di traverso, narrata dal personaggio di Christian Bale Irving Rosenfeld, quello che fra tutti i celebri volti presenti rimane il più empatico e accattivante. Un truffatore dall’animo buono, dai sentimenti complessi e dall’ innocenza ancora intatta; rapisce il suo aprirsi all’amore di Sydney Prosser (Amy Adams) in un modo tanto adolescenziale da far volutamente contrasto con la vita che purtroppo conduce: truffatore e già sposato con Rosalyn (Jennifer Lawrance). Con un fisico imbolsito e un riporto in testa da caso umano, Irving passa da un lavoro all’altro cercando di non attirare troppo l’attenzione e sbarcare il lunario. Con la complicità della sua amata Sydney farà soldi e vivrà nel benessere, fintanto che l’ambizioso agente dell’ FBI DiMaso (Bradley Cooper) non li incastrerà per frode, costringendoli ad un patto col diavolo: collaborare per incastrare i politici corrotti del Congresso americano. Dopo fiumi di menzogne e finti investimenti ad opera di lontani sceicchi nativi del Messico, ci si troverà di fronte a giocare una partita molto pericolosa con un potente padrino della mafia e un sindaco dagli elevati ideali, Carmine Polito (Jeremy Renner), che si sporca volutamente le mani per il bene della sua comunità.

La sensazione di indifferenza che American Hustle suscita nasce dalla sua incapacità di alzare la tensione oltre un certo limite. Pur giocando col fuoco, nessuno dei protagonisti paga pesantemente per le conseguenze delle proprie azioni. Si viene a creare il pretesto per un dramma, ma non c’è dramma. Si pestano i piedi a dei sanguinosi mafiosi, ma nessuno muore. Si pongono le basi per una tresca amorosa tra Sydney e DiMaso, ma non c’è atto sessuale finale. Quindi che cos’è American Hustle? Un film che gioca sulla voluta intenzione di mostrare qualcosa che poi non avviene? Una pellicola di attesa fine a se stessa? Forse è una commedia dato che è stat premiata come tale. Eppure dopo due ore di molte parole e intriganti coreografie anni ’70 (la scena della discoteca è quasi iconica) non restano che inappagate aspettative e qualche dubbio sul perchè Jennifer Lawrance continui a vincere premi recitando in ruoli ridicolmente vuoti o quantomeno convenzionali.


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