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“Amo dunque sono” – Sibilla Aleramo

Creato il 01 marzo 2012 da Temperamente

“Amo dunque sono” – Sibilla AleramoGià dal titolo traspare l’argomento di Amo dunque sono. Sibilla Aleramo riprende il famoso cogito cartesiano (per la verità oggi oggetto di stravolgimenti di ben altro tipo) e lo adatta al tema che tratta in questo romanzo-non romanzo. Lo definisco così per due motivi: il primo è che si tratta dell’assemblamento di quarantatré lettere nate non per essere inviate al destinatario, ma proprio per finire in un volume – quindi parlerei più propriamente di romanzo epistolare; il secondo è che la materia è evidentemente autobiografica, e, di conseguenza, di romanesque c’è ben poco, a partire dai sentimenti della stessa protagonista-autrice, affatto autentici.

Quarantatré lettere, dicevamo, il cui destinatario è l’amante Luciano (Giulio Parise), conosciuto un anno addietro, diventato da poco oggetto dell’amore – ricambiato – di Sibilla e ora partito per un ritiro spirituale, irraggiungibile (se non col pensiero: più volte Sibilla immagina come il suo Luciano trascorra il tempo in quella sperduta «torre in mezzo al mare»). Si tratta, quindi, di un carteggio in absentia: lettere a senso unico, scritte con la consapevolezza dell’impossibilità di risposta.

Al di là di alcuni passaggi che oggi paiono piuttosto melliflui, Amo dunque sono si distingue per la sua assoluta limpidezza: con grande onestà intellettuale, Sibilla Aleramo racconta i momenti di disperazione più cupa per la difficile prova che l’amore appena sbocciato, e già costretto a una breve – ma dolorosa – recisione, deve affrontare; rievoca le fasi della storia con Luciano, anche gli aspetti più sensuali, senza alcun tipo di censura («Felicità e spasimo [...] quando ci baciavamo; [...] così, distesa, io restavo, affascinata, le braccia aperte protese. Ancor una volta il bacio non ci aveva dissolti, e ancor una volta le labbra tornavano a congiungersi, in una sfida temeraria, esse così dolci.» – è l’incipit del romanzo), ora auspicando il ritorno dell’amante lontano e sognando il futuro d’amore che li attende, ora temendo di non occupare più un ruolo centrale nel cuore di lui. Amo ergo sum, appunto: Sibilla esiste mercé Amore.

Non bisogna, tuttavia, concepire l’opera esclusivamente come un continuo fluire di pensieri d’amore verso la persona che ha lasciato un vuoto: le lettere, difatti, si trasformano spesso in narrazione diaristica, sicché l’autrice descrive il suo quotidiano, la “lotta per la sopravvivenza” (letteralmente tale, ché la Aleramo – come molti autori coevi – era vessata dalla miseria); oppure diventano letteratura memorialistica, racconto di esperienze passate.
Questo continuo passaggio dal lirismo al quotidiano ha suscitato qualche polemica sulla bontà dell’opera, ma ritengo sia da considerare, invece, un suo punto di forza, dal momento che la libera dal “peso” della classificazione sotto l’etichetta di “romanzo d’amore”, e la rende un testo a tutto tondo, capace di aprirsi a diverse prospettive ed espressione della profondità intellettuale della sua autrice.

Angela Liuzzi

Sibilla Aleramo, Amo dunque sono, Universale Economica Feltrinelli, 5,68 euro


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