La mia amica Mara ed io, visibilmente più giovani
Tutti abbiamo avuto almeno una volta nella nostra vita un migliore amico. I più fortunati possono dire di avercelo ancora, altri se li sono persi per strada, per un motivo o l’altro.
Ho conosciuto Mara in IV ginnasio. Era seduta nel banchetto accanto a me e mi sorrise durante tutto il primo giorno di scuola, non dicendomi quasi nulla. Eravamo entrambe nervosissime. Poi abbiamo fatto amicizia. Abbiamo immaginato il nostro futuro miliardi di volte, abbiamo litigato (sempre per colpa mia!), abbiamo fatto pace, abbiamo pianto insieme nel bagno dei maschi della succursale di Salita Pontecorvo.
Ogni estate ci scrivevamo un diario. Scritto a mano, non via email, una cosa molto vecchio stile insomma. Ci siamo scritte molte lettere, con la promessa che le avremmo lette ancora ed ancora quando ci saremmo sentite tristi e sole. E ammetto che io, quando mi capitano sotto mano, le rileggo sempre. Anche se lontane, ci siamo sempre state l’una per l’altra. Sempre. Quando avevamo 15 anni mi dicesti infatti che non m’avresti mai abbandonata.
Quando questa mattina Mara è entrata in sala operatoria, ho provato a non demoralizzarmi. Essendo ansiosissima, avevo preferito non andare in ospedale e anche nei giorni precedenti, con lei avevo scherzato sulla bella esperienza dell’anestesia totale e sulle sciocchezze dette dopo. Ma poi, alle 13, quando era ancora lì dentro da alcune ore, che ovviamente a me sembravano un’eternità, mi sono sentita morire. Non riuscivo a ricacciare dentro le lacrime. Come una cretina, ho cercato su google cosa avrebbe comportato un esito negativo della tua operazione e mi è venuto da tossire fortissimo.
Mentre ero nel panico, non sapendo che fare, mi hanno avvertita che il medico era uscito dalla sala e aveva detto che l’intervento era riuscito e che la stavano svegliando. Ho pianto ancora di più ma perché ero felice. Infondo me lo aveva detto che non m’avrebbe mai abbandonata.