Tra le attività del piccolo Inuit, dormire è da sempre quella che ricopre la maggior parte della sua giornata: dieci-undici ore di notte, e tre ore secche di pomeriggio. In tempi di mare dove la mattina ci si scatena fino alle due tra acqua, secchielli, castelli e tavole da surf di daddy, il pomeriggio è una specie di catalessi.
Oggi però qualcosa è successo. Durante il suo mummificamento pomeridiano l’Inuit si è agitato e ha stabilito un contatto tra il mondo dei sogni e quello del reale. Era molto preoccupato, qualcosa stava succedendo nei suoi sogni, qualcuno doveva essere in pericolo, ha preso ad agitarsi, a rigirarsi nella culla, a strofinare i piedini, ad aggrapparsi al suo fidato orso, a muovere la testa da una parte e dall’altra, come a voler negare l’incombente timore. Poi finalmente si è lasciato andare e ha urlato: “CHARLIE AND LOLA, CHARLIE AND LOLA”.
E si è riacquietato.
Che per fortuna il pericolo imminente doveva essere passato e i suoi eroi amici compagni erano stati messi in salvo.
Fiuuuu. Che pomeriggio avventuroso.
Altro che ossessione.
Ha detto il Santuomo, “Non è che gli stiamo facendo del male?”