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«Ammazzablog»?

Da Malvino
La libertà è imprescindibile dalla responsabilità, ma il web fa fatica a capirlo, d’altronde è giovane e ha tempo.Occorrono «misure a tutela del soggetto diffamato o del soggetto leso nell’onore e nella reputazione» anche per quanto è pubblicato on line? Da come ci si precipita a solidarizzare con la ragazzina che si suicida perché fatta oggetto di intollerabili molestie da parte di un delinquente al quale aveva dato troppa confidenza, parrebbe di sì: l’onore e la reputazione della ragazzina meritano che sia messo un limite alla libertà del delinquente, anzi, parrebbe meriti perfino che nome e indirizzo del delinquente siano messi a disposizione di chiunque abbia voglia di fare giustizia da solo (e non mi pare di aver letto molti post che biasimassero la cosa).Da come ci si precipita, invece, a definire «ammazzablog» un articolo approvato in questi giorni alla Commissione Giustizia del Senato, parrebbe di no. Lì c’è scritto che, «fermo restando il diritto di ottenere la rettifica o l’aggiornamento delle informazioni contenute nell’articolo ritenuto lesivo dei propri diritti, l’interessato può chiedere ai siti internet e ai motori di ricerca l’eliminazione dei contenuti diffamatori o dei dati personali trattati in violazione della presente legge». Può chiederlo, sia chiaro, ma chiederlo non vuol dire ottenerlo. Infatti, «in caso di rifiuto o di omessa cancellazione dei dati», chi si sente diffamato «può chiedere al giudice di ordinare ai siti internet e ai motori di ricerca la rimozione delle immagini e dei dati ovvero inibirne l’ulteriore diffusione». È altrettanto chiaro che il giudice dovrà prima valutare se si tratti o meno di diffamazione, e solo nel caso in cui stabilisca che così è, e il blogger si rifiuti di rimuoverla dal suo blog, scatterebbe la sanzione: «multa da 5.000 a 100.000 euro» e rimozione forzata di quella che una sentenza avrà stabilito allora essere senza dubbio una diffamazione. Sant’Iddio, ci dovrà pur essere qualcuno che lo stabilisca e al quale il presunto diffamatore e il presunto diffamato riconoscano il potere di stabilirlo, o no?Dove sta l’ammazzamento del blog? A me pare che il blogger rimanga libero, ma sia semplicemente fatto responsabile di ciò che scrive. Faccio un esempio. L’8 luglio 2008, dal palco del No Cav Day in Piazza Navona, Sabina Guzzanti urlò: «Io non sono moralista, non me ne frega niente della vita sessuale di Berlusconi, ma tu non puoi mettere alle Pari Opportunità una che sta lì perché ti ha succhiato l’uccello!», frase che, due settimane fa, un tribunale ha giudicato diffamatoria ai danni dell’onorevole Mara Carfagna. Non essendoci prove di quanto Sabina Guzzanti affermò in quella occasione, possiamo ritenere giusta la sentenza? Io penso di sì. Si trattava di una vox populi che non sapremo mai se causa o effetto di quanto Clarín e Nouvel Observateur avevano scritto, alcune settimane prima, circa l’esistenza della registrazione di una telefonata nel corso della quale Mara Carfagna e Maria Stella Gelmini si sarebbero reciprocamente interrogate per sapere come soddisfare al meglio Silvio Berlusconi. Anche se quel nastro esistesse – ma ad oggi nessuno è stato in grado di dimostrarne l’esistenza, tanto meno di renderne pubblico il contenuto – non dimostrerebbe quanto affermato da Sabina Guzzanti (una poltrona da ministro in cambio di uno o più pompini) e la sua rimarrebbe diffamazione.Bene, ora immaginiamo che Sabina Guzzanti avesse scritto quella frase sul suo blog e fosse in vigore l’articolo approvato l’altrieri alla Commissione Giustizia del Senato: si arriverebbe comunque a stabilire in un tribunale che quanto affermato è diffamazione. Se il post che contiene quella frase fosse rimosso, Sabina Guzzanti non sarebbe soggetta ad alcuna sanzione e le andrebbe addirittura meglio di come le è andata.Perché si urla tanto all’«ammazzablog», allora? Io penso che sia dovuto al comma 6 dell’articolo: «Se il fatto è commesso da una persona esercente una professione per la quale è richiesta una speciale abilitazione, ferme restando le sanzioni amministrative applicabili, il fatto costituisce illecito disciplinare. Di tale violazione il giudice informa l’ordine professionale di appartenenza per i conseguenti provvedimenti disciplinari». A mobilitare il web contro l’articolo «ammazzablog» sono, in queste ore, per lo più blogger che hanno anche la tessera di giornalista. Prevedo e affronto un’obiezione a quanto detto: se passa quell’articolo, il blogger sarà intimidito e non sarà più libero di scrivere ciò che vuole. Vero, se non ha prove che la Carfagna sia diventata ministro per un pompino, non potrà scriverlo. O dovrà cancellarlo dopo averlo scritto. A me sembra giusto. Per meglio dire, non mi sembra giusto che la Carfagna si debba suicidare per dimostrare il contrario.In più, con la confusa normativa vigente sul tema, a rifiutarsi di cancellare ciò che ha scritto, il blogger dovrebbe sostenere le spese di un avvocato, se chiamato in giudizio: qui, invece, il giudice deciderà senza sentire le parti, e dunque, per sapere se io ho diffamato o no la persona che va a chiedergli giustizia del torto che le avrei fatto, non ci sarà bisogno del braccio di ferro che la vulgata vuole vinto da chi ha più soldi.

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