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I miei nemici sono i miei amici. Buttata giù così, questa dichiarazione sembra fatta per banalizzare il messaggio evangelico, ma il significato resta sibillino. Voglio affermare, fuori dagli equivoci, che gli amici che ho sono i miei unici nemici. Non lo sostengo perché infermo di mente o uso ad andare contro corrente, per fare del sensazionalismo a buon mercato e senza senso, per amore di contraddizione o di giochi di parole. Lo dico perché lo penso e lo penso perché a questa conclusione sono pervenuto mediante un lungo, non sempre lucido, ma pacato ragionamento. Eccolo.Andiamo con ordine: sono partito dalla constatazione realistica, se non proprio cinica, secondo la quale è invalsa la prassi di misurare il valore di un uomo dal numero dei suoi nemici. Non so, non ricordo, se la formulazione dell’assioma sia antico o recente, né conosco il nome di chi l’ha formulato per primo, non ho intenzione di addossarla al solito Andreotti, anche se affiorano incontestabili affinità elettive. Esiste comunque un riscontro positivo verso il parametro di giudizio innanzi espresso da parte di chi vive una vita sociale, lavorativa o politica, e i casi concreti, tratti dalla cronaca o dalla storia, o ancora più semplicemente dalla personale esperienza di ciascuno, ben amplificati nei toni, nei tempi e nei modi, costituiscono dei binari paradigmatici su cui far correre il treno delle proprie presunzioni. Detta più alla buona, la faccenda si presenta come una sfida in cui si contano i nemici propri o di qualcun altro, ma più spesso i propri, veri o presunti, come se ad ogni nemico corrisponda un punteggio da sommare in un’immaginaria classifica di un campionato di calci e pugni, perlopiù simbolici ma non meno dolorosi. Più grosso il nemico, quanto più subdolo e potente, tanto più rilevante è il punteggio che ci si annette, indipendentemente, a volte, che la relativa partita sia stata vinta o persa. È così prepotente la smania di contare e sommare i propri nemici che spesso qualcuno se li inventa. Per stare nel concreto e nel mondo piccolo di questo blog o nei suoi dintorni, non abbiamo sperimentato come un qualsiasi “signor nessuno” assurgesse prepotentemente alla ribalta solamente perché ha inteso crearsi dei nemici con le sue inverecondie? E quanti hanno eretto a simbolo della loro rivalità un Sergio Frau o un Gigi Sanna, giusto per restare agli argomenti che qui più si discutono, solo per fare punteggio contando sulla grandezza dei loro avversari?Seguendo questa logica, a chi non piacerebbe avere per nemico un Obama, tanto per fare un nome, o lo stesso Berlusconi? Oppure, uscendo dal campo della politica e svariando nell’arte, nel sociale e nello sport, a chi non piacerebbe bisticciarsi con Umberto Eco o con Eugenio Scalfari, col proprio arcivescovo o con la Federica Pellegrini? Si pensi alla grandezza di questi nemici, al punteggio acquisito, all’importanza che si assumerebbe di fronte ai conoscenti e al mondo intiero! Quanta e più che se li si considerasse propri amici. Evenienza che a me è preclusa perché, se è vero che io conosco tutti questi personaggi per il nome, per la faccia e per quanto hanno detto e fatto e ancora fanno, è altresì veritiero che nessuno di essi conosce me, né di nome, né di fatto. Posso dunque essere io il nemico misterioso, l’incubo notturno per qualcuno di loro? Ragionevolmente direi proprio di no e lo spero con tutto il cuore perché io sono un uomo senza nemici. E se sono senza nemici, piccoli o grandi che siano, ho zero punti in classifica e non conto proprio niente. Me ne dovrei dolere e forse qualche volta me ne sono rammaricato. Ma è acqua passata e passata da tanto.Non sono però così fuori dal mondo per non capire che avere nemici, competitors dice Obama, è un grosso stimolo a far bene, a non sbagliare, a migliorarsi. Pungoli tutti che evidentemente a me mancano. In compenso ho degli amici: non sono tanti, non sono legati a ciò che faccio o a ciò che dico, sono soprattutto persone legate da una simpatia istintiva, che mi accettano così come sono, con tutti i miei limiti. Questa situazione, che pure mi sono creato e che accetto, rappresenta per me nessuna delle possibili motivazioni che mi spingano a migliorarmi, a far meglio le poche cose che riesco a fare più o meno decentemente, dato che, qualsiasi intrapresa porti a termine o lasci a mezza strada, sono sicuro che i miei pochi amici non ritireranno la loro amicizia, di cui vado fiero.E questo, a ben vedere, non è un bene per me. Se ora asserisco nuovamente che i miei amici sono, in concreto, i miei nemici, gli unici che ho, sbaglio di molto?Qualcuno, a questo punto, potrebbe scuotere la testa per darmi ragione, ma non s’illuda che stia facendo il mio bene: mi contraddica invece e si erga a mio nemico e rivale, perché ne ho proprio bisogno: ho ancora zero in classifica.
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